Benedire
Veniamo dalle celebrazioni di S. Valentino – nella settimana appena conclusa – che sono state un’occasione particolarmente ricca di incontri e di preghiera. Mi ha fatto riflettere la risposta sentita e molto partecipata alle varie celebrazioni, secondo le intenzioni di preghiera. In fondo – pensavo all’inizio – è “solo” un ricordo, una preghiera, una benedizione.
Poi la partecipazione accorata, piena di fede e di affidamento in questi momenti, mi ha fatto riscoprire e mi ha convinto una volta di più che la benedizione e la preghiera di intercessione sono dei gesti potentissimi, perché significano riconoscere la parola buona di Dio sulla vita di ognuno. Benedire significa affermare con piena convinzione davanti a ciascuno che la sua esistenza è una realtà sommamente buona, prima di tutto agli occhi di Dio, poi anche per i fratelli e sorelle che accettano di fare parte di questa benedizione e intercessione. Solo a partire da questa considerazione dell’esistenza di ciascuno, voluta e amata da Dio, anche la vita concreta potrà edificarsi nel bene e, eventualmente, correggersi.
È una verità non scontata, che abbiamo bisogno di recuperare e di sentire confermata anche in una dimensione ecclesiale.
Benedire significa ripristinare un punto di partenza essenziale, quell’origine da cui sola può scaturire la conversione e ogni cammino spirituale: la certezza che la nostra vita è nel grembo fecondo dell’amore di Dio. Quanti uomini e donne, in questa settimana, hanno avuto bisogno di affidarsi a questa certezza! E che bello che sentissero il bisogno che fosse proprio la preghiera della Chiesa a dichiararlo!
Forse dovremmo riscoprire pastoralmente il tesoro di questa autorevolezza della Chiesa, che si può fare dono per chi ha più bisogno: per tutti i “beati” del Vangelo di oggi, che si riconoscono bisognosi e si affidano a Dio. Da qui potrà scaturire la catechesi, che corregge le forme più superstiziose, o la proposta di qualche cammino ecclesiale, per mettersi al servizio, ma non si può prescindere dal considerare una ricchezza l’atto di fede schietto con cui un fedele si accosta a Dio, per chiedere un’intercessione, per sentirsi benedetto.
La Parola di Dio
A partire da questo primo tesoro, oggi – questa domenica – viviamo la seconda tappa del Cammino pastorale dell’anno chiestoci dal vescovo: un momento di ascolto della Parola di Dio condiviso, in cui l’obiettivo primo è quello di generare la comunione e illuminare i nostri pensieri in forma ecclesiale. Dalla frequentazione della Parola di Dio, che speriamo sempre più abituale, scaturirà un sentire comune, un pensare in sintonia e il discernimento pastorale.
Il tema di oggi è: “L’ascolto della parola genera la conversione”, a partire dal primo annuncio del Vangelo che ha varcato i confini di Israele; quel magnifico primo semino, cioè, che ha segnato l’inizio della missione della Chiesa a tutti i popoli, la scintilla di quel processo che vede oggi la buona notizia diffusa nel mondo intero.
In questo, personalmente, mi sento in profonda sintonia con la sensibilità del vescovo, e spero che possiamo esserlo tutti. E cioè, che solo l’ascolto della Parola di Dio condiviso in modo semplice, ma pieno di fede, ci aiuterà ad uscire dai nostri modelli e dai nostri pensieri e progetti pastorali triti e ritriti, e ci aiuterà a convertirci personalmente e a discernere le forme e i modi della pastorale che lo Spirito ci chiama ad attuare, affinché anche oggi e per mezzo nostro possa essere accesa quella scintilla che fa arrivare il Vangelo proprio a tutti.
Non mancate!
Don Davide