Camminare, conversare, sostare
Tre verbi che ci permettono di accostarci al mistero della resurrezione.
“Camminava con loro” (Lc 24,15)
Anche se il trekking sta tornando di moda e si capisce l’importanza fondamentale delle passeggiate all’aria aperta, possibilmente in mezzo al verde dei prati o ancora meglio di un bosco, abbiamo ancora molto bisogno di recuperare questa consapevolezza del camminare, che ci aiuta a sfuggire dalle spire del traffico quotidiano, e a ritrovare lentezza, tempo di distensione, stacco tra un’attività e l’altra. In realtà, lo faccio io stesso, camminiamo con il viso rivolto al display del cellulare: sfruttiamo il tempo di rispondere ai messaggi e alle mail, oppure di controllare i feed dei nostri social.
Camminare dovrebbe essere il modo di sedersi accanto al reale
Sembra paradossale, ma è proprio come facevano una volta gli anziani, fuori dalle latterie di paese, sulle sedie intrecciati coi fili di plastica e la struttura in ferro.
Da Gerusalemme a Emmaus è un lungo cammino, circa 11 km. In quel tragitto i discepoli hanno avuto il tempo di tirare fuori le loro delusioni e amarezze, ripercorrere i ricordi, sentire dei moti dell’animo e prendere confidenza con il pellegrino sconosciuto.
“Conversavano” (Lc 24,14)
“Conversare” è molto più di “parlare” o “scambiarsi delle informazioni”. Spesso, la fretta ci induce a queste ultime due modalità, sia nella vita professionale, che in quella famigliare. Capita, poi, che con gli amici manchino argomenti, e anche se ci sarebbe il tempo di conversare, lo sprechiamo in discussioni e comunicazioni vacue.
Conversare significa arrivare a mettere in sintonia le nostre emozioni profonde.
È un processo articolato e delicato, che richiede lentamente di abbassare le difese e superare le diffidenze, e aprirci per poterci muovere dalla posizione in cui eravamo noi alla dimensione in cui si trova l’interlocutore. Spesso, invece, la conversazione è intesa come un portare l’altro dove siamo noi, ma in questo caso perde la ricchezza della possibilità di versare il cuore l’uno nell’altro e arricchirsi reciprocamente.
“Resta con noi” (Lc 24,29)
Sostare… Chi si ferma più? Il filosofo Pascal sarebbe seriamente preoccupato per la salute spirituale della nostra generazione, perché anche quando ci fermiamo, rischiamo di farlo non per “condividere” qualcosa, ma per “fare” qualcosa. Sostare è l’unica via per dare spazio ai ricordi, e permettere loro che si incidano, come nel marmo, nel nostro spirito e nella nostra memoria.
Sostare sostanza la nostra esistenza reale.
Mettersi su una panchina e contemplare le montagne. Sedersi sulla spiaggia e ammirare il mare. Annusare il profumo di un fiore. Stare a tavola qualche minuto dopo che si è finito il pasto. Si può sostare anche facendo qualcosa, senz’altro, l’importante è avere la consapevolezza di chi c’è con noi e di cosa stiamo facendo in quel tempo condiviso e prezioso.
Gesù conduce questi passaggi come la migliore guida spirituale possibile.
Più abile di Socrate nella maieutica (non me ne vogliano i classicisti e i filosofi!), più resistente di un maratoneta, e buontempone come un bolognese a tavola!
In questa esperienza del reale, vissuta con calma, tempo disteso, e pacatezza, accade una cosa prodigiosa. La vita vissuta si riaccende in un ricordo sensibile – quella benedizione, quel pane spezzato… – improvvisamente acquista di significato e diventa promessa di una vita futura e tanto desiderata.
L’amore espande i sensi e apre la finestra della resurrezione: il cuore ardeva e lo riconobbero.
Era vivo, e non avevano più bisogno nemmeno di vederlo.
Don Davide