Spirito e Pasqua
“Vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto e vi insegnerà le cose future” (Cf. Gv 14,26 e Gv 16,13).
L’effusione dello Spirito, a Pentecoste, ravviva la memoria di ciò che è accaduto, guardandolo nella nuova luce pasquale: una luce che illumina di vita le cose e ne fa percepire il senso, tante volte nascosto nel momento in cui accadono. In questo processo, lo Spirito insegna anche il futuro, permette il discernimento, orienta verso ciò che deve venire in modo sapiente e fattivo.
Mi sembra, allora, quella di Pentecoste, l’occasione per fare una verifica e per chiederci cosa possa essere importante per il futuro.
Abbiamo iniziato questo anno pastorale confermati nelle fede di Pietro, dalla visita del Papa. È stata una giornata caratterizzata da una gioia frizzante, nonostante il clima uggioso, in cui si è capito che la Chiesa, i cristiani e forse ogni uomo hanno bisogno di persone autentiche, semplici e di grande carisma evangelico come papa Francesco. Questo insegnamento vale anche per il futuro. Non abbiamo bisogno di cose strane o grandi, ma di essere attaccati al Vangelo come un neonato al seno della mamma.
È stato l’anno della Parola e dei giovani. Abbiamo provato ad impegnarci su questi fronti, anche come parrocchia e come singoli, ma la percezione è che siano stati appuntamenti largamente disattesi. Nella luce del Risorto, incoraggiati dallo Spirito a fare verità, interpretiamo anche questa consapevolezza. Godiamo del grande amore di Dio, siamo consapevoli del dono della fede, abbiamo a cuore che la Chiesa viva anche nel futuro, tuttavia ci scontriamo quotidianamente con la nostra infedeltà o tiepidezza di fronte alla Parola di Dio, e con la fatica di fare spazio e di immaginare pratiche e modelli perché la Chiesa sia veramente giovane. All’ultimo consiglio pastorale, una ragazza ha detto un’affermazione tanto laconica quanto vera: “Nella chiesa di oggi, non sono gli anziani che mancano, sono i giovani.” Chiediamo allo Spirito di insegnarci queste vie, consapevoli che lui è come un allenatore tenace e bravo, che non si rassegna alla sconfitta della sua squadra.
Abbiamo vissuto un piccolo rinnovamento della Caritas, con un aggiustamento dell’organizzazione e l’ingresso di qualche figura nuova. Fare memoria nella luce della Pasqua, in questo caso, significa riconoscere la grandezza umana e spirituale delle persone che in tutti questi anni non solo non ci hanno fatto vergognare, ma ci hanno fatto essere orgogliosi del nome della nostra parrocchia: Santa Maria della Carità. Grazie a loro la carità è stata splendente e c’è solo da ringraziarli, infinitamente, per questa qualità che hanno immesso con sobrietà, spirito di servizio e nascondimento a tutta la nostra pastorale. Ci dà speranza e ci fa guardare alle cose future la continuità che hanno saputo generare.
Poi c’è la vita dei gruppi: bimbi, ragazzi, giovani e adulti. Un’ambiente vivace, in cui si può sicuramente fare meglio, ma anche segnato da esperienze genuine e liete. La luce pasquale ci dice che il Signore continua a chiamare alla fede, a generare nello Spirito, ben al di là delle nostre capacità, ma che questa consapevolezza rassicurante non è una scusa per tirare i remi in barca o per dire: “Ci pensa lo Spirito Santo”, bensì uno stimolo per mettersi ancora di più in ascolto della sua guida, docili alle sue intuizioni e strumenti energici della sua potenza di vita.
Infine, vorrei ricordare le celebrazioni di Pasqua. Soprattutto tre gesti, che forse sono passati quasi inosservati. Il fatto di essere due preti a fare la Lavanda dei piedi, segno di una dimensione di comunione al servizio. Il fatto di essere tutti giù dal presbiterio in ascolto della Parola di Dio nella celebrazione del Venerdì Santo, davanti all’altare spoglio, segno del Cristo morto. Una chiesa tutta “sotto” la Parola come discepola e raccolta – ministri e popolo – nella custodia tenera e cara del corpo di Gesù. Da ultimo, il gesto della Veglia Pasquale: quel sentire confessare la fede nella resurrezione e l’augurio per la vita della Chiesa da parte dei giovani, quel vedere accendere dalle loro mani il Cero pasquale. Nel bellissimo Messaggio ai giovani al termine del Concilio Vaticano II è scritto: “È soprattutto per voi, giovani, che la Chiesa – con il Concilio – ha acceso una luce.” Oggi, forse, si potrebbe dire il contrario: “È soprattutto per te, Chiesa, che i giovani hanno acceso una luce.”
Don Davide