Consiglio

Quando veniamo interpellati sul fare il bene

È bello riflettere sui doni dello Spirito Santo nei giorni in cui i nostri ragazzi del catechismo ricevono i sacramenti: la Prima Comunione sabato scorso, la Cresima questo sabato. Ci sentiamo vicini a questi amici, fratelli e sorelle più piccoli, tutti figli della nostra comunità e della Chiesa, che speriamo possano vivere sempre sotto la guida dello Spirito.

Le letture di oggi ci spingono a meditare sul dono del Consiglio.

Una parola per tradurre il Consiglio potrebbe essere Discernimento, proprio come quando si chiede a una persona saggia: “Mi dai un consiglio?”, ossia: “Mi aiuti a scegliere meglio in questa situazione, tra queste possibilità?”.

Dall’esempio di Gesù impariamo intanto qual è il criterio del discernimento: dare la vita. Ossia: offrire la mia vita e portare vita. Sembra difficile, può addirittura spaventare.

Dare la vita non significa annullarsi, non realizzarsi o soffrire.

Pensiamo ad esempio ai ragazzi: si può parlare loro di “dare la vita” come se si trattasse di rinunciare a se stessi o non divertirsi? Tutt’altro.

Conosciamo benissimo le parole di Gesù: “Se uno non rinnega se stesso…” (Mc 8,35) ma qual è il vero significato?

Ascoltiamo Gesù: “Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Il mercenario no” (Gv 10,11). Cogliamo, innanzitutto, la differenza tra appartenersi (il buon pastore) e non appartenere (il mercenario).

Il punto cruciale, infatti, è essere liberi: “Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,18). Proprio come quando si fa un dono: se sei innamorato/a davvero, e vuoi fare un bel regalo alla persona che ami, non ti costa farlo, non ti senti spinto da fuori, non badi al prezzo e mentre lo prepari sei pieno/a di energia e di slancio e non pensi al tempo che stai perdendo, perché in realtà stai guadagnando la vita e stai vivendo l’amore.

Il Consiglio ci aiuta a fare della nostra vita un dono, consapevole, libero, mai costretto. Un dono d’amore.

Dagli apostoli impariamo che ci sono due livelli di questo discernimento:

  1. Il primo, riguarda la capacità di riconoscere il bene e non puntare il dito quando questo accade. Pietro, infatti, pieno di Spirito Santo, indica il punto: “Visto che oggi veniamo messi a giudizio sul beneficio recato a un uomo infermo…” (At 4,8). Potremmo prendere a prestito le parole stesse di Gesù: “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?” (Mc 3,4). Ossia: quando è lecito fare il bene? Dovremmo poter rispondere: sempre.
  2. Il secondo, è riconoscere chi è all’opera e chi testimoniamo: “E cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato…” (At 4,9-10).

Questo è il punto più alto del Consiglio: poter dire “in nessun altro c’è salvezza” (At 4,12),

non perché lo abbiamo sentito dire o imparato da altri, ma perché lo abbiamo sperimentato noi, perché siamo diventati amici di Gesù, siamo stati conquistati dal suo amore e abbiamo scoperto che non significa mettere le sorti della vita in mano altrui, ma vivere in modo da essere felice amando.

Don Davide




“Nessuno li strapperà dalla mia mano” (GV 10,28)

Le letture di questa domenica sono stupende per accompagnare la Prima Comunione di 25 bimbi della nostra parrocchia.

Nella prima entra in scena Paolo, il grande apostolo, a cui il Signore dice: “Io ti ho posto come luce per i popoli, perché tu porti la salvezza fino agli estremi confini della Terra”. La immagino come una benedizione e una promessa per questi bimbi di oggi, che saranno gli uomini e le donne del futuro. Un futuro in cui ci sarà bisogno di gente che faccia luce, di tedofori, in un mondo dove i confini della Terra saranno tutti più vicini (lo sono già) e porosi. E anzi in un mondo dove forse non ci saranno confini…

Nella seconda, c’è la grande visione del libro della Rivelazione, degli uomini e delle donne che stanno con piena dignità di cuore e di sguardo davanti al trono di Dio e dell’Agnello. Dunque, a questi giovanissimi uomini e donne di oggi, li immaginiamo come uomini e donne adulti che avranno costruito la loro persona e le loro vite in modo da non avere paure, e di potere stare di fronte a Dio, che li chiama figli e fratelli.

Luce per tutti e messaggeri di una salvezza attesa e desiderata, con tutta la bellezza della loro personalità.

Ci potrebbe quasi spaventare una prospettiva così luminosa; potrebbe sembrarci addirittura accecante.

Ma il Vangelo ci aiuta a guardare a questo augurio che facciamo ai bimbi nella giusta prospettiva: non un eccesso di responsabilità e un carico troppo pesante da portare, come se fossero solo delle aspettative scaricate sulle loro spalle. Bensì la garanzia che li accompagna in questo cammino d’amore gratuito e operoso di Dio Padre: cioè una custodia tenace di Dio, attraverso Gesù, nei loro confronti.

Gesù li conosce tutti questi 25 bimbi, uno per uno, come e se possibile anche meglio dei loro genitori. Con loro stabilisce una confidenza unica e di loro dice che nessuno li strapperà dalla sua custodia premurosa, anzi: guai a chi ci volesse provare!

Per loro Gesù promette addirittura la protezione invincibile di Dio Padre.

Non potremmo immaginare sentimenti e benedizioni migliori per dire a questi bimbi quanto affetto sentiamo per loro e che, come comunità cristiana, ci auguriamo di potere essere sempre un grembo di vita buona e felice.

Don Davide