Siamo ancora relativamente lontani da Pasqua, ma vorrei continuare a guardare alle celebrazioni di quei giorni, affinché la consapevolezza dei riti che andremo a celebrare ci aiuti a vivere tempo di Quaresima.
La Settimana Santa, chiamata Grande Settimana nella tradizione orientale, si apre con la Domenica della Passione di Gesù, più conosciuta come Domenica delle Palme. È l’unica domenica dell’anno liturgico in cui l’accento cade principalmente sulla contemplazione e la meditazione della passione e morte di Gesù, piuttosto che sulla sua resurrezione. L’idea – espressa qui in modo necessariamente semplificato – è che chi non partecipa alle celebrazioni del Triduo Pasquale, celebra la passione e morte di Gesù nella Domenica delle Palme e la sua resurrezione nella Domenica di Pasqua, in modo da vivere la celebrazione unitaria del mistero pasquale, che comprende la passione, morte e resurrezione di Gesù.
Questo, in realtà, avviene ad ogni messa: «Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione»; ma nelle due domeniche che includono la Settimana Santa in modo più evidente, e ancora di più nel Triduo Pasquale in cui, dopo il “Preludio” del Giovedì Santo, il ritmo della celebrazione diventa addirittura cronologico, scandendo giorno per giorno gli eventi.
Per questo, le celebrazioni della Settimana Santa hanno sempre una duplice connotazione. Da una parte sono giorni in cui si ricordano gli eventi dolorosi della passione e morte di Gesù, dall’altra sono giorni in cui celebriamo con grande entusiasmo (e persino gioia!), l’amore talmente grande e incondizionato di Gesù che ha dato la vita per noi e ci ha dato la vita attraverso la sua resurrezione.
Così la Domenica delle Palme ha sia il carattere festoso dei giorni della salvezza, sia il carattere di meditazione e di ascolto attento del racconto della Passione di Gesù, attraverso la lunga lettura dei Vangeli della Passione.
Il bel gesto della benedizione degli ulivi, con la conseguente processione, è il segno della nostra disponibilità ad accompagnare Gesù in questa settimana. L’ulivo benedetto è un gesto liturgico: indica che nella preghiera condivisa con il popolo di Dio, noi chiediamo la grazia di fare quello che nemmeno i discepoli furono capaci di fare: cioè seguire Gesù fin sotto la croce e poi essere resi partecipi della sua resurrezione. L’ulivo benedetto, quindi, non è un portafortuna, non “porta bene”, e considerarlo un talismano è un modo di profanarlo. Prenderlo al di fuori della celebrazione non conta niente: è come andare in un parco e strappare un ramoscello da un albero. L’ulivo benedetto, invece, può diventare un gesto di comunione, di riconciliazione e di pace, quando chi ha partecipato alla celebrazione ne porta un po’ a chi non ha potuto venire.
Per quanto riguarda la lettura della Passione, la liturgia prevede che ci possa essere molta partecipazione dei fedeli, e che le parti possano essere divise fra molti lettori, per riproporre l’intensità di quei momenti e la forza di quei racconti. La lettura “drammatizzata” diventa così una lettura “liturgica” e ci dice che siamo tutti invitati a entrare nello scenario di quei giorni in cui Gesù ci ha donato la vita.
Don Davide