Notti magiche

Si è appena conclusa una bella messa, all’aperto, nell’appennino bolognese. È un tardo pomeriggio di inizio settembre rischiarato dalla luce calda e brillante del crepuscolo, è fresco e non c’è più il frinire assordante delle cicale. L’unico suono che si sente, armonioso, è quello di trenta ragazzi che scherzano, ridono, si abbracciano. L’atmosfera è elettrizzata: si capisce che c’è qualcosa nell’aria. Quel tipo di esperienza è l’esatta descrizione del passaggio dello Spirito Santo, per chi ha avuto la grazia di sperimentarlo, almeno una volta, nella vita.

Le ragazze e i ragazzi sono di seconda e terza media, qualcuna inizia la prima superiore. Sono venuti al campo lasciando a casa il cellulare (avete capito bene: lasciando a casa il cellulare per otto giorni!), sottoponendosi al tampone prima di partire e tenendo nei giorni iniziali la mascherina in ogni momento, anche quando giocavano.

Uno degli educatori ha ancora la chitarra in mano e strimpella qualcosa mentre rientra in casa. Un paio di ragazze si uniscono a cantare. Una nota tira l’altra: “Facciamo questa!”, “Cantiamo quest’altra…”. L’educatore si appoggia a suonare sul pianerottolo a metà delle scale e le due ragazze gli siedono a fianco. In breve tempo, tutti i ragazzi si sistemano sui gradini e cantano insieme a squarciagola per quarantacinque minuti. Una scena d’altri tempi. Un momento di magia interminabile… finché le cambusiere non li attraggono con motivazioni più che convincenti.

Mentre questo prodigio stava prendendo forma, ero stato raggiunto dal programma del G20 delle Religioni, che si svolge proprio a Bologna in questi giorni (dal 12 al 14). Un evento importantissimo di dialogo tre le religioni e le istituzioni e con appuntamenti di alto livello: scorrendo il nome dei relatori, oltre a quelli di alcuni leader religiosi, si trovano quelli del Presidente Draghi e del Presidente Mattarella; pensavo: “Wow! Dev’essere interessantissimo andarci!”.

Poi sentivo i canti provenire dalla tromba delle scale e – come con la Madeleine di Proust, ma con l’emozione del suono, invece che del gusto – in un baleno ho rievocato tutti i momenti belli del campo, i sorrisi soprattutto e le condivisioni della loro vita, e ho pensato: “Io non farei cambio con questa esperienza per nulla al mondo! Non c’è G20 che tenga: io non vorrei essere, in questo momento, in nessun altro posto che qui.”.

Lunedì 13 festeggio diciotto anni dalla mia ordinazione presbiterale – divento maggiorenne – e d’ora in poi posso firmarmi le giustificazioni da solo per fare fughino dagli incontri diocesani noiosi! Scherzi a parte, ritengo che un simbolo efficace di questi anni di ministero sia proprio la possibilità di condividere con la mia parrocchia questo apice meraviglioso del campo estivo, con la stessa confidenza con cui lo farei con la mia famiglia a tavola.

Trovo un riscontro, abbastanza preciso nel racconto degli Atti degli Apostoli. Anche gli apostoli, infatti, hanno dovuto testimoniare la fede davanti ai capi del popolo, Paolo addirittura al cospetto del Re, del Governatore e dell’Imperatore stesso… ma le comunità più belle (e con esse le pagine migliori) sono nate da piccoli rapporti semplici e veri, da comunità molto curate nella genesi e nella crescita della fede.

Al termine dell’ultima serata del campo, io ho dovuto salutare, perché il giorno successivo avevo il Battesimo della mia nipotina. Sono uscito fuori insieme ai ragazzi, che andavano ad ammirare le stelle. Mentre percorrevo in auto il viottolo per uscire, una ragazza mi dice al finestrino (cito testualmente): “A proposito don, volevo dirti che è stato fantastico! Volevo che tutte le cose che facevamo, non finissero mai!”.

Quest’estate, tra gli Europei e le Olimpiadi, abbiamo cantato le notti magiche, ma – a dirla tutta – non c’è una notte più magica di così.

Lo tengo come il biglietto di auguri per la maggiore età del mio ministero.

Don Davide




L’entusiasmo di Filippo

Filippo, il protagonista della prima lettura, è un diacono: ha ricevuto un ministero dagli apostoli, per permettere al Vangelo di propagarsi, per far sì che i più bisognosi continuassero a venire accuditi e perché gli apostoli potessero continuare a dare un primato alla predicazione missionaria della Parola di Dio e non fossero attanagliati da un eccesso di questioni pratiche e gestionali.

Eppure vediamo che il ministero di Filippo va ben oltre i suoi incarichi. La sua accoglienza del Vangelo cresce in lui, e lo spinge a farsi missionario. Le sue parole sono coinvolgenti, i suoi segni grandiosi: una pletora di spiriti cattivi se ne fugge a gambe levate, e la gente, nel contatto con lui, guarisce.

Non è l’unico tra i ministri della Chiesa apostolica a compiere tali opere: dall’ombra di Pietro in poi, l’entusiasmo della resurrezione provoca meraviglie.

È bellissimo questo incoraggiamento che riceviamo dalle letture di oggi, verso la fine dell’anno pastorale e nel giorno in cui un’altra parte dei nostri bimbi fa la Prima Comunione. Il Vangelo cresce. Quello che inizia con dei segni piccoli, cresce in modo grande. E tale è anche la speranza per questi nostri amici più piccoli che oggi ricevono l’Eucaristia per la prima volta. Noi confidiamo che possano diventare “grandi” non solo di età e di fisico, ma grandi nell’animo, e di potere ammirare gioiosi e stupiti le loro opere.

La prima lettura di oggi è anche un esercizio di verifica nella fede del nostro anno pastorale. Cos’è cresciuto? Cos’è stato animato dallo Spirito e cosa no? Ci sono stati degli spiriti maligni che sono stati scacciati?

Se quest’ultima domanda trova una risposta affermativa, allora possiamo davvero ringraziare il Signore, chiedendo la grazia di essere ancora e continuamente pronti a rendere ragione della nostra fede: non solo attraverso ragionamenti precisi e pertinenti, ma soprattutto attraverso la bellezza e l’entusiasmo di una testimonianza. Come quella di Filippo.

Don Davide