Avrete forza dallo Spirito Santo

“Finalmente, Signore! È questo il tempo in cui rimetti a posto le cose? In cui si torna a messa senza mascherina, il catechismo riprende con migliaia di bambini, facciamo l’ER e i campi… ci abbracciamo e ci baciamo!”

“Ma, veramente… – obietta il Signore – io non ho detto questo!

Delusione dei discepoli. “Cavoli, ci avevamo sperato!” esclamano schioccando le dita.

“Quello che vi posso dire – dice il Risorto – è che vi sarà data la forza: sì avrete forza dallo Spirito Santo che vi sosterrà e vi aiuterà ad essere miei discepoli e testimoni anche in questa situazione che continua ad essere complicata.”

Ho riadattato questo dialogo tra i discepoli e Gesù, prima della sua ascensione, immaginandolo contemporaneo.

È un giorno di festa, questo, e strano, perché torniamo a celebrare insieme la Pasqua della settimana dopo quasi tre mesi. Non ci rendiamo mai abbastanza conto di cosa questo abbia significato e di cosa comporterà per il futuro. Basti pensare che dal tempo delle persecuzioni in poi, non era mai accaduto che non si potesse celebrate l’Eucaristia insieme.

È inutile fare finta di niente. Le nostre comunità ne escono e ne usciranno ferite. Al di là della retorica di una certa resilienza, questo fatto avrà conseguenze sulla vita della chiesa nei prossimi anni.

Il grande impianto della chiesa in occidente, che già scricchiolava in molti modi, è parso crollare da un giorno all’altro insieme a quello del mondo.

Tutto chiuso.

E anche adesso che qualcosa sta riaprendo… Come faremo? Le assemblee, le feste, gli incontri, gli abbracci, la vita insieme… Che ne sarà?

Spirito“Tranquilli! – siamo tentati di dire noi, come i discepoli – Ecco è passato! È questo il tempo in cui il Signore ricostituirà il suo regno!”. Il suo regno, che in realtà è il nostro regno, il nostro modo di pensare, sono le sicurezze dei discepoli.

Ma Gesù ci dice: “Tranquilli sì, non perché sarete confermati nelle vostre certezze rassicuranti, ma perché se scegliete di aprirvi allo Spirito, allora scoprirete orizzonti più ampi. Io intanto vin garantisco di esservi vicino, di stare con voi, anche di consolarvi, quando ne avrete bisogno. Per il resto, forse, bisogna accettare che appaiano altre urgenze, altri bisogni su cui riedificare la chiesa e ricostruire la nostra pastorale.”

Oggi abbiamo ripreso o riprenderemo a celebrare la Domenica insieme. Considerato questo sconquassamento, ho sentito l’esigenza di intervenire in modo vistoso sulla liturgia, soprattutto perché i testi possano esprimere il vissuto. Questo non è stato un tradimento della sublimità liturgica, ma lo sforzo di prendere sul serio la presenza concreta del popolo nella celebrazione. Come dirò anche a messa, per adesso vorrei esservi vicino e dirvi una parola affettuosa e di incoraggiamento, come fanno un papà o una mamma, semplicemente, dopo che i figli hanno passato un brutto spavento.

Il peggio magari è alle spalle, ma c’è come un’ombra lunga di quell’inquietudine, e quindi il bisogno di sentirsi garantiti in uno spazio dove si possa tornare sereni.

Don Davide




La Veglia di Pentecoste: un appuntamento per tutti

1)Il cammino di questo anno pastorale che si sta concludendo è guidato dalla pagina del libro degli Atti degli Apostoli che racconta la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste, inizio della Chiesa. È lo Spirito che permette a ciascuno di udire gli apostoli nella propria lingua (Atti 2,6), frutto di una comunità che piena dello Spirito trova se stessa andando incontro agli altri. La Pentecoste trasforma degli uomini deboli e paurosi in testimoni gioiosi, rigenerati nella fede.

2) Vorrei che la celebrazione liturgica della Veglia di Pentecoste, nella serata di sabato 8 giugno, sia occasione per vivere oggi e nella nostra storia una rinnovata effusione dello Spirito. Questo anno per la nostra Chiesa di Bologna è contraddistinto dalle prime Assemblee di Zona che sono state un momento di confronto e di consapevolezza delle sfide e della realtà delle nostre comunità. Desidero che la Veglia sia un’altra Assemblea di Zona, questa volta interamente liturgica, per chiedere e sperimentare il dono dello Spirito di amore che “ci insegnerà ogni cosa”.

3)La Veglia si svolge in tutta la Diocesi simultaneamente, per indicare che siamo parte tutti della stessa Chiesa e che vogliamo avere un cuore solo ed un’anima sola. Ci raccoglieremo per Zona pastorale o per zone vicine che si accordano tra loro. Siano presenti tutti i soggetti (Parrocchie, Religiosi, Comunità, Associazioni, Movimenti e Aggregazioni laicali) per vivere un momento di grande comunione e di forza nello Spirito, che ci renda consapevoli dei suoi doni e ci trasformi in 5 testimoni gioiosi del suo amore. I carismi di ognuno e di tutte le nostre comunità, piccole e grandi, sono importanti per una Chiesa piena dello Spirito di Dio. Vorrei che tutti i presbiteri e i diaconi operanti nella zona pastorale siano presenti e concelebrino la Veglia, presieduta possibilmente dal Moderatore. Il presidente dell’Assemblea della Zona pastorale abbia una funzione specifica nella regia della preparazione e nello svolgimento della celebrazione (monizione iniziale e conclusiva). […]

6)La veglia sarà proprio come il Cenacolo, la stanza dove si celebra l’Eucaristia, il luogo proprio della preghiera e dell’effusione dello Spirito. Ci aiuterà a riscoprire il valore dei nostri luoghi di preghiera, della liturgia e dei sacramenti, luoghi dello Spirito e presenza di Cristo, sorgente di grazia per la nostra vita. […]

13)La veglia prevede la celebrazione della Messa vigiliare della Pentecoste, come stabilito dal Messale e secondo le indicazioni che verranno date dall’Ufficio Liturgico. A motivo del carattere diocesano di questa celebrazione, desidero che in ogni Zona pastorale (o gruppo di Zone riunite) vi sia in quella vigilia una sola celebrazione.

[…] Nella Veglia chiediamo il dono della fraternità, perché impariamo ad amarci gli uni gli altri come Gesù insegna.

 

+ Matteo Maria Zuppi, Vescovo – Notificazione per la Veglia di Pentecoste 2019




Solo ragazzi?

Quarantotto ragazze e ragazzi della nostra parrocchia ricevono la Cresima e questo comporta un duplice passaggio, se lo vorranno accettare: prima di tutto scegliere la propria fede in modo consapevole e libero, come un percorso che vorranno portare avanti non perché glielo dice qualcun altro, la società, le convenzioni, ma perché ne hanno fatto e ne faranno esperienza sempre più diretta.

In secondo luogo, essere cristiani testimoni del Signore risorto e dello Spirito Santo che anima la vita della Chiesa e del mondo. I cresimati hanno il dovere di portare il sigillo: in genere, nelle avventure fantasy o nei film di avventura, il marchio indelebile lo portano i loschi figuri, i personaggi negativi delle storie; in questo caso il marchio indelebile è portato dai testimoni dello Spirito Santo e si dovrebbe vedere sulla loro fronte per il brillare del Sacro Crisma (l’olio misto a balsamo consacrato) e per la chiarezza della loro testimonianza.

Troppo presto a dieci o undici anni per assumersi questo impegno?

In questi giorni ho visto con piacere lo spot dell’Unicef sull’importanza del protagonismo dei ragazzi. Recita così: “Loro dicono: capirai quando sarai più grande, ora sei solo un bambino. Ma un bambino ha nuotato in mare aperto per tre ore per salvare diciotto vite… un bambino ha superato le barriere di protezione per tenere insieme la sua famiglia di migranti… Un ragazzo era stato costretto a fare il soldato in una brutale guerra civile e ora è diventato un paladino dei diritti umani e della pace liberando altri bambini dalla violenza… Una ragazza ha combattuto per il diritto delle bambine all’educazione… ed ha vinto il premio nobel per la pace… E una ragazza ha detto la verità ai potenti ispirando un movimento storico contro il cambiamento climatico… […] I ragazzi stanno prendendo la parola; i ragazzi stanno reclamando i loro diritti; i ragazzi stanno agendo ora per un domani migliore.” (Unicef, Just a Kid)

Nella foto della manifestazione contro il cambiamento climatico, una delle protagoniste porta un cartello che dice: “Abbastanza grande per salvare il pianeta.”

Sì, ragazze e ragazzi: siete abbastanza grandi per fare cose belle e importanti. Non importa che siano piccole o grandi, conta che sia la vostra azione. Lo Spirito della Cresima vi abilita a farlo.

La cosa che mi pare più sorprendente e clamorosa, in questo giorno della Cresima, è che i ragazzi ispirano la nostra responsabilità e risvegliano le nostre coscienze, ecclesiali e civili.

Sono proprio loro a farlo. Prendo ad esempio le parole che ritengo meravigliose di Greta Thunberg, che nel suo libro – per inciso – risponde puntualmente a tutte le becere obiezioni che le sono state fatte. E non cambia niente che l’abbia scritto lei o che sia stata aiutata a farlo. La potenza di queste parole rimane intatta e diventa l’augurio più bello e forte che possiamo fare a voi, ragazzi e ragazze della Cresima, e per noi adulti.

“Noi, ragazzini, non dovremmo fare questo. Mi auguro invece che siano gli adulti a prendersi le loro responsabilità e a fare questo, ma finché nessuno farà qualcosa, lo dobbiamo fare noi.” (Greta Thunberg)

Giovani amiche e amici, noi non vogliamo sottrarci al nostro compito e cercheremo di esserci, di pensare al futuro, di farvi spazio e non di lasciarvi solo macerie, ma una chiesa e un mondo migliori. Ma anche se noi non fossimo sempre capaci, non abbiate paura: lo Spirito Santo vi dà tutto ciò di cui avete bisogno.

Ora siete voi i protagonisti.

Don Davide




Spirito e Pasqua

“Vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto e vi insegnerà le cose future” (Cf. Gv 14,26 e Gv 16,13).

L’effusione dello Spirito, a Pentecoste, ravviva la memoria di ciò che è accaduto, guardandolo nella nuova luce pasquale: una luce che illumina di vita le cose e ne fa percepire il senso, tante volte nascosto nel momento in cui accadono. In questo processo, lo Spirito insegna anche il futuro, permette il discernimento, orienta verso ciò che deve venire in modo sapiente e fattivo.

Mi sembra, allora, quella di Pentecoste, l’occasione per fare una verifica e per chiederci cosa possa essere importante per il futuro.

Abbiamo iniziato questo anno pastorale confermati nelle fede di Pietro, dalla visita del Papa. È stata una giornata caratterizzata da una gioia frizzante, nonostante il clima uggioso, in cui si è capito che la Chiesa, i cristiani e forse ogni uomo hanno bisogno di persone autentiche, semplici e di grande carisma evangelico come papa Francesco. Questo insegnamento vale anche per il futuro. Non abbiamo bisogno di cose strane o grandi, ma di essere attaccati al Vangelo come un neonato al seno della mamma.

È stato l’anno della Parola e dei giovani. Abbiamo provato ad impegnarci su questi fronti, anche come parrocchia e come singoli, ma la percezione è che siano stati appuntamenti largamente disattesi. Nella luce del Risorto, incoraggiati dallo Spirito a fare verità, interpretiamo anche questa consapevolezza. Godiamo del grande amore di Dio, siamo consapevoli del dono della fede, abbiamo a cuore che la Chiesa viva anche nel futuro, tuttavia ci scontriamo quotidianamente con la nostra infedeltà o tiepidezza di fronte alla Parola di Dio, e con la fatica di fare spazio e di immaginare pratiche e modelli perché la Chiesa sia veramente giovane. All’ultimo consiglio pastorale, una ragazza ha detto un’affermazione tanto laconica quanto vera: “Nella chiesa di oggi, non sono gli anziani che mancano, sono i giovani.” Chiediamo allo Spirito di insegnarci queste vie, consapevoli che lui è come un allenatore tenace e bravo, che non si rassegna alla sconfitta della sua squadra.

Abbiamo vissuto un piccolo rinnovamento della Caritas, con un aggiustamento dell’organizzazione e l’ingresso di qualche figura nuova. Fare memoria nella luce della Pasqua, in questo caso, significa riconoscere la grandezza umana e spirituale delle persone che in tutti questi anni non solo non ci hanno fatto vergognare, ma ci hanno fatto essere orgogliosi del nome della nostra parrocchia: Santa Maria della Carità. Grazie a loro la carità è stata splendente e c’è solo da ringraziarli, infinitamente, per questa qualità che hanno immesso con sobrietà, spirito di servizio e nascondimento a tutta la nostra pastorale. Ci dà speranza e ci fa guardare alle cose future la continuità che hanno saputo generare.

Poi c’è la vita dei gruppi: bimbi, ragazzi, giovani e adulti. Un’ambiente vivace, in cui si può sicuramente fare meglio, ma anche segnato da esperienze genuine e liete. La luce pasquale ci dice che il Signore continua a chiamare alla fede, a generare nello Spirito, ben al di là delle nostre capacità, ma che questa consapevolezza rassicurante non è una scusa per tirare i remi in barca o per dire: “Ci pensa lo Spirito Santo”, bensì uno stimolo per mettersi ancora di più in ascolto della sua guida, docili alle sue intuizioni e strumenti energici della sua potenza di vita.

Infine, vorrei ricordare le celebrazioni di Pasqua. Soprattutto tre gesti, che forse sono passati quasi inosservati. Il fatto di essere due preti a fare la Lavanda dei piedi, segno di una dimensione di comunione al servizio. Il fatto di essere tutti giù dal presbiterio in ascolto della Parola di Dio nella celebrazione del Venerdì Santo, davanti all’altare spoglio, segno del Cristo morto. Una chiesa tutta “sotto” la Parola come discepola e raccolta – ministri e popolo – nella custodia tenera e cara del corpo di Gesù. Da ultimo, il gesto della Veglia Pasquale: quel sentire confessare la fede nella resurrezione e l’augurio per la vita della Chiesa da parte dei giovani, quel vedere accendere dalle loro mani il Cero pasquale. Nel bellissimo Messaggio ai giovani al termine del Concilio Vaticano II è scritto: “È soprattutto per voi, giovani, che la Chiesa – con il Concilio – ha acceso una luce.” Oggi, forse, si potrebbe dire il contrario: “È soprattutto per te, Chiesa, che i giovani hanno acceso una luce.”

Don Davide




La Trinità

Ho provato a immaginare molte volte come dev’essere la vita di Dio nell’intimità della sua casa. Padre, Figlio e Spirito Santo. Se il paragone non risultasse irriverente, me li immagino come tre amici giocatori di poker nel vecchio West, che sembrano concentrati al loro tavolo, ma sono pronti a intervenire se accade qualche guaio nel saloon. Oppure come tre persone importanti, il presidente, il vice-presidente e il capo delle operazioni che seguono da uno schermo in una stanza segreta il corso degli eventi con la responsabilità di orientarli. Sono solo paragoni, un po’ scherzosi. Come recita un principio della teologia: “Quanto più si afferma una somiglianza, tanto maggiore è la differenza”.

Immagino Dio Padre commuoversi per le sorti del mondo, commuoversi di stima e benevola tenerezza per tutto il bene che gli uomini fanno, e commuoversi di un dispiacere da torcersi le budella, per tutto il male che sanno compiere. Vedo Gesù, imprimere, come uno stampatore, il suo volto su tutti gli uomini e le donne, specialmente su coloro che la cui dignità è violata, su quelli che soffrono da soli, sulle vittime che sono disprezzate dagli altri. Infine, non lo vedo, ma lo sento, lo Spirito Santo che dà vita dove non ce lo aspetteremmo. Lo Spirito che quando qualcuno dice: “Si stava meglio quando si stava peggio” suscita sogni nei giovani e nuovi entusiasmi negli anziani; lo Spirito che fa amare, anche quando è difficile; lo Spirito che insegna a disprezzare le ricchezze e a prediligere la condivisione; lo Spirito che suscita uomini e donne pacifici e giusti, in mezzo alla violenza e alle guerre. Lo Spirito che ti fa incantare di fronte a un panorama di montagna, al mare sconfinato, a un fiore in primavera. Lo Spirito che fa sorridere una persona malata e gli fa amare la vita, nonostante tutto.

Oggi non celebriamo le formule complicate che parlano di un’unica sostanza in tre ipostasi (o persone): questo lo lasciamo ai filosofi e ai teologi.

Oggi celebriamo il Dio della storia, che si rimbocca le anime, che ama e che agisce in comunione, che interviene attivamente non a modificare il corso della storia, ma a toccare il cuore degli uomini e delle donne disponibili, per cambiare il mondo.

Quando i ragazzi si innamorano dicono che “hanno una storia”: ecco, noi auguriamo anche ai ragazzi che oggi completano l’iniziazione cristiana con il Sacramento della Cresima, di essere animati dallo Spirito d’amore e non solo di “avere una storia” con questo Dio della storia, ma di “fare la storia” con lui.

Don Davide




Il Consiglio Pastorale come ascolto dello Spirito Santo

La prossima settimana avremo le elezioni del Consiglio Pastorale. Vorrei che fosse un momento molto sentito, perché ciascuno possa essere protagonista della configurazione e dello stile che vorremmo dare alla nostra parrocchia.
Il Consiglio Pastorale esige una partecipazione democratica, cioè elezioni che indichino la preferenza della maggior parte della comunità.
Con queste poche note, vorrei, però, evitare un pericoloso malinteso che potrebbe sorgere in proposito.
Non dobbiamo assimilare queste votazioni a quelle politiche, che sovente generano polemiche, tensioni e spinte a denigrare i propri rivali.
L’elezione del Consiglio Pastorale e il Consiglio Pastorale stesso è una dinamica spirituale, un momento di ascolto dello Spirito Santo e di pratica concreta della comunione ecclesiale. Mi auguro, perciò, che non ci siano gelosie, invidie o delusioni. La partecipazione al Consiglio non è un modo per poter avere un po’ di potere in parrocchia, non si tratta delle elezioni presidenziali americane! Credo che non ci sia niente di peggio che immaginare che le cose della parrocchia possano rappresentare uno spazio di potere (chissà che potere!); se ci fosse questa tentazione indicherebbe davvero una terribile meschinità di vedute e di interpretazione della vita ecclesiale.
Eleggere il Consiglio Pastorale significa avere piena fiducia nella presenza dello Spirito del Risorto nella Chiesa intesa come popolo di Dio, con la convinzione che chi viene eletto dalla comunità è chiamato dallo Spirito Santo a offrire un servizio alla presenza cristiana nel nostro territorio e soprattutto nell’oggi. Questo servizio si svolge umilmente, con le proprie capacità di discernimento e di senso pratico, senza che a nessuno venga chiesto più di quanto può o è capace di dare. Quello che conta, lo ripeto, è la dinamica spirituale che si crea, perché questo “stile” indica non solo un modo di fare Chiesa, ma il modo in cui la Chiesa è se stessa, cioè luogo di comunione e di testimonianza del Risorto.
Concretamente, domenica 24 gennaio, verrà consegnata all’ingresso in chiesa prima della messa una scheda per l’elezione. Potranno votare tutti coloro che hanno compiuto dai 16 anni in su, quindi vi prego di richiedere la scheda, nel caso non vi venisse consegnata. Si potranno votare da un minimo di una persona a un massimo di cinque, esclusivamente tra quelle indicate nella lista dei candidati. All’inizio della messa pregheremo con l’Invocazione allo Spirito Santo, come piccolo segno di questo ascolto dello Spirito Santo. Infine, al termine della messa, prima di uscire, si potrà consegnare la propria scheda di elezione. Preferisco, per motivi di praticità e di ordine, che non si consegni la scheda degli eletti in NESSUN altro momento, né prima della celebrazione, né negli altri orari della giornata.
A questo punto non mi resta davvero che chiedervi di cogliere questa opportunità e di partecipare, senza pigrizie o paure. Avete ancora tutta questa settimana per informarvi sui candidati: votate chi preferite, votate chi sentite più adatto a rappresentare la comunità, votate gli amici… ma votate! Vi ringrazio in anticipo per questo impegno e per questa gioia della comunità.

Don Davide




Lo spirito della vita

Mentre continuano a giungere alle nostre orecchie tante notizie di ingiustizia, di violenza e di morte, viene rinnovata sulla Chiesa l’effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (sulla chiesa e su tutti gli uomini e le donne aperti ad accogliere questo dono, poiché lo Spirito Santo «soffia dove vuole» [Gv 3,8]).

In questa celebrazione è come se l’energia della resurrezione di Gesù si dispiegasse completamente. Nella notte di Pasqua abbiamo proclamato in un salmo: “Mandi il tuo Spirito, Signore, e tutta la terra si rinnova” (Sal 104); potremmo quasi dire che l’efficacia di questo rinnovamento opera a partire da oggi, e attraverso la conversione “alla vita” di tutte le persone che decidono di accogliere lo Spirito Santo e di fare spazio all’amore per la vita stessa. Si tratta di scelte concrete, con ricadute efficaci: i nostri stili di vita, il rispetto della creazione, la gentilezza nei confronti delle persone, la bontà, l’onestà, la dedizione ai più piccoli, gli sforzi per includere i poveri e gli esclusi, la gioia di esistere, l’entusiasmo e l’impegno di amare.

«Tutti furono pieni di Spirito Santo», dice il racconto di Pentecoste. Non si tratta – evidentemente –  di una pienezza quantitativa, come se lo Spirito Santo si potesse misurare, quanto di una pienezza qualitativa: si intende cioé una vita interamente animata e permeata dalla forza dello Spirito, che porta il suo frutto nelle famose nove manifestazioni che vale la pena di ricordare: gioia, pace, amore, bontà, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

Uno dei segni più efficaci di questa svolta che investe i discepoli è il cosiddetto “dono delle lingue”, ossia la possibilità di comprendersi, la grazia di una comunicazione efficace. Nel racconto degli Atti degli Apostoli sono due i miracoli che accadono: il primo è che i discepoli parlano più lingue, ispirate dallo Spirito; il secondo è che gli uditori sentono nella propria, come se lo Spirito avesse aperto a tutti la facoltà della comprensione. E’ un simbolo potentissimo che ci richiama al valore di una comunicazione che permetta una reale comprensione. Lo Spirito ci invita a metterci nei panni dell’altro (l’immagine di parlare più lingue) e di ascoltare come se parlasse esattamente la nostra (l’immagine dell’ascolto), perché solo questo ci permette di entrare in profonda empatia e condivisione e di fare sì che il dono supremo fatto all’uomo, la Parola, sia sorgente della nuova e vera comunione del mondo, contro tutte le forze disgregatrici della Morte.

Don Davide