La solennità della SS. Trinità ci ricorda innanzitutto la vicinanza di Dio (Deuteronomio, I lettura). Dio non “era” solo. Lui è un’esistenza di comunione e di relazione: non aveva bisogno di creare il mondo, né tantomeno di scegliere un popolo con cui iniziare una storia.
Invece Dio ha scelto, con una decisione eterna, di espandere il suo amore e coinvolgere tutta la creazione in questo amore, e di scegliere un popolo per fare sentire piano piano a tutta l’umanità la sua vicinanza.
Lo Spirito Santo è la realtà di questa presenza di Dio in mezzo a noi, prima discreta e ora, nel tempo della Chiesa, manifesta.
Gesù risorto invia i suoi discepoli a battezzare e a coinvolgere nell’esperienza della fede tutti gli uomini, incaricandoli di farlo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, cioè nel “nome” della Trinità.
Il “nome”, nella cultura ebraica, indica l’identità nel senso più profondo che si possa immaginare: esprime l’essere profondo di una persona, le sue caratteristiche, la sua natura, la sua capacità e il suo modo specifico di relazionarsi.
L’invito di Gesù, quindi, è un mandato a coinvolgere tutti gli uomini in questa comunione di amore e con lo stile di questa comunione. Non si tratta di una conquista, né di un allargare le fila della chiesa… ma di un testimoniare la Chiesa per quella che è realmente, ossia una comunità modellata dall’amore di Dio e che lo esprime fedelmente: una comunità che fa spazio al diverso, come il Dio Trinità; una comunità che coinvolge nell’amore chi ne è escluso, come il Dio Trinità; una comunità che, come il Dio Trinità, pazientemente si mette accanto agli uomini e alle donne, e cammina con loro, anche mille anni, per educarli a lasciarsi coinvolgere in questa gioia.
La solennità della Trinità, non è dunque una festa di concetti metafisici complessi e di distinzioni sottili, ma è la festa che invita ogni piccola comunità che costruisce la chiesa a realizzarsi in uno scambio di amore e di amicizia, e a condividere questa gioia con tutti.
Don Davide