La vera Luce

Colmare, ridurre, raddrizzare le strade

L’Avvento è un tempo STRAordinario, nell’ordinarietà dei nostri giorni, in cui decidiamo di metterci in cammino verso il Natale.

Nelle letture di questa seconda domenica di Avvento, Isaia ci invita alla preparazione della strada per il ritorno verso Gerusalemme, dopo il periodo d’esilio in Babilonia.

Marco, all’inizio del suo vangelo (il più antico tra i quattro) riporta la predicazione di Giovanni il battista che gridava nel deserto: “preparate la via del Signore“. L’invito è quello di andare da Gerusalemme verso il Giordano, il luogo in cui immergersi nel battesimo con acqua, segno del futuro battesimo nello Spirito.

Nei due brani c’è l’idea di una strada da sistemare: essa ci potrà condurre verso un ‘nuovo vertice’ della vita, ovvero verso una vera e propria con-versione.

Colmare, ridurre, raddrizzare, sono alcune delle operazioni necessarie per lasciare le nostre ‘Babilonie’ e rigenerarsi nello Spirito. Ad esempio, potremmo utilizzare le numerose luci e lucine che troviamo per strada o quelle che utilizziamo per l’addobbo casalingo, come luci evocatrici di una pista di atterraggio o di un faro per orientarsi alla Luce.

 

Aprire spazi, creare luoghi perché il vero Natale trovi posto nelle nostre vite

L’Avvento è per noi la strada spirituale verso un Natale diverso, come un grido nel deserto di una pandemia, di una distrazione di massa verso consumi più o meno sobri, di un deserto interiore magari con una via stanca piena di buche o di grandi sassi, una strada fatta di una fede convenzionale di abitudini e/o di sole regole senza un’anima.

In questo Avvento ecco per noi una strada nuova: colma, riduci, raddrizza le tue giornate, vivi il tuo ‘deserto’ come una risorsa per preparare un Natale nuovo. Rifare i nostri spazi con presepe ad albero e creare luoghi interiori come una culla, una mangiatoia, per accogliere vita nuova, come accade in ogni grembo materno che si espande e in alcune parti si ritrae, per far posto alla nuova vita che verrà.

 

Un invito per ciascuno di noi

Puoi far coincidere la nascita di Gesù con la tua rinascita, con-vertendo il tuo battesimo sulla strada della riscoperta della sorgente di vita, bontà, verità e bellezza.

Il Signore viene e traccia la strada con i suoi profeti, ha segnato con i suoi testimoni il percorso da seguire e, noi, siamo invitati e inviati tra di essi perché il mondo possa intravedere la vera Luce che viene ogni giorno, tra le tante piccole stelle di Natale.

Anna Maria e Francesco Paolo




La forza della Parola

Il seme che sradica le pietre

Il secondo terreno su cui cade la semina della parola è quello sassoso, che ha come caratteristica di permettere al seme di germogliare, ma lo fa seccare alla prima calura per la mancanza di radici.

È fin troppo facile identificarlo con la nostra superficialità, le distrazioni, la pigrizia e – viceversa – la convinzione di potere fare mille cose, che ci impediscono di scendere in profondità, di assimilare e trattenere le esperienze vissute e le cose buone che abbiamo imparato e che ci potrebbero fare bene.

Ci sono come dei sassi che ci fanno inciampare e che rendono meno fertile il terreno.

Su queste tendenze, che in misura diversa sono di tutti, risuonano le parole dell’Avvento: Spianate nella steppa la strada per il nostro Dio! Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore! (Is 40,3-5)

È un comando, ma è anche un “vangelo”, una buona notizia!

Possiamo trasformare questo terreno sassoso, e renderlo fertile. Possiamo trasformare quella parte della nostra esistenza più superficiale e farla diventare uno spazio accogliente.

Paradossalmente, è la stessa Parola di Dio che ha il potere di farlo. È come se il seme del Seminatore, avesse la proprietà di fare dei germogli così forti e robusti da rimuovere le pietre del terreno.

Infatti, il profeta Isaia afferma ancora: Secca l’erba e appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio rimane per sempre. (Is 40,8)

Così, in questa tappa, siamo invitati a dare spazio alla Parola di Dio letta, meditata, pregata e amata, perché ci dia quell’energia dinamica capace di bonificare il terreno. È l’impegno di questa seconda settimana d’Avvento: dopo avere provato a trasformare la strada in terreno fertile, chi vuole potrà trovare nella parte successiva l’esercizio spirituale per rimuovere i massi.

 

Metodo

1) Scegliere in anticipo un giorno e un momento preciso nella settimana per vivere questo momento di preghiera. Fissarlo in agenda e difenderlo con tenacia da qualsiasi altro impegno. 

2) Decidere in anticipo dove lo vivrò: se in chiesa, in quale chiesa? Se a casa, in quale stanza, su quale tavolo? Se in ufficio o all’aperto, dove precisamente? 

3) Tenere un taccuino di appunti e una biro. Tutti i passaggi della meditazione, ma anche le preghiere, sono facilitati se scrivo i miei pensieri. Basta anche solo un appunto, non importa che la forma sia perfetta. Lo faccio solo per me. Non lo deve né leggere né vedere nessun altro. 

 

Ingresso nella preghiera

Tempo previsto 3′

Prima di tutto, faccio lentamente il Segno della Croce, poi dispongo il mio cuore alla preghiera, chiedendo la grazia di cui ho bisogno.

Aiutami, Gesù, a preparare il mio cuore, perché la grazia del Natale sia significativa per me. Ti chiedo che questo momento di preghiera sia come un bagno, e che ne esca purificato/a dalle distrazioni, dalle frenesie e dalle preoccupazioni. Fa’ che lo Spirito mi guidi a celebrare con gioia la festa di Natale.

 

Meditazione

Tempo previsto 20′

Ora, meditiamo il testo.

PRIMO. Stiamo leggendo l’inizio del Vangelo. Marco è stato il primo vangelo ad essere scritto, quindi stiamo leggendo l’inizio di tutti i vangeli, anche se poi sono stati sistemati con un ordine diverso. Siamo riportati adunque al primo incontro con questo grande dono del Vangelo.

Medito: che emozione mi suscita la consapevolezza di essere riportati a questo incontro decisivo con l’annuncio della buona notizia di Gesù? Quando l’ho ascoltata per la prima volta, e da chi? Quando invece ho sentito che diventava importante, decisivo nella mia vita?

SECONDO. Giovanni Battista viene presentato come la voce del profeta Isaia che annunciava la consolazione per la fine dell’Esilio di Babilonia. Ora, il motivo della consolazione testimoniata da Giovanni è l’incontro imminente con Gesù. Dobbiamo pensare a un incontro molto concreto, fisico. Nella sequenza iniziale del Vangelo secondo Marco, Gesù entra in scena e si rivela pubblicamente per la prima volta.

Medito: quali motivi di consolazione ci sono nella mia vita? Li elenco tutti, preferibilmente su un quaderno o un foglio di carta.

TERZO. L’annuncio di Giovanni, però passa attraverso la richiesta di un impegno di conversione. Un “battesimo”, nel senso che uno/a ci si deve impegnare completamente.

Medito: che cosa significa per me, concretamente e pensando solo a queste tre settimane che rimangono prima del Natale, impegnarmi davvero a preparare l’incontro con Gesù? Provo a individuare una cosa, solo una, che desidero migliorare, in cui provare a mettere più attenzione, cura e impegno.

QUARTO. Giovanni dice che dopo di lui viene qualcuno di molto più importante, così sollecita la nostra attesa. Lui si riferisce alla presenza di Gesù che inizia il suo ministero pubblico, per noi in questo tempo significa prepararci al memoriale della nascita di Gesù, nella celebrazione del Natale.

Medito: chi è Gesù per me? Che sentimenti ho nei suoi confronti?

 

Preghiera

Tempo previsto 3′

Ora provo a raccogliere gli spunti che ho meditato e a trasformarli in preghiera. Dev’essere una preghiera semplice, con le mie parole, rivolta a Gesù. Potrebbe essere (ma solo come esempio):

Gesù, mi ha emozionato ritornare all’inizio del Vangelo. È come ripercorrere l’inizio di una storia d’amore. Ti ringrazio perché anche in mezzo alle preoccupazioni di questi giorni ho tanti motivi di consolazione… […]. Mi propongo di impegnarmi di più… […], per essere attento a vivere la festa con consapevolezza e intensità spirituale. Non vedo l’ora che sia Natale: sostare davanti alla tua natività suscita in me il desiderio di amare di più.

 

Contemplazione

Tempo previsto 2′

Infine, contemplo.

Scelgo una parola, una sola, che riassuma il contenuto della mia preghiera; potrebbe essere: speranza, o consolazione, o Vangelo, o Gesù. Prima di uscire dalla preghiera, mi siedo comodo, metto la schiena dritta, chiudo gli occhi e respiro lentamente. Mentre respiro, ripeto lentamente, al ritmo del mio respiro la parola che ho scelto. Faccio questo per 2 minuti o finché me lo sento. Non devo fare altro.

Al termine mi faccio lentamente il Segno della Croce ed esco dalla preghiera.




A scuola

Sono esattamente sei anni che siamo insieme nella nostra parrocchia.

Voi c’eravate anche prima, io sono arrivato come un neofita che doveva imparare tutto, uno che andava all’asilo dei parroci, insomma. Adesso mi sento uno scolaretto che ha comprato l’astuccio nuovo, il diario per i compiti e lo zainetto ed è finalmente pronto per iniziare la scuola.

Non è falsa modestia e la percepisco come un’immagine bella: se penso a come sono cambiato e quanto ho imparato in diciassette anni che sono prete e sei che sono parroco, vedo nitidamente che – se il Signore mi darà giorni – ci sarà ancora tantissimo da imparare.

Non so esattamente quali siano gli strumenti di oggi, ma ricordando i libri di testo che c’erano quando andavo a scuola io a sei anni, associo i giovani ai sussidiari di una volta (testi agili, pieni di sorprese e tutti da scoprire), gli adulti ai grossi dizionari in cui trovavi tutto (e guai a dimenticarli!) e, infine, i maestri a quei preti alla don Valeriano, o in generale a quei saggi da cui puoi imparare ogni cosa.

E poi sento che, quando “esco da scuola” c’è la Parola di Dio: il vigile gentile, ma anche un po’ severo, che aiuta i bambini ad “attraversare la strada” per “tornare a casa”.

“Chi ha orecchi per intendere, intenda!” avrebbe detto Gesù, che però sapeva raccontare le parabole meglio di me.

Quello che voglio dire è che vivo questo tempo realmente con la percezione di essere davanti al mistero delle persone; invece, in una presunzione benevola e allo stesso tempo ingenua, in anni passati avevo pensato che la pastorale potesse essere una scienza esatta, che con determinati strumenti e un metodo potesse ottenere precisi obiettivi. Ma non è così.

Questa sì è la prima lezione che posso dire di avere imparato, come la prima lettera dell’alfabeto, quando si disegnava la A su un foglio insieme a un’ape cicciotta e colorata!

La pastorale è l’atteggiamento del pastore – di tutti i pastori – che mette ogni cura per stare in presenza della vita delle persone: vita che è piena di meraviglie e di tempeste, sempre sacra e nel fascio di luce dell’amore di Dio. Si tratta di essere vigilanti, come insegna il Vangelo di questa Prima Domenica d’Avvento, per cogliere quegli istanti incantevoli in cui l’esistenza degli uomini e delle donne che hai avuto il dono di incontrare si manifesta nella sua essenza, come una trasfigurazione: quando si giunge a un momento di verità; quando arriva una chiarificazione; quando il desiderio di bene diventa riconoscibile e la scelta di amare un atteggiamento concreto; quando – ancora – ci si apre qui sulla terra al mistero di Dio. L’elenco potrebbe essere lungo. In quegli istanti il pastore si fa come un vaso, accoglie, raccoglie, custodisce, incoraggia, benedice e restituisce nella lode al Signore.

Ho la grazia di festeggiare la memoria di questo inizio con voi, tutti gli anni, nella Prima Domenica d’Avvento.

Nella prima lettura, c’è una meditazione sulla storia del popolo di Israele, da cui si leva un grido accorato e quasi incontrollato: “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. C’è bisogno di questo incontro con Dio, che sta nel registro delle sorprese! Poi Paolo, nella seconda lettura, ringrazia per l’esperienza cristiana dei Corinti, esperienza tutt’altro che perfetta, eppure l’apostolo si ferma sulla soglia della contemplazione di quello che sta accadendo a quei cristiani, delle molte trasformazioni in atto. Infinte, nel vangelo, l’invito ad essere vigilanti, a cogliere la traccia improvvisa della presenza di Dio.

Sapete, io sono uno che ha sempre avuto una certa predilezione per gli inizi ufficiali, per quegli appuntamenti o tappe che scandiscono in modo preciso un percorso. In questi mesi di pandemia, ho capito che una delle cose più belle che ho è l’appuntamento di celebrare le feste con la comunità. Ancora di più dopo la Pasqua di quest’anno, in cui non ci siamo potuti incontrare, marco questo nuovo inizio con il grande desiderio di celebrare questo Natale con voi.

Don Davide




Aprirò anche nel deserto una strada

Irrigare l’aridità

Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. […] Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. (4,3.15)

Una delle prime promesse di Dio, che risuonano nel Tempo d’Avvento, è quella di ricondurre gli esiliati, di aprire percorsi necessari e nuovi.

Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti. […] Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. (Is 43,16.19)

In tutti noi c’è una parte più esposta a farci strappare il buon seme. Vuol dire, prima di tutto, che c’è molto di buono in ciascuno di noi. Il seme cade in uguale quantità sulla strada, come sul terreno buono. Abbiamo la possibilità di esserne consapevoli e di non lasciarcelo portare via dal Nemico. Non dobbiamo spaventarci. La partita non è fra noi e il Nemico e basta. Nella nostra squadra gioca un fuoriclasse, Dio, che fa la differenza.

Come ha aperto nel Mar Rosso la strada a Israele, per strapparlo dalla schiavitù, così anche oggi apre nel deserto una strada. Non è, però, una strada arida come quella della parabola. “Aprire una strada nel deserto” come dice il seguito del versetto di Isaia, significa in realtà irrigare quel terreno, renderlo fertile e attraversabile, tale da offrire il sostentamento e refrigerio durante il percorso.

In questa prima settimana d’Avvento, dunque, lasciamo che il Signore irrighi la nostra strada per trasformarla in terreno fertile. Possiamo fare concretamente questo esercizio:

1) Vado in chiesa 5 minuti per fare questo esercizio.

2) Lo posso fare una volta nella settimana o una volta al giorno o secondo il ritmo che preferisco.

3) Individuo due o tre peccati, debolezze o aridità che sento in questo periodo.

4) Ripeto questa frase: Padre buono, sento in me questo peccato/questa debolezza/questa aridità: me ne dispiaccio, ma non voglio intristirmi. Lascio che la bagni la tua misericordia.

5) La ripeto qualche volta, con calma, identica, finché non è scesa profondamente nel mio animo.

6) Concludo l’esercizio con questa semplice preghiera: Rendimi terreno fertile, Signore Gesù.




L’Avvento e il seminatore

Quattro terreni e quattro settimane 

Ci accostiamo all’Avvento, nell’anno in cui meditiamo sulla parabola del seminatore (Mc 4,1-20) e in questo periodo della pandemia che sembra volere erodere il senso delle feste natalizie. 

Abbiamo più che mai bisogno di una parola che venga seminata nei nostri cuori, per infondere in essi chiarezza e speranza, la virtù regina del Tempo di Avvento. 

Quattro sono le settimane dell’Avvento, come i terreni in cui viene seminata la parola. Percorriamo, allora, un itinerario spirituale per arrivare al frutto pieno: la Parola incarnata nella vita del mondo e pienamente accolta nel terreno del nostro cuore.  

Nel prossimo mese, tutte le settimane che precedono ogni domenica d’Avvento, troverete sul sito un’indicazione e un piccolo esercizio spirituale per trasformare ciascuno dei terreni della parabola del seminatore, terreni che sono, in realtà, nel nostro cuore. Ognuno potrà scegliere di fare questo esercizio spirituale nella settimana prima o dopo la domenica di riferimento, a seconda se preferisce prepararsi alla domenica, o avere un aiuto per vivere il cammino dell’Avvento in corso. 

La notte di Natale, così, potremo forse raccogliere un frutto tanto desiderato, eppure sorprendente e davvero inaspettato.




Le sentinelle e il Bambino

C’è qualcosa di più bello della Corona dell’Avvento?

Non penso che, nella sua semplicità, ci sia effettivamente qualcosa di più suggestivo, capace di decorare e allo stesso tempo di richiamare al significato profondo della grande festa del Natale.

Della Corona ne esistono tantissime versioni; quella come la nostra in chiesa, con le quattro candele colorate: viola, rossa, rosa e verde; oppure quella con tutte le candele viola, o tutte rosse, o anche quella con la quinta candela – bianca – al centro. Attorno sempreverdi, o il vischio, o decorazioni a piacere. In chiesa accanto all’altare, come centro tavola, nelle camerette dei bimbi o addirittura nelle vetrine dei negozi… la Corona dell’Avvento è l’ospite attesa e gradita che non manca mai, appena ci si prepara al Natale.

Quando lo sguardo si posa si di essa, subito i significati si svelano.

Quattro candele incoronate: quattro candele regine, perché con la loro umile fiamma cominciano a rischiarare il buio. Esse sono timido, ma tenace presagio del Bambinello, che – improvvisa – farà sfolgorare una luce fortissima. Quel bagliore, però, non ci accecherà come quando qualcuno accende la luce di sorpresa al risveglio, perché i nostri occhi – soprattutto quelli dello spirito – si saranno già abituati a fissare la luce delle quattro sentinelle.

Cosa ci dicono, silenziosamente, queste sentinelle regine? Oggi, nella terza domenica d’Avvento lo possiamo capire, perché risuona nitidamente: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi!” (Is 35,4).

Ogni candela che si accende è un piccolo incoraggiamento, come quando un papà in montagna dice alla sua piccola bimba: “Siamo quasi arrivati…”, anche quando si è appena partiti. Non importa. Quello che conta è l’incoraggiamento per fare tutta la strada, e quando dopo l’ultimo tornante si intravede il rifugio, ancora risuona la voce: “Coraggio, vedi, siamo quasi arrivati!”.

Non a caso la seconda lettura ci invita ad avere costanza… nella speranza, come l’agricoltore che aspetta che la terra produca il frutto. Il versetto più bello di tutto l’Avvento, infatti, dice proprio così: “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere il Giusto. Si apra la terra e germogli il Salvatore” (cf Is 45,8).

Così la nostra Corona d’Avvento è come un fiore luminoso e quando tutte le quattro candele saranno accese, germoglierà presto il Salvatore.

Non c’è dubbio che attendiamo lui, e non c’è possibilità di confondersi. Nessun usurpatore si sognerebbe mai di venire nei panni di un bimbo e di invitarci a disporci… attraverso la piccolezza. Qualunque re importuno vorrebbe magnificenza e gloria, fasto e onori, ma non questo bambino re. Lui trova che siano ottime messaggere le sue sentinelle regine: un po’ di luce, colori che ci ravvivano, il verde della speranza. Tutto facendoci piccoli piccoli, umili, semplificati, senza pretese e senza preoccupazioni, perché in questo regno sorprendente, il più piccolo è considerato grande.

 

Don Davide




La Parola di Dio che si fa carne

La dimensione spirituale, nella vita cristiana, viene spesso descritta da un’esperienza fisica. Si parla della sete, della fame, della fatica, della lotta… Lo Spirito, infatti, non è un fantasma svolazzante, né qualcosa di semplicemente invisibile… Lo Spirito è la forza di Dio Padre, che rende la presenza del suo Figlio in mezzo a noi tangibile, reale.  

Così, la Parola di Dio che si è fatta carne nella storia, vuole farsi carne nella nostra vita. 

Il tempo dell’Avvento è il tempo di questa gestazione. Un tempo di ascolto rinnovato della Parola di Dio scritta; quella raccolta nelle Sacre Scritture, che sono pagine da leggere, da amare e da custodire. Una parola che Dio ci vuole rivolgere personalmente, quindi da meditare nel silenzio, con il proprio metodo e la propria sensibilità. 

In Avvento cerchiamo un rifugio dalla dispersione: al mattino quando i termosifoni non hanno ancora scaldato pienamente la casa, o alla sera nell’atmosfera ovattata delle luci di Natale, mettiamo gli occhi su quelle parole – possono essere il Vangelo del giorno, o un testo dei profeti – parole umanissime, eppure divine, e lasciamo che venga plasmata in noi la stessa umanità di Gesù. 




Avvento: adorare Dio in spirito e verità

Nel dialogo tra Gesù e la donna samaritana, che ispira l’anno pastorale della Chiesa bolognese, c’è lo scambio famoso in cui Gesù invita ad adorare Dio in spirito e verità.

Questo insegnamento cruciale, può ispirare anche il cammino dell’Avvento.

Adorare Dio

Ci prepariamo alla fesa dell’Incarnazione, caratterizzata da una dimensione umana intensissima: la nascita di un bambino, un’affettuosa scena familiare, la tenerezza, gli affetti più cari, la vicinanza. Nelle dimensioni più umane e proprio attraverso di esse, siamo spinti a riscoprire l’adorazione di Dio. L’Avvento è un tempo umano che ci fa adorare Dio.

Forse, addirittura di più che in Quaresima (in cui l’impegno alla conversione alcune volte ci spinge erroneamente a essere troppo concentrati su noi stessi), in Avvento possiamo esercitarci a orientare l’attenzione su Dio. Lo facciamo fissando un bambino e degli uomini, una stella… e… più in “alto”… Dio. Anche se “il più alto dei cieli” in realtà è proprio sceso qui sulla Terra, nella nostra umanità.

In spirito

Lo spirito richiama la dimensione di un’interiorità bella. In questo tempo di Avvento adoriamo Dio, attraverso lo splendore di cose umanissime, e lo facciamo riscoprendo l’importanza di una sorgente interiore, che significa sosta, raccoglimento e riflessione.

L’invito a prepararci al Natale “in spirito” può essere un argine alla nostra dissipazione e bulimia di cose da fare, che si riflette anche nella pastorale. Nonostante sembri impossibile, per il pensare comune, proprio in questi giorni possiamo vivere più quieti e sereni, più in contatto con noi stessi, assaporando la grazia di Dio che scintilla ovunque.

E in verità

La verità è un argine al nostro eccessivo protagonismo e individualismo. Adorare Dio in spirito e in verità, significa riconoscere che c’è un cammino che non riguarda solo noi, ma che è condiviso e ha dei tratti oggettivi. I più sensibili si preoccupano di prepararsi dignitosamente alla grande festa, ma la Chiesa, nella sua saggezza, offre percorso valido ed efficace per tutti.

La liturgia dell’Avvento, probabilmente meglio che tutti gli altri tempi forti dell’anno, ci aiuta ad avvicinarci al Natale disponendo il cuore e aprendo i pensieri, ci prende per mano e ci fa compiere un itinerario verso la luce.

Don Davide




Avvento

Candele dell'Avvento 2018Tra i tempi liturgici che celebriamo lungo l’anno, l’Avvento è quello che ha iniziato ad esistere per ultimo.

I cristiani, all’inizio, cominciarono a riunirsi alla domenica per celebrare e condividere la fede in Gesù morto e risorto attraverso l’Eucaristia. Poi, iniziarono a celebrare una volta all’anno l’anniversario della morte e risurrezione con la festa della Pasqua.

Organizzarono, successivamente, la Settimana Santa e un tempo per celebrare con maggior ampiezza, la vita nuova di Cristo risorto: il tempo pasquale e un tempo di preparazione: la Quaresima.

Nell’anno 354 appare indicata per la prima volta come festa il 25 dicembre, che coincideva con la festa romana del “giorno del Sole” (la festa dei giorni che iniziano ad allungarsi), una festa che commemorava la nascita di Gesù e da qui nacque l’Avvento per il desiderio di prepararne la celebrazione.

L’Avvento è quindi il tempo liturgico di preparazione al Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.

Il tempo di Avvento comprende quattro domeniche: nella prima si contempla la gloriosa manifestazione del Salvatore alla fine dei tempi; nella seconda la persona e la predicazione di Giovanni Battista; nella terza, chiamata anche “domenica della gioia”, l’attenzione è ancora sul ministero del Battista. La quarta domenica di Avvento, ripropone gli eventi che precedettero immediatamente la Nascita di Cristo: contempliamo Maria, la Madre di Dio che porta al mondo il figlio suo, come anche Giuseppe, suo sposo.

La comunità parrocchiale è invitata a scandire queste quattro settimane meditando una parola ispirata all’Enciclica Laudato si’ di papa Francesco, mentre i ragazzi del catechismo faranno un percorso su altrettante parole, analoghe, che evocano l’ambientazione giocosa della cucina e lo slogan di prenderci gusto, secondo questo schema:

  ADULTI CATECHISMO
1 sett. SOLIDARIETA’ EUFORIA
2 sett. URGENZA MANI IN PASTA
3 sett. UGUAGLIANZA ATTESA
4 sett. PROFUMO SOBRIETA’

L’euforia del clima natalizio riverbera o dovrebbe riverberare la solidarietà di cui parla papa Francesco come via di fraternità e di nuova amicizia, che dovrebbe essere vissuta più facilmente proprio nel tempo di Natale.

L’urgenza ci richiama al bisogno di mettere le mani in pasta, di fare la nostra parte, di impegnarci nella storia di questo mondo, di non tirarci fuori.

L’attesa, tipica dell’avvicinamento alla festa di Natale, si esprime soprattutto come desiderio di uguaglianza. Attendiamo che tutti gli uomini siano uguali, che ci sia giustizia, diritti e pace per tutti e che tutti possano avere le stesse condizioni di bene per vivere la festa con le persone amate.

Infine, la nuova sobrietà che auspica papa Francesco ha esattamente il profumo di ciò che è buono, ed esprime la vita del mondo e di ogni uomo, come dovrebbe essere: qualcosa che non puzza, ma anzi, che profuma di buono!

Luciano e Isabella Bocchi

I catechisti e don Davide




Avvento 2018

Avvento 2018

Tempo gioioso per l’attesa di un incontro

La parola “Avvento” significa “venuta”, “arrivo”, e nell’antichità, anche prima del cristianesimo, era utilizzata per indicare il grande evento costituito dall’arrivo in città di un sovrano o di una grande personalità, che richiedeva imponenti preparativi.

Aspettare è un’occasione per riflettere su di noi, su quello che stiamo facendo, su cosa è importante per compiere le scelte con calma, per apprendere dalle esperienze della vita, per trovare le giuste priorità.

Nell’epoca del tutto e subito la possibilità di predisporci all’incontro col Dio che viene, col Dio che viene a salvarci, può apparire non più significativa. L’Avvento rischia di non essere più compreso.

Nell’Avvento prepariamo la celebrazione della venuta in mezzo a noi di Gesù, il Messia di Dio. Non come se non lo conoscessimo, come se fingessimo che ancora non è nato: sappiamo che è nato duemila anni fa, che ha vissuto la nostra stessa vita, che ci ha amato fino alla morte di croce, che è risorto. Preparare la festa della sua nascita diventa un’occasione per rivivere un atteggiamento di fede e di attesa della salvezza che lui viene a portarci.

È un’occasione per preparare la nostra vita così che Lui possa continuare a venire in noi: attraverso l’Eucaristia, la sua Parola, i sacramenti. Attraverso i nostri cari, i conoscenti, gli emarginati, i malati, i poveri, gli avvenimenti della nostra vita.

Arrivati al 25 dicembre potremo dire “adesso è Natale”, non perché mangiamo un panettone come diceva una pubblicità di qualche tempo fa, ma perché abbiamo incontrato il Signore della vita, colui che solo può dare sapore e significato alla nostra vita.

Don Davide