Con una certa urgenza, la liturgia di questa domenica ci invia insieme a Giona “nella grande città”. Ninive era la capitale del regno assiro, la città dell’imperatore, famosa per essere nemica di Israele.
Proprio a Ninive il Dio di tutto il creato manda il profeta e il profeta, ovviamente, protesta. Perché a Ninive? Perché portare la parola di Dio a chi la rifiuta e anzi l’avversa?
Il comando di Dio risuona nel tempo della chiesa ancora più intenso, in quanto la presenza di Gesù ha reso ogni istante un momento propizio per la manifestazione dell’amore di Dio e l’opportunità di accogliere questo amore. “Il tempo si è fatto breve”, “il tempo è compiuto”: c’è una forte consapevolezza che il Signore è all’opera in questo tempo e ci invita a vederne le opportunità di salvezza.
Siamo dunque tutti invitati a non cogliere in questo tempo e nel mondo che viviamo, solo la crescente “secolarizzazione”, né tantomeno solo gli ostacoli al Vangelo, come se una volta (non tanti decenni fa) il mondo fosse una specie di anticipazione del Regno di Dio, e oggi invece tutto fosse brutto e cattivo.
Questa interpretazione non corrisponde al vero. Ogni tempo della storia, offre cose belle e soffre cose brutte, ogni stagione del mondo accoglie il Regno di Dio in parte e, in parte, ha sempre bisogno di conversione.
Come Giona anche noi siamo esortati a credere che il nostro, oltre che a un tempo pieno di difficoltà, è anche un tempo propizio per annunciare il Vangelo, è un momento in cui tanti cuori e tante vite attendono solo che qualcuno faccia loro conoscere il Signore in maniera coerente e luminosa e sono pronti ad aprirsi a questa nuova speranza.
A dirla tutta, nel tempo di oggi prevalgono le condizioni per l’accoglienza del Vangelo, per un desiderio di spiritualità, per una rinnovata esperienza di comunità, piuttosto che le forze contrarie.
Bisogna stare solo attenti – molto attenti! – a presentare il Vangelo nella sua forza di vita: bisogna evitare la predicazione moralista, il continuo richiamo ai principi e ai valori e quella forma di presunta superiorità spirituale che caratterizza alcune volte l’atteggiamento di noi cristiani, per esser invece disponibili a dimostrarci veramente amici di tutti gli uomini, accoglienti delle loro fatiche e umili nella condivisione.
Vediamo che laddove c’è uno sforzo educativo onesto, l’impegno per una custodia e una cura fraterna, una reale disponibilità a lasciare spazio alla freschezza e alla novità delle giovani generazioni, il desiderio di intercettare la qualità umana che la vita di Gesù manifesta, c’è anche sempre una grande accoglienza del Vangelo, una maturazione della fede e una crescita della chiesa.
Così rimarremo sorpresi come Giona e – magari non perfettamente sintonizzati con le parole che Dio voleva dire, magari un po’ contrariati per la sua eccesiva bontà – ammireremo l’incontro con il Signore della grande città… e chissà che, con il cuore convertito anche noi, non sperimenteremo, in questo, la gioia del Padre.