Uno dei tratti belli dei racconti biblici è il fatto che non fissano la realtà in formule semplici, ma ne colgono la complessità e varietà.
L’esperienza di Dio può avvenire in una brezza leggera, come per il profeta Elia nella prima lettura, o nella situazione di un vento forte, tanto da intimorire pescatori esperti, come nell’episodio evangelico.
Elia, dopo una vita spesa come profeta autentico ed estremamente autorevole, e dopo prodigi clamorosi che lo avrebbero dovuto qualificare come uomo di Dio senza alcun dubbio, vive l’appuntamento decisivo dell’ascolto della voce del Signore in un momento di raccoglimento e in un’esperienza silenziosa, quasi impercettibile.
Egli aveva già vissuto l’incontro con Dio, quando ne aveva udito la chiamata profetica e aveva risposto, ed era stato il suo testimone più volte nei confronti del re. Ma ecco, verso la fine della sua vita si realizza l’esperienza più importante di tutte.
È come un sigillo sulla sua “carriera”, la conferma che nonostante le difficoltà aumentino invece che diminuire (in questo momento è in fuga dalla regina Gezabele), ha seguito la strada giusta. Questa voce che arriva dopo una vita di imprese ed eventi grandiosi, paragonabili a un grande trambusto che non lo ha mai lasciato in pace, ora si fa percepire così leggera e delicata, ed è simbolo di un’esperienza intima, di quelle che toccano le sorgenti della nostra esistenza, in grado di cambiare il cuore. Come quando ti accorgi di essere autenticamente innamorato, o ti persuadi nel profondo che una particolare strada è quella giusta da seguire.
È una sensazione che non tutti hanno la fortuna di potere descrivere: senti che una pace molto profonda rilassa i muscoli del corpo, sparisce ogni paura e, al contrario, guardi al futuro con determinazione e coraggio.
Qualcosa di simile, ma molto più ricco e variegato, deve avere vissuto il profeta Elia.
Per i discepoli, invece, è tutto il contrario. Essi sono spaventati dal vento forte e contrario, loro che sono pescatori esperti! Temono di vedere un fantasma, perché assistono a qualcosa di inaudito: un uomo che cammina su acque in tempesta, acque – quelle del Lago di Tiberiade – profondissime.
I discepoli sono persone che devono ancora imparare tutto al seguito del Maestro. Hanno bisogno che la loro fede nasca e venga confermata. La loro esperienza è forte e sconvolgente, tanto da plasmare i loro punti di riferimento e ridefinirli.
Quando torneranno a riva non saranno più gli stessi e non potranno più negare di avere intuito chi fosse veramente Gesù. Infatti, non c’è bisogno di capire tutto: spesso è sufficiente intuire semplicemente chi sia veramente Gesù. È già abbastanza dirompente, per mettersi in cammino a cercarlo ancora e più autenticamente.
Sono entrambe esperienze di Dio.
Alcune volte Dio ci si fa incontro in maniera potente, come quando interviene per farsi conoscere nella vita degli adolescenti ai campi o durante un’esperienza di volontariato. Altre volte, nel silenzio di una preghiera feriale, conferma il cammino di chi già lo ha conosciuto.
Molte volte, un’esperienza forte e potente, è l’inizio che conduce a quella più intima, ma non meno incisiva. Si vorrebbe che il Signore si facesse conoscere ancora in maniera clamorosa, che risolvesse di un colpo le nostre fatiche, i nostri indugi, e la smemoratezza di quel primo momento di folgorazione. Invece lui semina più intimamente, finché il semino non pianti radici meno spettacolari, ma non meno efficaci e importanti.
La voce di Dio può essere delicata o potente, può irrompere senza chiedere il permesso o agire solo toccando la nostra libertà. L’importante è essere in ascolto di questa voce, sapere che si può nascondere ovunque e può essere portata da ogni cosa, perché Dio ci vuole sempre raggiungere, nel posto dove siamo, per aiutarci a fare proprio il passo di cui abbiamo bisogno.
Don Davide