Abbeverarsi, in cima
“Tutti siamo stati dissetati a un solo Spirito” (1Cor 12,13).
Siamo arrivati in cima. L’ascensione è stata bella, ma faticosa (chiedetelo a chi ha riportato la B.V. di S. Luca al santuario, in un torrido e improvviso pomeriggio estivo dopo giorni di freddo e di pioggia!).
Come la Pentecoste è la pienezza della Pasqua, perché lo Spirito rendere sempre presente il Risorto, così raggiungere la meta di una gita dà un senso di compiutezza, anche se rimane tutto il ritorno!
Riposo
Ora, però, è il momento di mangiare e di dissetarsi.
Non importa se durante il cammino abbiamo finito l’acqua: c’è una fonte, a cui riempire le nostre borracce.
È acqua di sorgente, fresca, perfetta per accompagnare un buon panino, un frutto e un dolcetto.
Tutti sanno, in realtà, che quando arrivi al traguardo di un bel sentiero, quello che ti ristora veramente è la vista del panorama aperto, la policromia della roccia, dei prati e dei laghetti.
Eravamo idealmente rimasti al Rifugio Locatelli… perciò attingiamo forza ed entusiasmo dalla maestosità delle Tre Cime di Lavaredo.
Le Tre Cime come la Santissima Trinità, spero che mi perdonino i teologi…
ma lo scrive anche Paolo nella Lettera ai Romani: l’amore di Dio viene versato nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci è stato dato, grazie a Gesù (cf. Rm 5).
Ritorno
Nei momenti in cui ti senti rincuorato dallo Spirito, ti verrebbe voglia di fermarti in quel calore, di goderti tutta quella pace. Ma i discepoli avevano imparato la lezione sul Tabor. E ora dal Cenacolo, vengono spinti fuori, come quando, dopo il riposo, ti senti ricaricato di energie e sei pronto a scendere a valle e a completare il tuo itinerario.
Non c’è in gioco solo una gita, ma il terminare un’impresa.
Ci sono ancora molti e nuovi paesaggi da contemplare. Gli itinerari belli, sono quelli che ritornano “per un’altra strada” come i Re Magi.
Ho ancora negli occhi, scendendo dal famigerato anello delle Tre Cime, un tappeto di prati irrigati da piccoli ruscelletti, una copia del Paradiso Terrestre – o forse l’originale? – ricamato da una miriade di fiori bianchi e lievi come piccoli batufoli di cotone. Mi fecero pensare alla manna nel deserto: doveva proprio essere così!
Ogni ritorno è caratterizzato da un dono di forze che sostiene il cammino: può essere la meraviglia negli occhi, il cuore grato, una parola che ricevi e che ti accompagna, le gambe – anche quelle spirituali – che ormai vanno da sole o qualsiasi altro segno di bellezza.
Il ritorno è sempre segnato dalla gratitudine per il cammino alle spalle, e dal fatto che non cessano nuove scoperte.
Racconto
Infine, il racconto. Quando hai fatto un’esperienza così bella, non puoi fare a meno di condividerla. Qualcosa racconti, qualcosa rimane nel tuo intimo. Di un paesaggio puoi fare una descrizione, ma alcune emozioni sono come una cassaforte personale, perché non si possono tradurre a parole.
Così è la testimonianza dell’amore di Dio nello Spirito Santo. Non puoi tenerla con te, non per fare proseliti, ma perché semplicemente è impossibile non condividere tanta bellezza. Eppure, l’ampiezza, la profondità e la luce di quel paesaggio incantato, così come gli orizzonti molteplici definiti dalle catene montuose che si inseguono e sovrappongono, possono essere raccontate solo per approssimazione.
Così è anche l’esperienza spirituale.
Qual è la vastità e il miracolo dell’opera di Dio nella vita di una persona, magari di un giovane nei passaggi decisivi della sua esistenza? Che cosa accade, davvero, tra Dio e ciascuno di noi?
Raccontare è come scrivere la pagina della Pentecoste. E tuttavia, quello che è successo avrà sempre il “di più” che trabocca in ogni storia d’amore.
Don Davide