Due tesori diversi

Più dei racconti della chiamata dei primi discepoli, più delle grandi conversioni, il Vangelo di oggi ci fa ammirare la chiamata di Gesù a ciascuno di noi: “Vieni, e seguimi”.
Fermiamoci un attimo: blocchiamo pensieri, distrazioni e preoccupazioni.
Concentriamoci su questo:

conosco Gesù, lo sento come un buon amico

– forse, una guida – lo tengo presente nella mia vita.

Pensa a Gesù e alla tua famiglia. Pensa a Gesù e alle tue figlie, ai tuoi figli. Pensa al tuo amore. Pensa al tuo lavoro, la tua responsabilità, le tue passioni.
Tu dai credito alla persona di Gesù e a quanto hai potuto conoscere di lui.
È buono: che cosa significa la bontà, per te?

Il Vangelo dell’uomo ricco, che se ne va via triste perché aveva molti beni, ci sembra difficilissimo. Ci pare che sia inevitabile per tutti finire così. Possiamo forse consolarci dicendo: “Beh, certo, io non posso essere il protagonista di queste grandi storie del Vangelo. Ci è riuscito Sant’Antonio, il Grande. Ci è riuscito San Francesco, il Serafico. Ma io?!”

E invece questa parola stupenda di Gesù: “Vieni e seguimi!” è vicinissima. È possibile.

La differenza fra l’impossibile e il possibile, tra una favola troppo esigente e una sorpresa che mi coinvolge, non è il “tesoro”, ma è “nel cielo”.
Avrai un tesoro in cielo” dice Gesù: “Vieni e seguimi, e avrai un tesoro in cielo”.

Suvvia! Il tesoro che sta nel cielo non possono esser certo le ricchezze materiali! Quelle servono per custodire la propria famiglia e le persone che amiamo, per non essere schiacciati dalle preoccupazioni, per condividere e per lasciare qualcosa di buono in questo mondo. “Servono”, appunto: sono al servizio di qualcosa di molto più importante. Mai e poi mai potranno essere il nostro tesoro!

Se pensi invece a tutto l’impegno che hai messo per le persone che ami, al desiderio di vivere bene le tue responsabilità e gli incarichi, al rispetto della vita che hai cercato di perseguire e insegnare, alla sofferenza insopportabile che hai sperato di alleviare almeno un po’ ai poveri e ai sofferenti, e a ogni sforzo, anche piccolissimo, per essere custode e artefice della pace… allora capisci perfettamente che questo è il tuo vero tesoro, come in terra, così in cielo.

Tutto ciò accade mentre segui Gesù e sempre di più perché lo segui.

Perché dovresti andartene triste, lasciare tutto, quando invece potresti sentire la gioia sapendo che lui è con te?

Segui Gesù, e quel tesoro che hai sulla terra diventerà sempre più relazionale e affettivo, e sarà anche il tuo tesoro nel cielo.

Don Davide




Una scena mozzafiato

Lettera aperta quasi alla fine dell’anno liturgico

C’è un versetto da infarto nel vangelo di questa domenica, quando il terzo protagonista della parabola mette il tesoro che gli è stato consegnato in una buca e lo sotterra.

Se lo immagini interpretato da un bravo attore, in un film al cinema, sul grande schermo, dove potresti cogliere l’atmosfera, i movimenti impercettibili e le emozioni disegnate sul volto, è una scena mozzafiato, ma nel senso da fare paura.

Vorrei farti notare che il racconto della parabola (anche se la versione liturgica ha tolto una parola) inizia così: “Avverrà infatti…”. Questo esempio di Gesù esplicita l’insegnamento della parabola delle vergini. Là la vigilanza era l’impegno di imparare ad amare per andare incontro allo sposo. Qui, i talenti, prima di essere doni specifici come l’essere intelligenti o l’essere bravi in uno sport, sono un simbolo dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci è stato donato.

Ecco allora, la nostra scena terribile: questo uomo seppellisce il suo amore, quello ricevuto e quello che avrebbe da dare e, così facendo, in realtà seppellisce se stesso. Decidendo di non amare decide di morire.

Decidendo di non amare giungerà alla conclusione di non essere stato mai amato, fin dall’inizio: “Ecco qui il tuo talento” dirà alla fine della storia al suo padrone. Come se dicesse: “Io non ho niente da darti, riprenditi ciò che è tuo e che non è mai stato mio.” È la stessa posizione del figlio maggiore nella famosa parabola: “Tu non mi hai mai dato un capretto per fare festa con i miei amici…”

Ma non vero! Nella parabola raccontata da Gesù non c’è nessuna intenzione di riflettere su un’eventuale ingiustizia da parte di Dio che amerebbe qualcuno più di qualcun altro. Semmai è tutto il contrario. La storia si concentra sul fatto che tutti, da qualsiasi posizione partano, hanno la possibilità di ricevere la stessa ricompensa, facendo esperienza dei doni del Signore: “Prendi parte alla gioia del tuo Signore” viene detto a entrambi i primi due, nello stesso modo, indipendentemente dal fatto che uno abbia altri cinque talenti e l’altro altri due. Anzi, c’è una corrispondenza fra cinque dati e cinque ottenuti; due dati, due ottenuti. Nulla di più!

Allo stesso modo, il Padre misericordioso dell’altra parabola svelerà come stanno le cose veramente: “Tutto ciò che è mio è tuo!”.

Perciò – ecco la lettera aperta – chiunque tu sia: non sotterrare il tuo amore! Non morire in anticipo. Tu hai l’amore di Dio. Qualunque sia stata la tua storia nell’infanzia, nella giovinezza o nella tua vita attuale, da Dio tu sei amato/a e tu puoi amare.

Ama. Sii generoso. Se devi amare, corri anche qualche rischio come un saggio investitore: per l’amore ne vale la pena. È un bel modo per portare a conclusione il bilancio di un anno, non credi?

Il testo ci racconta che quel servo si è sotterrato “per paura”. Prova a non ascoltare le tue paure: le paure sono come un fantasma di fumo che si condensa sempre di più, ma se tu gli corri incontri si dissipa in un istante. Prova ad ascoltare, invece, la voce del Signore che ti dice: “Non temere! Non avere paura! Sei invitato alla festa della vita! Non sottrarti!”.

Tutto ciò che è di Dio e di Gesù, è anche tuo. Sì, Gesù ha messo il suo cuore nel tuo perché tu possa amare come lui. Non rimanere come il servo pauroso con il soldino in mano. Non rimanere come il fratello maggiore sulla soglia.

Davvero, per le tue paure non vorrai fare quel passo?

Non entrerai?!

Don Davide




Un tesoro

Il regno dei cieli è simile a un tesoro.

tesoro

Ci sono due condizioni per apprezzare un tesoro: la prima è che sia una cosa oggettivamente di valore. La seconda che sia qualcosa di prezioso per chi lo incontra.

Alla prima condizione noi associamo, ad esempio, l’immagine di un forziere pieno di cose preziose, ritrovato in un’isola misteriosa. In questo caso, può darsi che i trovatori aprano lo scrigno e vedano brillare tante monete d’oro e che ne facciano bottino; oppure potrebbe accadere che in mezzo a una cassa piena di fango sia nascosto un diamante di inestimabile valore, e che si rischi di perderlo, ingannati dall’apparenza.

Con questo inizio del suo insegnamento, Gesù sembra rivolgerci quindi molto direttamente alcune domande:

◆Il “regno dei cieli”, ossia il desiderio di Dio è qualcosa che noi consideriamo prezioso?

◆Abbiamo cura di fare esperienza della dimensione spirituale e di approfondirla, come – ad esempio – abbiamo cura di stare in salute o di fare le cose che ci piacciono?

◆Abbiamo la saggezza di riconoscere che la spiritualità è una parte preziosa e indispensabile della nostra vita?

◆Se non abbiamo ancora fatto esperienza che l’incontro con Gesù è un tesoro per la nostra vita, abbiamo la pazienza di scavare un po’ e la disponibilità di accordare la fiducia a qualcuno che ci possa guidare?

Tante persone sono degli ottimi professionisti, lavorano tanto, si impegniamo nei loro doveri, ma il loro spirito è atrofizzato… non sono in sintonia con l’esistenza e con gli altri… sono svuotati di energie di amore e di bene.

Si chiedono come mai, nonostante tanto impegno, le cose non funzionino come dovrebbero. Rimpiangono di non avere tempo per apprezzare la vita, qualche spazio di riflessione e consapevolezza, più momenti da dedicare alle persone care.

In questi casi, i sensi di colpa cominciano ad affastellarsi uno sull’altro, e così il dispiacere, che facilmente si trasforma in risentimento spesso senza neanche capire il perché.

Il tema è sempre lo stesso: non c’è solo la sorgente biologica della nostra vita, ma anche altre… lo spirito è quella che le lega tutte. Se il nostro spirito si spegne… tutte le altre sono come una rete che pian piano perde le sue fibre, fino a spezzarsi.

Per questo Gesù insiste, nelle prime due parabole, sul fatto che quando si è trovato questo tesoro o questa perla, quando si è capito che è un tesoro, si deve fare di tutto per “possederlo”. Non si tratta di carpirlo, ma di non privarsi di questa risorsa.

Poi, nell’ultima parabola, Gesù ci incoraggia, ricordandoci che questa ricerca non avviene in condizioni ottimali, in una camera sterile dal male… Il regno dei cieli, ci dice, è come una rete in cui ci sono tanti pesci, buoni e cattivi. Viviamo la nostra tensione a Dio in un continuo destreggiarci tra altre tensioni meno buone, in un continuo esercizio di discernimento, in una continua preghiera di lasciarci scegliere da lui.

Ad un certo punto, mentre cerchiamo il tesoro di Dio, scopriamo di essere noi un tesoro per lui e che lui ha dato tutto – compreso il suo figlio – e continua a fare tutto, per averci con sé.

Don Davide