Il 3 giugno 2018, giorno del Corpus Domini, è stata installata nella chiesa di S. Maria della Carità, in maniera permanente, una pregevole opera di Ettore Frani. Si tratta di un trittico sull’Eucarestia commissionato in origine dalla Fondazione Lercaro nel 2017 per le celebrazioni finali del Congresso Eucaristico Diocesano. L’opera è stata acquistata dalla parrocchia con l’intento di arricchire la chiesa in un dialogo culturale tra classico e contemporaneo.
ARTE E LITURGIA
Prefazione
Le nostre chiese hanno una frequentazione con l’arte che dura da secoli. E la nostra chiesa di S. Maria della Carità non fa eccezione ricca com’è di quella bellezza fatta da mani d’uomo che cercano e scavano dentro le pieghe dell’animo umano le profondità del suo mistero.
L’arte non è un tema accademico o il pallino dei collezionisti: essa porta la traccia dei cammini dell’uomo e aiuta lo sguardo ad andare oltre a ciò che semplicemente appare. Rompe quella consuetudine di guardare ciò che abbiamo in anticipo deciso di vedere.
L’arte, come la liturgia, tentano ogni volta il rischioso avvicinamento al cratere spirituale che fa di ciascuno di noi un concentrato spaventoso di inestinguibile desiderio e volontà di superamento di sé. Attingendo alle rispettive risorse arte e liturgia non si accontentano di descrivere la realtà e di rappresentare l’esistente. L’arte genera mondo, la liturgia celebra una realtà che in quel preciso momento si rinnova e si produce.
La liturgia della Chiesa come la preghiera personale del cristiano devono dare ospitalità all’arte. Ci muove una convinzione forte: che nell’arte si renda manifesto il miracolo con cui Dio, attraverso il talento e la sensibilità degli uomini, manda nel mondo segni di tenerezza e di grazia, ma anche di novità e provocazione.
Cosa diventano il pane, il vino, un tavolo e la luce se guardati con occhi aperti e cuore disponibile?
Padre Maurizio Rossi
COSE NUOVE E COSE ANTICHE
Introduzione
Nessuno può vivere senza la bellezza. L’umanità ha bisogno di esprimersi nelle svariate forme dell’arte e tanto di più il nostro anelito spirituale.
Consapevoli di questo, Papa Paolo VI e il Card. Lercaro, vescovo di Bologna, intesero riallacciare con varie iniziative e con sforzi personali il dialogo tra la fede cristiana e l’arte contemporanea, che sembrava irrimediabilmente compromesso nel passaggio delle Avanguardie del XX sec.
Era loro convinzione che non ci sarebbe stata nuova fioritura umana e cristiana se non si fosse ricucito lo strappo tra la fede e una sua espressione artistica coerente con le istanze della contemporaneità, anche confrontandosi con l’enorme patrimonio classico dei capolavori dell’arte religiosa.
Da questo intento sono nate due tra le più importanti selezioni di arte contemporanea in dialogo con il Cristianesimo: la Collezione Paolo VI a Brescia e la Raccolta Lercaro a Bologna.
In occasione del Congresso Eucaristico 2017, la Fondazione Lercaro ha commissionato all’artista Ettore Frani un trittico sull’Eucaristia, dal titolo In memoria di me, pregevolissimo per intuizione ed esecuzione e per la sua evocativa forza spirituale, esposto a lungo presso l’Istituto Veritatis Splendor, sede della raccolta.
La decisione di portare l’opera nella chiesa di S. Maria della Carità è maturata nel solco della ricchissima tradizione che contraddistingue e collega queste esperienze.
Abbiamo voluto che l’opera non uscisse dalla Diocesi di Bologna e che potesse essere d’ispirazione alla preghiera, impreziosendo la nostra chiesa, quasi raccogliendo la storia che l’accompagna per rilanciarla nel futuro.
Il confronto fra classico e contemporaneo racconta di una chiesa viva e di una comunità che ancora desidera esplorare il mistero dell’umano e aprirlo a quello divino. Così innoviamo la tradizione e auguriamo ai giovani di poter godere di quello stesso fermento che ha ispirato ed entusiasmato tanti uomini e donne prima di loro, come il discepolo sapiente del Regno, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (cf. Mt 13,52).
Don Davide
IN MEMORIA DI ME
Quando la potenza dell’arte ci rivela il mistero della Fede
Il trittico In memoria di me realizzato da Ettore Frani non è solo un’opera d’arte contemporanea come tante, da ammirare a distanza, ma un’esperienza da vivere con intensità ed emozione fin nel profondo.
Dobbiamo in primo luogo scendere a patti con l’artista e con noi stessi, riconoscendo la maestria con cui Frani domina la tecnica dell’olio su tavola laccata e la sua capacità di far emergere la materia come non fosse una semplice pittura, ma qualcosa di reale che potremmo afferrare e toccare con mano se solo volessimo.
Da qui parte il nostro viaggio all’interno dell’opera e del suo significato più intimo e misterioso, eppure sotto gli occhi di tutti.
L’inizio di ogni cosa è la luce.
Luce nel buio più nero, luce che emerge dalle tenebre e che salva dall’oscurità, luce che scende dall’alto come un faro che indica la via, ma che è anche aspirata verso l’alto, discesa sulla terra e ascensione al cielo.
È la parte centrale del trittico, il luogo in genere deputato al crocifisso che però qui scompare per lasciare il posto a un gradino da salire, a un sepolcro vuoto perché pieno solo della luce della resurrezione, dove la morte nelle tenebre diventa luminosa ascesa a una nuova vita.
A destra e a sinistra, due porzioni di un altare che è una tavola povera, vuotata di tutto, fuorché della pienezza del sangue e del corpo di Cristo.
Alla nostra sinistra sta il calice.
Non d’oro o d’argento e privo di gioielli, perché non è importante l’involucro, ma il suo contenuto: facciamoci riempire la vita dal Cristo, sarà lui a renderla preziosa.
Alla nostra destra sta il pane.
Nutrimento antico e basilare, è reso dal Frani somigliante a una pietra, il memento di una roccia su cui fondare la nostra casa giorno dopo giorno.
E di fronte a questo trittico, il cui titolo In memoria di me ci racconta in realtà tutto ciò che serve sapere, una parola sorge subito, al primo sguardo: ESSENZIALE.
Perché Dio è essenziale nella nostra vita.
Perché l’Eucaristia è essenziale per la nostra fede.
Perché la resurrezione di Gesù è essenziale per la nostra salvezza.
Catia Pieragostini
IN MEMORIA DI ME
Presentazione di Andrea Dall’Asta e Francesca Passerini
per la Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro
In occasione delle celebrazioni conclusive del Congresso Eucaristco Diocesano, la Raccolta Lercaro ha invitato il giovane artista Ettore Frani a riflettere sul mistero eucaristico, tema complesso e dalle profonde implicazioni teologiche, antropologiche e filosofiche, che attraversa la storia dell’Oriente e dell’Occidente cristiani.
L’opera realizzata – In memoria di me – è uno splendido trittico che il museo esporrà fino al 29 ottobre 2017.
Frani, attraverso la tecnica dell’olio su tavola laccata e un finissimo registro stilistico calibrato sulla resa tattile dell’immagine, mette in scena il mistero della trasformazione del pane e del vino in Corpo e Sangue di Cristo.
Il raffinato plasticismo di questa pittura, che sembra realmente materializzarsi davanti allo sguardo, è raggiunto utilizzando unicamente il colore nero, steso con intensità differenti per creare, di volta in volta, profondità e soffusione. Il suo opposto – il bianco – emerge direttamente dal fondo dell’opera: la sua presenza e la sua carica luminosa sono legate a un preciso lavoro di “sottrazione” del nero che l’artista compie sulla superficie della tavola.
Lo spazio pittorico è suddiviso in tre pannelli, distinti ma corrispondenti al momento unico e inscindibile nel quale la Chiesa prega il Padre di inviare lo Spirito affinché quel pane e quel vino diventino il Corpo e il Sangue del Suo figlio, rendendo coloro che partecipano all’Eucaristia un’unità reale, fisica e spirituale. Pur mantenendo la propria identità, quindi, ciascuna tavola acquista significato pieno attraverso una lettura unificata.
Ai lati della composizione si fronteggiano una forma rotonda di pane cotto e un semplice calice consunto che, appoggiati silenziosi su una mensa, definiscono due realtà essenziali per la vita, familiari a ogni uomo. La loro presenza è leggera, discreta. Dietro di loro, un fondale nero scherma la profondità dello spazio che si estende oltre il tavolo: tutto ciò che sta al di là è avvolto in un’oscurità insondabile ma, dall’alto, una luce impalpabile scende vibrando nell’atmosfera e nella silenziosa sospensione del tempo.
Al centro del trittico quella stessa luce irrompe nello spazio e, attraverso l’oscurità, si fa epifania, soffio di vita che ricrea ogni cosa: è nella discesa luminosa dello Spirito Santo che Dio incontra l’uomo. La sua luce si propaga trasversalmente lungo la superficie della mensa, estesa oltre i confini del dipinto, e si dilata sino agli estremi confini del mondo. È lei la protagonista dell’opera: una luce che non illumina semplicemente, ma che si fa apparizione, rivelazione. Presenza.
Dall’indistinzione di un caos abissale si giunge, per mezzo dello Spirito, alla luce di un cosmo in cui le cose prendono vita e sono restituite alla loro bellezza… alla loro verità. Certo, pane e vino nascono dall’intervento dell’uomo, dal suo prendersi cura della natura, della sua crescita e della sua pienezza. Così, se il chicco di grano per trasformarsi in pane deve essere frantumato e ridotto in farina, mescolato ad altri chicchi, impastato, lievitato e, infine, temprato col fuoco, ugualmente l’acino d’uva diventa vino solo se pigiato, torchiato, smembrato e lasciato fermentare. Tuttavia quel pane e quel vino non sono semplicemente alimenti: offerti sull’altare e trasformati dalla potenza dello Spirito, raccontano all’uomo il mistero di Dio, la sua vita, morte e risurrezione. È allora che la mensa, inondata di luce, può divenire altare ed è lì, su quell’altare, che ogni frantumazione, ogni morte, diventa passaggio alla vita. Se il lavoro dell’uomo spezza il chicco di grano e lo trasforma in pane, la grazia di Dio rende quello stesso pane il corpo spezzato di Gesù, che dalla morte è riportato alla vita. Restituito come dono, ogni volta è nuovamente spezzato per essere condiviso con tutti, nella storia, facendosi memoria e presenza.
In questo poema straordinario della luce che è il trittico In memoria di me, Frani si confronta con il mistero della vita rendendo con grande efficacia la manifestazione dello Spirito.
In quella stessa luminosità, potente e delicata insieme, Io sguardo dell’uomo può riconoscere l’anticipazione di ciò che ci è promesso: quella luce che alla fine dei tempi diventerà, in un incontro definitivo, volto da contemplare e da amare… il volto stesso di Dio. Perché a nostra volta ci trasformiamo in luce radiosa.