Ricordo perfettamente il giorno in cui per la prima volta ho letto di Mosè.
Prima era il nipote del Faraone, ma nella parte iniziale del racconto, non gli viene dato nessun risalto. A un certo punto uccide un egiziano, la sua famiglia gli si ritorce contro e lui scappa.
Torna ad essere uno qualunque. Trova moglie, fa il pastore.
Pensate: dalla famiglia del Faraone a pecoraio nel deserto.
Tutto ha inizio dal suo osare di guardare di nuovo “oltre”.
Cosa c’è ancora da scoprire? Come va avanti la storia?
Non ve lo dico, spero che la andiate a leggere (Esodo 3, per i lettori) o che veniate a messa (trucchetti da prete).
Forse l’avevo ascoltato mille volte e quel giorno l’ho solo focalizzato. Ricordo l’anno, il mese, il giorno della settimana, l’orario del mattino, i luoghi, la luce, i profumi, gli amici con cui ero.
Ma voi direte: “Ok, don Davide…” e perché, di preciso, me ne dovrebbe fregare qualcosa?
Perché è importante il fatto che possa accadere: che una cosa, all’improvviso, ti possa cambiare la vita, senza che tu te ne stia rendendo conto.
Se me ne fossi reso conto, quel giorno, ne avrei avuto una paura pazzesca; invece, adesso ne sono grato.
Spesso, quando noi adulti parliamo su di voi e non con voi, diciamo che il futuro vi fa paura.
Non so se sia vero del tutto. Secondo me, siete molto più coraggiosi di noi.
Ma la cosa che mi interessa è questa: da lì in poi, il racconto di Mosè rivela il vero nome di Dio, per ciascuno che ingaggia l’avventura della vita con lui. Lui si chiama: IO CI SONO CON TE.