Le Palme, i mantelli, i tappeti

Mentre Gesù entrava a Gerusalemme, osannato come un re, lo coprivano con rami di palma e lo festeggiavano scuotendo rami di ulivo e stendendo mantelli e tappeti al suo passaggio.

Il vangelo non lo dice mai, ma in quel giorno a ridosso della festa di Pasqua, Gesù deve avere pensato, da buon ebreo osservante, anche ad un’altra festa: quelle delle Capanne, che si celebra molto più avanti, in autunno.

Gli ebrei costruivano capanne con rami di palma e frasche, per ricordare di avere dimorato in capanne, durante il cammino nel deserto, e per celebrare i frutti del raccolto.

Osservando quella folla esultante, Gesù deve avere meditato ancora sulla sua vita itinerante – “il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc) – un cammino di uscita da se stesso per amare ogni uomo e ogni donna. Deve avere ammirato, con una certa tenerezza, gli effetti di un primo raccolto, che aveva conquistato tante persone, anche se lo deve avere guardato con quella benevolenza che si ha con i bimbi, quando ti raccontano un traguardo precario e solo iniziale.

Forse, in quel momento, gli è balenata l’intuizione di un altro itinerario, dentro e fuori Gerusalemme: dalla sera dell’ultima cena, attraverso la veglia nel giardino degli ulivi e la notte dell’arresto, poi di nuovo dentro al pretorio, di fronte a Pilato, e ancora fuori, nel luogo della crocifissione.

Una folla di tutt’altro segno.

Questa è la settimana dei paradossi.

L’uomo che fa il suo esodo non più nel deserto, ma nella città, e il Dio che viene espulso dal Santuario; l’ “Osanna” e il “Crocifiggilo!”; il Figlio di Dio rifiutato e il “figlio del Padre” (= Bar-abba) redento; l’offerta di sé e la paura; la flagellazione e l’Ecce Homo; la morte e la vita; la notte delle tenebre che risplende come luce.

Entrando a Gerusalemme, Gesù, in realtà, inaugurava la festa di Pasqua, la festa che ricordava l’immolazione dell’agnello e il passaggio del Mar Rosso. Gesù vi entra come Re, per finirvi come Agnello.

In questo abissale e mesto gioco di paradossi, la grande festa cristiana ci ricorda che in un mondo pieno di contraddizioni, dove ancora si fanno le guerre e si uccidono i bambini, nonostante tutto e sempre, con una tenacia irreversibile, noi desideriamo allargare gli spazi dell’amore e servire la vita con gioia pacificata.

 

Don Davide