Avevo la tentazione di fare dei bilanci, poi ho pensato che sarebbe come se un bimbo che ha appena cominciato a camminare e a dire qualcosa volesse riflettere su cosa ha imparato dalla vita. No, lasciamo stare i bilanci. Due anni sono troppo pochi. Però è vero che ci sono stati dei primi passi, se vogliamo un po’ goffi, e delle prime parole, che magari vanno precisate.
Questo mi rincuora. Insieme a tutti voi abbiamo camminato e siamo riusciti a dire, almeno inizialmente, come vorremmo essere chiesa in questa via che percorriamo, uno accanto agli altri.
Poi rimane la sorpresa: sì, perché dopo il primo anno uno si guarda intorno e cerca di capire come sia girato; alla fine del secondo, invece, viene da dire: “Wow! Sono ancora vivo! E tutto sommato, sono ancora vivi anche i parrocchiani! Bene, buon risultato!”.
Con grande semplicità, ma sentita autenticità, perciò, ringrazio per questi due anni insieme: per la pazienza di chi l’ha portata e l’entusiasmo che mi ha sostenuto. Desidero continuare il nostro cammino di vita ancora più obbedienti alla Parola di Dio che ci guida, con il desiderio di celebrare le sue lodi e la sua gloria con maggiore passione, con la passione di uscire “fuori” incontro alle persone che desiderano incontrare Gesù, come Francesco (papa) e Matteo (vescovo) ci chiedono ripetutamente.
La liturgia della I domenica d’Avvento ci dà lo slancio: la sapienza del tempo, si apre con una prospettiva mozzafiato. Per la fede nel messia, molti popoli conosceranno il Signore e desidereranno spontaneamente camminare nei suoi sentieri. E gli uomini compiranno il desiderio di ogni utopia: i soldi che vengono spesi per gli armamenti, o per imparare la guerra, saranno spesi per creare strumenti di lavoro e stabilire la pace.
Visione sublime, quanto mai attuale. Gli orrori in Siria sono davanti ai nostri occhi. Mentre prepariamo con gioia il Natale dei nostri bambini, non ci dimentichiamo di quei piccoli, che come Gesù, non hanno nemmeno un’incubatrice, e devono essere scaldati… chissà… magari dal fiato di un asino e un bue. Il Natale, che è vicino, è alle porte del nostro mondo.
Perciò è quanto mai puntuale l’invito a “svegliarsi, consapevoli del momento”. Tutte le letture della fine dell’anno liturgico ripetevano lo stesso ritornello: nei tempi difficili, lì la testimonianza.
Chissà che il silenzio d’Avvento, il desiderio di pace e l’esempio della piccolezza non ci aiutino davvero a cogliere “il giorno” della luce.
Il segreto è il discernimento. In questi giorni c’è un acceso dibattitto all’interno della Chiesa, sull’interpretazione di Amoris Laetitia, l’esortazione post-sinodale promulgata dal papa (in comunione con i vescovi del sinodo) dopo la duplice assemblea sinodale sulla famiglia. Il papa rimanda continuamente al discernimento delle situazioni e chiede questa attitudine abituale al discernimento illuminato dallo Spirito del Signore.
Nell’immagine del vangelo, è ancora il discernimento che al centro. Due saranno allo stesso posto, nella stessa occupazione, con le stesse caratteristiche. Uno preso, l’altro lasciato. Perché? Evidentemente c’è qualcosa “dentro”, che l’uomo non vede, ma Dio sì. Come un microscopio per l’anima.
Chiediamo al Signore che possano corrispondere alla sua volontà il cuore e il braccio, l’intimo e l’azione, affinché possiamo cogliere con gioia un nuovo inizio, con grandi prospettive, ma desiderosi di cogliere il kayros, fin da adesso.
Don Davide