Un tempo stra-ordinario

Con il battesimo di Gesù, riprende il Tempo Ordinario: incominciamo a seguire il Maestro come i suoi discepoli, dagli inizi della sua predicazione.

Tuttavia, per la nostra comunità, quest’anno, non c’è nulla di “ordinario” nei due mesi che precedono la Quaresima.

Ci prepariamo, infatti, all’ordinazione diaconale di uno dei ministri della nostra parrocchia: Francesco Paolo Monaco. Non siamo abituati alla presenza di un diacono permanente all’interno della comunità. C’era Luigi Morara nella Parrocchia di S. Valentino, ma dalla sua morte il 30 giugno 2010, le nostre due parrocchie unite non hanno più avuto un diacono.

Il diacono è un cristiano che ha risposto ha una vocazione specifica, ha fatto un cammino di formazione nella sua chiesa diocesana e riceve il Sacramento dell’Ordine nel suo primo grado, quello del Diaconato, appunto. Il secondo grado è quello del presbiterato. Il terzo è quello dell’Episcopato.

Diaconato “permanente” significa che il sacramento viene conferito a una persona sposata, e che quindi non è inteso come una tappa verso il presbiterato, ma si configura come un ministero specifico all’interno della comunità: in primo luogo, un ministero di comunione.

Il diacono, cioè, deve essere più di ogni altro tessitore di legami e mediatore di comunione e di armonia.

Per fare questo, il diacono usa soprattutto il servizio della predicazione (proclama il Vangelo nella messa e in qualche occasione può e deve fare anche l’omelia) e il servizio della carità, con uno sguardo sempre teso all’amore fraterno, all’incontro delle generazioni e ad avvicinare e accogliere chi è lontano o inesperto della vita della Chiesa.

È chiaro, quindi, che la presenza di un diacono è un grande dono per la parrocchia e per la diocesi, a cui i diaconi fanno sempre riferimento, essendo anch’essi, come i preti, al servizio diretto della Chiesa locale e del vescovo.

Perciò è opportuno che ci prepariamo bene e con partecipazione a questo momento.

Nella lettera del vescovo in cui è stato confermato il discernimento favorevole all’ordinazione, ci è stato chiesto esplicitamente di compiere un cammino di preparazione insieme, anche per accompagnare Francesco Paolo e la sua famiglia.

L’impegno pastorale di tutti, quindi, fino al 12 febbraio si concentra sugli appuntamenti che prevedono un incontro con don Angelo Baldassarri, Vicario Episcopale e responsabile della formazione dei diaconi, e un incontro in stile di testimonianza con un diacono permanente e la sua famiglia, per dialogare su come si configura la presenza di un diacono nella comunità.

Ci sarà poi un momento di preghiera, a ridosso dell’ordinazione, per invocare lo Spirito e affidare all’intercessione di Maria il ministero di Francesco Paolo.

Come detto, ci concentriamo su queste occasioni di formazione e di preghiera, senza aggiungere altre iniziative alle attività ordinarie.

Infine, siamo davvero tutti invitati all’Ordinazione Diaconale in Cattedrale, il 12 febbraio, alle ore 17.30, dando la precedenza, chi può, alla partecipazione a quella messa invece di quelle che si celebrano in parrocchia in quella domenica.

Don Davide




Il tempo con voi (per gli Under 20)

Care amici, care amiche,

in questa settimana ricorre il diciottesimo anniversario del giorno in cui sono diventato prete: era il 13/09/2003.

Ho voglia di condividere alcune convinzioni che ho maturato in questi anni stando molto con voi, anche se mai abbastanza.

1.È prezioso il tempo condiviso. Non si può chiedere o proporre quasi nulla, senza la disponibilità a trascorrere del tempo insieme.

2.Tempo è sinonimo di vita. Sostituisci “vita” a “tempo” nella frase precedente e il significato è ancora più vero.

3.Il vostro corpo è un tempio nel vero senso della parola. È una gran cosa che vi esprimiate con il corpo, e anche che lo custodiate da chiunque, in qualunque modo, voglia farvi del male.

4.Libertà, coscienza e spirito sono tre parole magiche: conviene stare vicino a chi vi aiuta a conoscerle meglio.

5.È importante avere un amico adulto o un’amica adulta. Sì, lo so… sembra una cosa da pazzi, fuori moda, da vergognarsi con i coetanei… ma chi ce l’ha diventa un uomo e una donna migliore.




Grandi e gentili

Nelle letture di oggi ammiriamo il Signore della Creazione, che mette un argine ai flutti del mare e che intima al vento di cessare e alla tempesta di calmarsi.

Queste prime due settimane di Estate Ragazzi – la prima solo con gli animatori, la seconda anche con i bambini – sono state esattamente come dice la liturgia di questa domenica. È stato proprio come vedere il Signore della Creazione che, attraverso i ragazzi, diceva all’epidemia: “Taci, calmati!” (Mc 4,39).

Non nel senso che siano passati tutti i pericoli o che non bisogna più tenere alta la guardia contro la possibilità di contagio… ma nel senso che è stato come vedere un forte argine alle forze negative dell’epidemia, mentre si riaffermava la vitalità dei bimbi e dei giovani animatori.

C’è stato, forse, nei mesi passati un momento in cui si pensava: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?” (Mc 4,38), sia per la paura di ammalarsi, sia perché sembrava paralizzata la pastorale e appesantita ogni possibilità di incontro e di edificazione fiduciosa.

Invece, grazie alla tenacia iniziale di Alice e Francesca, che hanno scelto con caparbietà di radunare un gruppetto di coordinatori, unitamente alla disponibilità di tempo e all’esperienza di Michele e Suor Aurora e alla collaborazione di Laura e Silvia, sono stati attivati i responsabili degli animatori e tutti loro insieme hanno dato vita a un’esperienza che – nel vero senso della parola – è stata come una boccata di ossigeno dopo il soffocamento di questa epidemia.

Inoltre, è stata ancora più sorprendente di una normale Estate Ragazzi, perché le limitazioni imposte ci hanno permesso di ritrovare il vero senso pastorale di questa iniziativa.

Il numero non tanto elevato di bambini, il momento del pranzo riservato agli animatori e le iniziative per loro nel pomeriggio e, soprattutto, la prima settimana di preparazione fatta con calma e serietà dopo la scuola per preparare al meglio le attività dei piccoli, ci hanno fatto capire meglio che il nostro obiettivo non deve essere di avere il numero più grande possibile, a costo di non riuscire a fare una proposta di valore, e col rischio di esaurire le energie dei ragazzi. L’obiettivo pastorale dell’Estate Ragazzi, invece, deve essere offrire un’esperienza di comunità piena di cura ai bimbi e del tempo di qualità per coltivare la relazione con gli adolescenti animatori.

Da questa impostazione non torneremo più indietro e spero che tutta la parrocchia diventi consapevole che queste sono le scelte che devono guidare l’edificazione della nostra comunità, non dei presunti atti di servizio al limite dell’eroismo, che però non favoriscono la qualità della proposta formativa e la cura (anche in termini di tempo dedicato) che dobbiamo ai più giovani, non solo ai bambini.

Siamo soltanto al giro di boa. Ci aspetta un’altra settimana, in cui speriamo che tutto continui a procedere al meglio, ma anche se dovesse esserci qualche inconveniente, non negherebbe la bellezza di quanto fatto finora e la fiducia che grazie ai ragazzi abbiamo ritrovato e che possiamo continuare ad avere.

Queste righe, cari coordinatori e coordinatrici, responsabili, animatori e animatrici sono esplicitamente un omaggio per voi. Probabilmente, il Grande Gigante Gentile ha soffiato nelle vostre vite un sogno che nemmeno osavate sperare. Tutta la comunità vi ringrazia per il vostro impegno e perché, anche senza pensarci e forse senza saperlo, siete stati grandi e gentili e avete messo un argine all’epidemia, molto più potente di qualunque vaccino.

Don Davide




L’anomala normalità

Della compassione come via

L’insegnamento di Gesù, nel vangelo di questa domenica, ruota attorno al tema della compassione. “Il padrone ebbe compassione del servo” e, al termine del racconto, chiede allo stesso servo: “non dovevi anche tu avere compassione del tuo compagno?”.

Questa domenica fa da spartiacque: iniziamo un periodo importantissimo e difficile. Domani riprendono le scuole, con le complicazioni enormi e i rischi inevitabili legati al perdurare dell’emergenza sanitaria. Tuttavia, i nostri ragazzi andranno finalmente a scuola, nel loro luogo più proprio. Era un assenza che durava dal 27 febbraio, una situazione davvero impressionante a pensarla in circostanze normali. Qualcuno ha vissuto i passaggi della fine dei cicli scolastici, che sono tra i più indimenticabili della vita, senza nemmeno potere fare una festa o salutare “in balotta” (come diciamo a Bologna) i propri amici.

Ci piacerebbe che tutti gli studenti e le studentesse sentissero una speciale vicinanza a quest’esperienza così difficile: una tenerezza per quello che è stato e come l’hanno affrontato, e quasi una commozione a vederli di nuovo varcare i cancelli dei loro istituti, in compagnia degli amici.

Anche il mondo universitario riprende con coraggio le lezioni in presenza. In generale, la fine delle vacanze estive segna inconfutabilmente un confronto con quella “normalità” che, dai mesi della quarantena nazionale, non era più stata piena: un’anomala normalità, nei mesi che ci attendono.

Ugualmente, anche la nostra parrocchia si cimenta con l’orario ordinario delle messe, che non era più stato tale dal 27 febbraio, con la ripresa del catechismo, la programmazione dei gruppi, il tentativo di fare ripartire il doposcuola, l’impegno della San Vincenzo e lo sforzo di non fermare gli aiuti della Caritas.

Vorrei che tutti avessimo uno sguardo di compassione su questi sforzi – nostri, del mondo ecclesiale, e quelli di fuori, dell’impegno della società civile – pensando che ognuno stia provando a fare il meglio che può, con la consapevolezza di sé, la maturità e l’equilibrio che è riuscito a raggiungere fino a quel punto della propria vita.

Questo atteggiamento esige che la compassione entri in circolo. Nelle istruzioni di Gesù, il rimprovero per quelli che arrestano questa circolazione della bontà è severo: “Non dovevi anche tu avere pietà del tuo compagno?”.

Non abbiamo bisogno di durezze, ma di un’umanità tenera.

Non abbiamo bisogno di convinzioni granitiche, ma di cuori aperti.

Non abbiamo bisogno di affermare noi stessi, ma di capire come possiamo fare i passi insieme.

Concretamente, credo che ci siano alcuni atteggiamenti molto pratici che possiamo tenere presenti.
1) Attenzione e delicatezza per chi si sente ancora poco sicuro rispetto alla pandemia e magari affaticato da qualche turbamento o ansia. Non bisogna sminuire affatto questi nostri fratelli e sorelle e non bisogna farli sentire in difficoltà. Occorre fare uno sforzo ulteriore di rispettare le norme sanitarie: l’utilizzo della mascherina, il rispetto della “giusta vicinanza”, il garbo e l’attenzione di mettere a proprio agio l’altro.

2) L’esercizio della comprensione. In parrocchia, a scuola, negli uffici e nei posti di lavoro… sicuramente c’è stato lo sforzo di provare ad affrontare le difficoltà. Anche dove l’organizzazione non fosse perfetta, magari c’era qualcuno che anelava al meglio. Non bisogna “farsi andare bene tutto”, ma provare ad essere radicalmente costruttivi.

3) Una sigla: ARP. Assoluta – responsabilità – personale. Cosa posso fare io? Questa domanda dovrebbe essere come una giaculatoria, o un mantra. Come posso dare una mano? Cosa posso fare io per migliorare la situazione o impedire altre difficoltà. Cosa devo fare io per tenermi centrato, in forma fisicamente e spiritualmente, per essere pronto a fare la mia parte in questa sfida che tutti stiamo vivendo?

Il padrone della parabola risponde a queste domande dicendo: “Io sono ricco e potente, una cosa posso esercitare: la compassione.” E lo fa.

Vale anche per noi.

La compassione è la nostra via.

Don Davide




Ti ho posto come sentinella

“Ti ho posto come sentinella.” (Ez 33,7)

Sento forte la suggestione di questa immagine. Il testo pensa al ruolo della sentinella nell’ambito della correzione fraterna, che è il vero tema delle letture di questa domenica.

Tuttavia, vorrei dilatare questo spunto in rapporto alle settimane e ai mesi che ci attendono. La sentinella, infatti, è colei che fa la guardia, cioè vigila che non ci sia un’effrazione e che non accada qualcosa di brutto, ma – in tutta la Scrittura – è anche colei che sta di vedetta, cioè attende l’alba.

Da domani (lunedì 7 settembre) riprenderà l’orario normale delle messe feriali e festive e della segreteria (mattina e pomeriggio) che è il segno del ritmo ordinario della vita della parrocchia e delle attività pastorali.

Significa “iniziare di nuovo” o meglio, come abbiamo scritto sul sito nei giorni subito dopo la quarantena collettiva, significa “rinascere dall’alto”, farsi rigenerare dallo Spirito. È comunque uno scatto in avanti, dopo mesi così particolari e per certi versi assurdi, che ci hanno messo alla prova, ma anche forgiato; che avremmo volentieri evitato, ma da cui abbiamo anche imparato.

Sappiamo che l’emergenza sanitaria non è finita, quindi rimettersi in gioco richiede un surplus di attenzione e di impegno, e anche una certa capacità di adattamento e di fare fronte a una preoccupazione latente che accompagna ogni progetto. Tuttavia non se ne può fare a meno, non tanto per questioni economiche – come tutti dicono – ma perché abbiamo bisogno di vita autentica e di comunione.

In quest’ottica l’immagine della sentinella diventa per ciascuno di noi una vocazione e un incoraggiamento.

“Io ti ho posto come sentinella” significa che ciascuno di noi è chiamato “a fare la guardia” perché non succeda qualcosa di brutto, e anche a “scrutare le prime luci del mattino” e preparare attivamente l’attesa dell’alba… quando potremo dire che l’emergenza sanitaria è finita, sperando di avere imparato tutto quello che c’era da imparare.

Dobbiamo vigilare e vegliare sui nostri fratelli e sorelle, non solo perché non si ammalino di Covid-19, ma anche perché non si ammalino d’ansia, di demotivazione, di solitudine. Allo stesso tempo dobbiamo rimboccarci le maniche, per preparare una vita più sana, non solo dalle malattie del corpo, ma anche da quelle dello spirito, che avvelenano le relazioni e la nostra fede.

Prudenza e intraprendenza sono due parole che potrebbero guidarci.

Vedo un particolare tipo di “carità fraterna” proprio in questa capacità di aiutarci gli uni gli altri e sostenerci, affinché possiamo vincere le ansie da contagio, sostenerci nel riprendere i progetti belli e le attività positive, con le attenzioni necessarie a gestire le difficoltà, ma senza paure.

Dobbiamo aiutarci, perché qualcuno ha bisogno di essere rassicurato, qualcuno ha bisogno di essere più coraggioso e qualcuno più prudente. Tutti dobbiamo avere in mente di edificare la nostra comunità, consapevoli dei limiti imposti dalla situazione, delle nostre debolezze, ma anche della chiamata all’amore che non viene mai meno.

Infatti, come scrive san Paolo nella seconda lettura: «Qualsiasi comandamento si ricapitola in questa parola: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. La carità non fa nessun male al prossimo…” (Rm 13,9-10).

Don Davide




Avrete forza dallo Spirito Santo

“Finalmente, Signore! È questo il tempo in cui rimetti a posto le cose? In cui si torna a messa senza mascherina, il catechismo riprende con migliaia di bambini, facciamo l’ER e i campi… ci abbracciamo e ci baciamo!”

“Ma, veramente… – obietta il Signore – io non ho detto questo!

Delusione dei discepoli. “Cavoli, ci avevamo sperato!” esclamano schioccando le dita.

“Quello che vi posso dire – dice il Risorto – è che vi sarà data la forza: sì avrete forza dallo Spirito Santo che vi sosterrà e vi aiuterà ad essere miei discepoli e testimoni anche in questa situazione che continua ad essere complicata.”

Ho riadattato questo dialogo tra i discepoli e Gesù, prima della sua ascensione, immaginandolo contemporaneo.

È un giorno di festa, questo, e strano, perché torniamo a celebrare insieme la Pasqua della settimana dopo quasi tre mesi. Non ci rendiamo mai abbastanza conto di cosa questo abbia significato e di cosa comporterà per il futuro. Basti pensare che dal tempo delle persecuzioni in poi, non era mai accaduto che non si potesse celebrate l’Eucaristia insieme.

È inutile fare finta di niente. Le nostre comunità ne escono e ne usciranno ferite. Al di là della retorica di una certa resilienza, questo fatto avrà conseguenze sulla vita della chiesa nei prossimi anni.

Il grande impianto della chiesa in occidente, che già scricchiolava in molti modi, è parso crollare da un giorno all’altro insieme a quello del mondo.

Tutto chiuso.

E anche adesso che qualcosa sta riaprendo… Come faremo? Le assemblee, le feste, gli incontri, gli abbracci, la vita insieme… Che ne sarà?

Spirito“Tranquilli! – siamo tentati di dire noi, come i discepoli – Ecco è passato! È questo il tempo in cui il Signore ricostituirà il suo regno!”. Il suo regno, che in realtà è il nostro regno, il nostro modo di pensare, sono le sicurezze dei discepoli.

Ma Gesù ci dice: “Tranquilli sì, non perché sarete confermati nelle vostre certezze rassicuranti, ma perché se scegliete di aprirvi allo Spirito, allora scoprirete orizzonti più ampi. Io intanto vin garantisco di esservi vicino, di stare con voi, anche di consolarvi, quando ne avrete bisogno. Per il resto, forse, bisogna accettare che appaiano altre urgenze, altri bisogni su cui riedificare la chiesa e ricostruire la nostra pastorale.”

Oggi abbiamo ripreso o riprenderemo a celebrare la Domenica insieme. Considerato questo sconquassamento, ho sentito l’esigenza di intervenire in modo vistoso sulla liturgia, soprattutto perché i testi possano esprimere il vissuto. Questo non è stato un tradimento della sublimità liturgica, ma lo sforzo di prendere sul serio la presenza concreta del popolo nella celebrazione. Come dirò anche a messa, per adesso vorrei esservi vicino e dirvi una parola affettuosa e di incoraggiamento, come fanno un papà o una mamma, semplicemente, dopo che i figli hanno passato un brutto spavento.

Il peggio magari è alle spalle, ma c’è come un’ombra lunga di quell’inquietudine, e quindi il bisogno di sentirsi garantiti in uno spazio dove si possa tornare sereni.

Don Davide




Il profumo del pane

Il profumo del pane è profumo di vita: che siano vite vissute nella convivialità, o corpi bruciati dal sole e dalla sofferenza, o vite scavate e offerte, sempre il pane ci rimanda al significato di una vita che viene impastata, lievita e cresce, e – come insegnavano bene i nostri nonni, per i quali buttare il pane era un sacrilegio – non deve essere sprecata.

La mostra delle opere di Matteo Lucca, Daniela Novello ed Ettore Frani (che si apre oggi e della quale vi invito calorosamente all’inaugurazione) mentre ci fa sostare sulla bellezza e l’intensità delle loro creazioni, al contempo è come una solenne apertura alla vita pastorale della nostra comunità.

Vorrei, infatti, che chi visita la mostra si senta spinto a vivere la vita più intensamente sui temi che gli sono consoni: chi l’attenzione alle questioni dell’alimentazione e dei poveri, con l’anelito alla giustizia e alla perequazione delle risorse; la fraternità e l’amicizia; l’apertura ai misteri della fede.

La nostra parrocchia, con il mese di ottobre, riprende a pieno regime tutte le attività, a partire dal catechismo, i gruppi ACR, giovanissimi e giovani, fino a tutto l’articolato tessuto della vita della comunità.

Auspico che l’apertura della mostra sia come un simbolo dello stile che ci proponiamo di vivere: una partecipazione e collaborazione sempre più larga, l’entusiasmo nelle cose e lo stile della condivisione, la volontà di raggiungere tutti in una tensione missionaria che arricchisce anche i credenti e, infine, il desiderio di vivere le cose animati dalla bellezza e con una qualità alta nelle proposte che offriamo.

Don Davide




“Discepolimissionari” dello Spirito

La solennità di Pentecoste porta a compimento quest’anno intensissimo per la Chiesa di Bologna, che è stato proprio guidato dal desiderio di lasciarci ispirare e condurre dallo Spirito Santo per rendere la nostra Chiesa sempre più conforme alla volontà di Dio. 

Il vescovo ci aveva affidato l’icona della Pentecoste per rispondere alla vocazione di essere chiesa in uscita, chiesa missionaria e anzi, noi tutti discepolimissionari. Per sentire, cioè, di nuovo la responsabilità urgentissima di essere una comunità cristiana vitale e che porti il primo annuncio del Vangelo a tutti.

Accanto ai bimbi della nostra comunità, abbiamo cercato di tradurre questa indicazione nello slogan: “Ci provo gusto!” esprimendo così il desiderio di vivere la nostra fede con passione e in modo piacevole. I momenti belli sono stati tanti e ci proponiamo di continuare ad arricchirci vicendevolmente con l’entusiasmo di tracciare una rotta per i più piccoli. 

Abbiamo vissuto l’inizio delle Zone Pastorali, che compiranno un anno il 1 luglio 2019: compleanno assolutamente da festeggiare! Nella Zona è sorto il desiderio di convocare nuovamente i giovani in un cammino di formazione e di esperienza cristiana a maglie allargate, dopo che quest’anno è stato un anno di transizione, perché i loro educatori “storici” hanno iniziato percorsi di vita nuovi e c’è stato bisogno di pensare e di discernere cosa potesse essere opportuno fare. 

Sono state tante le famiglie giovani che si sono avvicinate alla nostra parrocchia per chiedere il Battesimo e va fatto un vero e proprio monumento al gruppo incaricato per la catechesi battesimale, che hanno saputo interpretare a nome di tutti quello stile di accoglienza e di famigliarità che spesso è la prima interfaccia per chi incontra una comunità cristiana. 

Su questo saremo chiamati a lavorare ancora di più l’anno prossimo, perché il cammino della Chiesa di Bologna si concentrerà sull’Iniziazione Cristiana e su come la Chiesa, attraverso l’annuncio, genera alla fede. 

È un’esperienza che continua: incontriamo tanti adulti che chiedono la Cresima, giovani fidanzati che si appassionano durante gli incontri in preparazione al loro Matrimonio e altre persone che, nonostante tutto, riprendono un cammino di fede. 

È la conferma che siamo chiamati ancora ad ascoltare lo Spirito profondamente, perché l’ispirazione del Signore soffia dove vuole ed è potente, e noi – come discepolimissionari – abbiamo l’onere e l’onore di rendere l’amore del Signore riconoscibile e vicino a tutti. 

Don Davide 




“Venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv. 1, 14)

Il senso dell’intera storia della parrocchia è la sua capacità di “abitare” un territorio

È una frase bellissima, quella del Prologo del Vangelo di Giovanni, che letteralmente dice: “Ha messo la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14). In un testo che vuole richiamare l’Esodo di Israele nel deserto, in una cultura che ha radici nomadi, questa affermazione potrebbe essere tradotto ai nostri giorni scrivendo: “Ha messo la sua casa tra le nostre case” o, ancora meglio: “Ha preso il suo appartamento nel nostro condominio.” Ve lo immaginate, Gesù, il Verbo Incarnato, alla nostra riunione di condominio?

Venne ad abitare in mezzo a noi

Gesù fa proprio così! Partecipa alle nostre cose, discute con noi, non vuole imporre la sua, collabora a ciò che è necessario per migliorare la nostra casa.

Così deve fare anche una comunità cristiana. La parrocchia non è la chiesa, o la canonica, o i cosiddetti “locali parrocchiali”. La parrocchia è la capacità della comunità di abitare il territorio. In un certo senso, potremmo dire che i nostri locali parrocchiali devono essere i nostri bar, i parrucchieri, gli uffici, la farmacia, i ristoranti, i negozi… insieme alle nostre abitazioni.

Paradossalmente, uno dovrebbe poter dire: “Vado in parrocchia” e poi uscire fuori. Questo è il sogno di Papa Francesco, il sogno di una “Chiesa in uscita”, il sogno di discepoli-missionari.




Predicatelo sui tetti

Così scriveva papa Giovanni Paolo II nel 2001:

“Il tema che ho scelto per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2001 riprende le parole di Gesù stesso. Non potrebbe essere altrimenti perché noi predichiamo Cristo soltanto. Ricordiamo le parole che rivolse ai suoi primi discepoli: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10, 27). Nel segreto del nostro cuore, abbiamo ascoltato la verità di Gesù. Ora dobbiamo proclamare quella verità dai tetti.

Nel mondo attuale i tetti sono quasi sempre caratterizzati da una foresta di trasmettitori e di antenne che inviano e ricevono messaggi di ogni tipo verso e da i quattro angoli della terra. È di importanza vitale garantire che fra questi numerosi messaggi vi sia la Parola di Dio. Oggi proclamare la fede dai tetti significa proclamare la Parola di Gesù nel mondo dinamico delle comunicazioni sociali e attraverso di esso.”

Quel messaggio fu profetico. Era iniziata l’era di internet, ma non ancora quella degli smartphone e di YouTube, eppure il papa aveva già intuito che la Chiesa avrebbe dovuto confrontarsi col mondo sul grande areopago digitale.

Oggi, più che mai, raccogliere questa sfida è imprescindibile.

È per questo che la nostra parrocchia si è impegnata nell’ultimo anno a preparare un sito web adeguato. Non una cosa improvvisata, ma studiata e sottoposta al vaglio attento di un professionista, per produrre un risultato moderno e accattivante.

Questi i numeri: 68 pagine web, un logo, un anno di lavoro, cinque collaborazioni e molte molte ore di rifinitura e revisione. In questa stagione estiva che inizia, esorto perciò tutti a fare una “navigata” nel nostro sito: www.parrocchiasamac.it

SAMAC, come potete immaginare, sta per Santa Maria della Carità. È un acronimo che permette di avere un indirizzo più breve, facile da ricordare e impattante. Nel logo, come avete visto, trovate il volto stilizzato di Maria e la M fatta a forma di cuore, a simboleggiare e richiamare la Carità, l’amore di Cristo che ci spinge (cf. 2Cor 5,14). Il logo sta in alto, in tutte le pagine del sito.

Cos’altro troverete nel sito?

Nella Home, c’è una sequenza di cinque foto. A ciascuna è connessa una riflessione, che indica l’ispirazione spirituale della nostra parrocchia. Sotto, troverete un piccolo “manifesto della vita parrocchiale”, le schede dei preti della comunità, l’agenda, alcune foto e un blog che raccoglie tutti gli interventi che mettiamo sull’Agenda domenicale e altri testi… Chi vuole potrà trovarli tutti!

Nel resto del menù, diviso in categorie, trovate una spiegazione della storia della parrocchia, delle attività, dei gruppi e infine dei sacramenti, che sono la cosa essenziale per la vita della chiesa.

Il sito beneficia di tutti i suggerimenti possibili, al fine di renderlo vivo e perfezionarlo.

Infine… se per caso salta fuori un riquadro di PayPal… non spaventatevi! È messo apposta per dare a tutti la possibilità di fare un’offerta. Sapete com’è… di questi tempi…

www.parrocchiasamac.it

Il sito web della parrocchia.

Don Davide