Gratuità e gratitudine
Fin da quando ho avuto chiarezza di averlo incontrato la prima volta, ho atteso il ritorno del Signore: non un evento cosmico o pirotecnico, ma il suo farsi di nuovo così vivo e presente nella mia vita.
Mi sono chiesto più volte dove e quando l’ho incontrato veramente:
se in un’esperienza specifica, o in un itinerario. Facendo memoria vedo molte situazioni in cui posso dire: “lì c’era il Signore”, ma so che in quel momento non me ne rendevo conto, se non in casi rari; è stato quando ci ho ripensato che ho potuto riconoscere la sua presenza. Ugualmente ci sono state esperienze prolungate nel tempo, nelle quali solo dopo ho apprezzato con chiarezza quanto il Signore mi abbia guidato e seguito.
Ad ogni “presenza”, quindi, è cresciuta la nostalgia per il suo “ritorno”, cioè per un nuovo incontro con lui, che spero mi colga più consapevole e attento.
Oggi, quindi, in questo anniversario dei miei dieci anni qui nella nostra comunità, che coincide sempre con la prima domenica di Avvento, esprimo questo desiderio che Gesù “torni” per ciascuno e ciascuna di voi, ossia che ci possa essere un incontro sempre nuovo e sempre più vivo con lui. So che il mio ministero come parroco è al servizio di questo compito: che si possa fare come singoli e come comunità esperienza del Signore risorto, come Maria Maddalena, come Paolo, come tante e tanti testimoni che ce l’hanno trasmesso.
Gesù è il motivo della nostra fede.
È lui la ragione bella del nostro credere, la sorgente positiva della nostra esistenza, la direzione libera del nostro vivere.
In questi anni io riconosco che il Signore è “tornato” tante volte, anzi, non se n’è mai andato. Per me questi dieci anni sono stati davvero un dono suo e adesso, se penso alle persone che ho incontrato, credo che in ciascuna mi sia venuto incontro lui.
Ma ho una preoccupazione.
Sono ben consapevole quanto è preziosa la vostra presenza nella comunità, la vostra preghiera, la testimonianza della vostra vita. Vorrei trasmettervi che mi accorgo delle cose, e anche se qualche volta sono magari poco attento, più frettoloso e distratto, questo non è sintomo di trascuratezza, ma solo della normale fatica del vivere, che ovviamente sperimento anch’io.
Mi preme che sia chiara la mia riconoscenza nei confronti di ciascuno e ciascuna di voi:
so che non fate quello che fate per me o per qualsiasi parroco, ma per il Signore e per la Chiesa, come è giusto che sia. Quindi non voglio sminuire la vostra gratuità. Ci tengo però a dire esplicitamente che la presenza in mezzo a voi mi ha edificato, spero educato e migliorato, sicuramente tante volte consolato. Voglio che sentiate che il mio grazie c’è, è sincero e vorrebbe colmare il divario, non per “sdebitarmi”, ma per essere sicuro che conosciate il mio affetto.
Per metà del tempo che sono stato qui, la Chiesa in comunione con papa Francesco ci ha chiesto di riscoprire la “sinodalità”, il camminare insieme. Il giorno del mio ingresso in parrocchia, nell’omelia – spaventato per il compito che mi attendeva e per una chiesa (di mattoni) che sembrava troppo grande e bella per il sottoscritto – usai proprio questa parola: “insieme”, con l’auspicio che insieme ci saremmo aiutati in tutti i passaggi da fare. Per il grande dono della liturgia, che ha il potere di trasformare le parole in vita, quell’augurio che facevo soprattutto a me stesso si è realizzato e conserva intatto, dopo dieci anni, tutto il suo valore. Per me è molto bello saperlo, perché mi fa sentire ancora l’entusiasmo degli inizi.
Don Davide