Riprendere

Quattro parole per darci fiducia:
presenza – comunità – coraggio – ascolto

Cosa significa riprendere?

Che valore ha e che cosa mette in gioco riprendere la vita ordinaria, inevitabilmente caratterizzata dalla riapertura delle scuole e delle università; riprendere la vita lavorativa, dopo la pausa estiva; riprendere la pastorale, che praticamente si è arrestata a inizio marzo, con qualche eccezione che però non può surrogare l’incontro tra le persone?

E cosa chiede a ciascuno di noi lo sforzo di riprendere dopo la terribile esperienza della pandemia e della “chiusura”, consapevoli tuttavia che l’emergenza sanitaria non è alle spalle?

Abbiamo bisogno di incontrarci, di dare ritmo quotidiano alle nostre esistenze e di avere cura dei bimbi, ragazzi e giovani, che sembrano i più colpiti da questa situazione, come se li avesse sfiduciati ancora di più; dobbiamo assolutamente permettere che le loro energie rifioriscano.

La sfida è più che mai impegnativa, perché richiede alcune attenzioni, che decliniamo in quattro parole.

    1. PRESENZA. Non bisogna perdere l’importanza di quella dimensione di meno frenesia di cui l’emergenza ci ha fatto rendere conto, e che ci ha resi più presenti a noi stessi, come quando ci si riprende dopo un risveglio.
    2. COMUNITÀ. Non dobbiamo rinunciare all’incontro con la nostra comunità, per quanto piccola e scalcagnata che sia, e non possiamo accontentarci. Vibra l’urgenza di rianimare la vita di una comunità cristiana in senso evangelico, sfrondando le tante cose inutili e cercando di radicarsi in ciò che fa davvero bene alla vita delle persone.
    3. CORAGGIO. La pandemia non ha avuto solo degli effetti negativi visibili e quantificabili. In molti ha lasciato un senso interiore di disagio, di paura e di ansietà. Non dobbiamo pensare che siano esagerati o che non conti questa dimensione psicologica non conti eccessivamente. È preziosissimo anzi, accorgerci di chi è in difficoltà e aiutarlo, incoraggiarlo, stargli vicino, infondere una nuova fiducia. Possiamo e dobbiamo aiutare tutti a rifare i propri passi sentendosi sicuri, quindi si tratta di garantire la serenità di incontrarsi e fare le cose anche a chi è stato più turbato in questi mesi.
    4. ASCOLTO. Nel silenzio della pandemia, spesso la Parola di Dio ha brillato come luce e risuonato come lettura del nostro vissuto. La comunità cristiana, che ambisce ad incontrarsi dopo una simile terribile esperienza, si deve confrontare all’altezza delle sfide, senza ripiegarsi sulle abitudini e la tradizione.

A tutte e a tutti coloro che si sentiranno motivati a “riprendere”, anche in mezzo a tutte le fatiche e paure, va il nostro autentico grazie.




Tempo ordinario, tempo da vivere

Un cammino spirituale

Per una specie di parallelismo misterioso, il ritorno a un a certa normalità (se così si può davvero chiamare) è avvenuto in corrispondenza con le feste conclusive del Tempo Pasquale, l’Ascensione e la Pentecoste, in modo che l’esperienza più acuta di battaglia contro il Coronavirus, i giorni drammatici della Quarantena e i primi passi della ripresa hanno coinciso con il periodo quaresimale e pasquale.

In un modo davvero inaspettato, abbiamo vissuto forse più realmente di tutte le altre volte la passione dell’umanità e la lotta per la vita.

Ora, nella progressione dell’anno liturgico, viviamo il Tempo Ordinario.

Andando per le strade, in questi giorni, si apprezza il ritorno all’ordinarietà, ancorché non completa: ai tavoli dei bar si incontra qualcuno; negozi e ristoranti sono aperti pur con le misure di sicurezza; è tornato il traffico nelle strade; nelle chiese si celebra quotidianamente.

Ancora una volta riscopriamo che il tempo ordinario non è un tempo minore, ma un tempo da vivere. Un tempo in cui riscoprire le cose importanti per noi non più per mancanza, ma per consapevolezza; non perché le rimpiangiamo, ma perché sappiamo custodirle e goderne: le persone a cui non possiamo rinunciare, le comunità a cui apparteniamo, i riti che ci fanno vivere, le cose che dicono chi siamo.

Per i cristiani e la Chiesa, che vivono nel mondo e ne condividono i travagli, la grazia di questo tempo con un’ordinarietà parzialmente ritrovata e verso cui tendiamo pienamente è quella di riconoscere ancora, nei compagni di viaggio che si fanno presenti, il volto nascosto e misterioso di Gesù risorto che cammina con noi. Lui è la nostra sorgente spirituale, rallegra il nostro cuore e ci fa vivere.