In molte tradizioni liturgiche, specialmente in quella Cattolica Romana, all’interno della celebrazione del Venerdì Santo si fa anche la Comunione, vista come momento in cui accogliamo devotamente il Signore, unendoci alla sua morte attraverso la presenza di Gesù nell’Eucarestia in stato di vittima. Personalmente, non sono convintissimo di questa interpretazione, perché la Comunione è sempre legata alla celebrazione integrale dell’Eucaristia, in quanto trova in tutto lo sviluppo della celebrazione il suo senso pieno. Anche quando viene portata ai malati fuori dalla messa, è sempre legata alla celebrazione domenicale di tutta la comunità. Pertanto non mi sembra perfettamente coerente con il ritmo “diverso” del Triduo Pasquale; inoltre, penso che viviamo meglio il significato del Triduo stesso, se cogliamo il ponte tra la celebrazione del Giovedì e quella della Veglia Pasquale, attraverso la sosta nella contemplazione della Croce e la pausa silenziosa di fronte al sepolcro. In questo modo, siamo spinti ad attendere trepidanti la portata della celebrazione della Grande Veglia Pasquale, come una esplosione di grazia che ci raggiunge.
Dalla Celebrazione della Passione del Signore, per tutto il Sabato Santo, in chiesa troneggia la Croce. In questo lasso di tempo, i fedeli devoti che vengono a pregare sono invitati a fare la genuflessione davanti alla Croce, proprio perché essa è il segno concreto della morte di Gesù che contempliamo e meditiamo.
Il Sabato Santo è un giorno di silenzio, in cui tutta la chiesa sosta, quasi trattenendo il fiato.
In questo giorno non c’è alcuna celebrazione, solo la preghiera comunitaria della Liturgia delle Ore, nella quale si medita il significato misterioso della permanenza di Gesù negli inferi (ATTENZIONE: NON nell’Inferno!). L’Inferno è un concetto cristiano, mentre nel Sabato Santo si considera la discesa di Gesù in quello che in ebraico veniva chiamato lo “Sheol”, il “Luogo delle ombre”, il luogo dei morti, dove Gesù scende a riscattare tutti dai vincoli della morte. L’efficacia di Gesù, prima ancora che morale, è interpretata come oggettiva: Gesù scende nel luogo dove stanno i morti a sciogliere le catene della morte per ridonare la vita, questa è la grande idea di tutta la tradizione cristiana fin dall’inizio, sia in oriente che in occidente.
In questo silenzio, in questo buio che è rappresentato dal buio totale (anche in chiesa) che fa da contesto all’inizio della Veglia Pasquale, una luce squarcia le tenebre: è la luce realmente significata nella Cero Pasquale che viene acceso al fuoco nuovo, è la luce della Resurrezione di Cristo.
Don Davide