Il tempo ordinario

La Parola di Dio seminata nelle nostre vite

Il Tempo Ordinario, nella liturgia e nella vita della Chiesa, è quello che non è caratterizzato dalla preparazione o dall’irradiazione dei grandi misteri della vita di Gesù: il Natale, la Pasqua e la Pentecoste.  

Tuttavia, dovremmo considerarlo sempre stra-ordinario, perché è proprio in questo periodo che la Parola di Dio irriga profondamente e anche più efficacemente la nostra vita.  

È come il rapporto tra la semina e la mietitura: il momento in cui si miete e si gode dei frutti è pieno di entusiasmo e di clima festoso, ma cosa sarebbe senza la semina e la lunga gestazione, nascosta e paziente, che ha preparato il raccolto? 

Allo stesso modo, il Tempo Ordinario è il segno della pazienza e dell’umiltà di Dio, che si prende cura di noi irrigando la nostra vita goccia a goccia e curando, nella maniera misteriosa e piena di discrezione che lui solo conosce, la nostra crescita e l’opera dello Spirito in noi. 

Perciò, fino al prossimo Avvento, siamo invitati a metterci in un assetto semplice e feriale di ascolto della Parola di Dio; dobbiamo lasciarla lavorare dentro di noi, perché – come ci garantisce Dio stesso per mezzo del profeta Isaia (vd. Is 55,8-11) – essa realizzi con certezza il motivo per cui ci accompagna ogni giorno.  




Pasqua

Il divino che squarcia la storia

Pasqua è l’irruzione della luce nel buio, il divino che squarcia il mistero ed entra nella storia disillusa, affaticata, spesso incredula. È una sorpresa impossibile da prevedere, del tutto inattesa, ancorché sperata.

Nelle pagine buie della nostra vita, nella routine opaca e sopra a tutti i nostri tentennamenti si posa la visita di Dio, come il volo di una farfalla colorata su un fiore.

Ma

la luce che sfolgora è così intensa da illuminare anche la gioia più grande, come in uno stadio coi fari accesi sopra cui sorgesse la luce del Sole.

Che cos’è dunque, questo tocco di Dio capace di fare risplendere il buio e di superare la luce?

Non si può definire: è una stella cadente nelle sere d’estate. Bisogna stare appostati e attenti. Esso lascia una traccia tutte le volte che la vita si manifesta con il suo profumo di vittoria sulla morte e svela i suoi mille sapori, come un calice del vino rosso migliore e bene accompagnato.

Il nostro gusto si attiva di fronte a un gesto di amore autentico, alla gratitudine espressa senza finzioni, agli atti di eroismo di chi si prende delle responsabilità per il bene, spesso senza suonare la tromba davanti a sé.

Quando qualcuno consola, quando si reagisce alla grettezza con gesti di umanità, quando la convinzione del nostro valore e della preziosità della nostra esistenza si fa largo, quasi per intuizione, nella nostra coscienza…

È allora che Gesù ci chiama per nome, come Maria nel giardino, e si svela Risorto.




Quaresima 2019

Tempo favorevole per l’incontro con Dio 

Con la liturgia dell’imposizione delle ceneri comincia il tempo forte di Quaresima, tempo liturgico qualificato come “momento favorevole” e “giorno della salvezza” (2Cor 6,2), cioè tempo appropriato per vivere la riconciliazione con Dio e con i fratelli, tempo in cui fare esperienza della gratuità della salvezza di Dio verso di noi, e tempo in cui essere strumenti di salvezza per gli altri.

Il colore liturgico che accompagna i quaranta giorni penitenziali della Quaresima è il viola, colore che esprime la penitenza, l’attesa e la speranza, la preparazione alla piena manifestazione della luce che esploderà la notte di Pasqua con il cambio in bianco dei paramenti liturgici. 

Albero di ulivo e rocceIl percorso quaresimale è segnato da due movimenti apparentemente opposti, ma in realtà convergenti nell’obiettivo. Il primo è il movimento di ritorno dell’uomo a Dio, e il secondo è il rivolgersi di Dio all’uomo. 

Le opere che il Vangelo e la tradizione della Chiesa ci suggeriscono, gli impegni quaresimali che esprimono la nostra conversione, l’elemosina, la preghiera, il digiuno, sono la nostra risposta a questa iniziativa redentiva partita da Dio: risposta che non va sbandierata, che non deve essere per noi motivo di autocompiacimento, proprio perché non ha la sua origine in noi, ma in questo atto di misericordia gratuita e infinita con il quale il Signore ci ha amati nel dono del Suo Figlio. Esercitare la carità, coltivare la comunione con il Padre nell’orazione, esercitarsi nelle rinunce ai beni relativi di questo mondo, sono esigenze che devono nascere da un cuore che ha preso coscienza di quanto folle sia stato il nostro dare le spalle a Dio con il nostro peccato, noi che siamo solo polvere e cenere; devono essere atteggiamenti di conversione che ci restituiscano all’abbraccio del Padre, che abita nel segreto, nell’intimo della nostra coscienza, e non cessa di invitarci a tornare a Lui, specialmente nel “tempo favorevole” della Quaresima, che oggi si apre. 

Don Davide




San Valentino

Una festa non solo degli innamorati… 

La presenza delle reliquie di S. Valentino, sacerdote romano e martire del III secolo, nella piccola e suggestiva chiesa “alla Grada” a lui dedicata è ricca di significati. 

Tradizionalmente, la devozione a S. Valentino è legata soprattutto alla preghiera e alla cura degli ammalati. 

Ovviamente, celebrandosi la memoria liturgica il 14 febbraio, la devozione a S. Valentino è legata anche alla popolare festa degli innamorati 

Per il terzo anno, il vescovo ha chiesto di fare una grande convocazione di tutti gli innamorati, per ringraziare e gioire insieme di questa esperienza fondamentale della vita, che è anche rivelativa: “Chi ama ha conosciuto Dio”, dice la Prima lettera di S. Giovanni, apostolo. È un momento decisamente festoso, a cui sono invitati, secondo il desiderio del vescovo, letteralmente tutti coloro che vogliono celebrare l’amore. 

Quest’anno, però, le celebrazioni vogliono porre un’attenzione anche sulle altre dimensioni che riguardano l’amore, affinché nessuno si senta trascurato e non pensiamo – con una fastidiosa retorica – solo alle cose zuccherose. 

Per questo motivo, le tre giornate che precedono la festa di S. Valentino, saranno dedicate ad altrettante attenzioni particolari. 

Nella prima, lunedì 11, vogliamo invitare i single, che magari sono dispiaciuti per non avere una persona da amare e da cui essere amati. Dietro a queste situazioni ci sono spesso storie di delusioni o sofferenze, e qualche sfiducia. Vorremmo pregare per loro, dar loro coraggio, e passare anche una bella serata a cena in un buon ristorante. 

Nella seconda, martedì 12, invitiamo tutti i fidanzati, specialmente quelli che si sposano nell’anno 2019, e le coppie di sposi, in modo particolare chi desidera celebrare il proprio anniversario di matrimonio. 

Nella terza, mercoledì 13, invitiamo tutti coloro che hanno vissuto il divorzio o la separazione, e tutte quelle coppie che vivono un momento di difficoltà: può essere una crisi di coppia, una preoccupazione legata ai figli, un problema dato dalla malattia. 

Confidiamo che non solo le persone particolarmente invitate in queste occasioni siano presenti, ma in qualche momento anche gli altri, proprio per esprimere la vicinanza, la preghiera insieme e quella comunione che edifica la comunità cristiana e consola.




Natale 2018

Natale 2018

L’attesa è finita: tempo di incontro 

È Natale, Gesù è nato, l’attesa è finita: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore!” (Lc 2,11). 

Si è avverato l’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria: una giovane donna che pur senza aver compreso tutto pienamente, si fida e accetta di fare della sua vita un dono e con il suo “sì” cambia il corso della storia. 

L’attesa è finita: il grande evento si è realizzato, oggi è Natale! 

Natale indica una rinnovata esperienza di Gesù in mezzo a noi: siamo autorizzati a sentirlo vicino nelle cose liete come nelle difficoltà; nei momenti in cui siamo “bravi” e in quelli in cui lo siamo meno. Gesù sceglie di entrare in contatto concretamente nelle nostre vite. 

Il Figlio di Dio si è fatto carne, Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi. 

Il mistero del Natale è luce, gioia, amore, pace, interpella ognuno e lo chiama alla riflessione. È vero che adesso la vita procede, a volte, in modo ansioso, sfrenato, convulso, ma ci sono anche momenti di serenità, di fiducia, commozione, apertura alla speranza perché i buoni sentimenti non possono durare solo il giorno di Natale. 

Certamente i pensieri restano e a volte ci assillano, non siamo immuni dal dolore e dalle preoccupazioni, per questo Gesù ha detto “Venite a me voi tutti che siete affranti e oppressi e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). 

San Francesco d’Assisi diceva che l’amore chiede di essere amato, così il Verbo della vita che è nato in una grotta di Betlemme vuole trovare la sua casa in ognuno di noi, per essere amato e protetto. 

Amare Gesù significa amare le persone che ci sono accanto, a cominciare dalla famiglia, agli amici, alle persone che incontriamo in modo particolare se bisognose perché povere o perché sole. 

Una poesia di Madre Teresa di Calcutta inizia dicendo: “È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano”. 

L’augurio di Buon Natale che ci scambiamo sia allora l’augurio di vivere pienamente l’incontro con Dio che in Gesù è venuto in mezzo a noi e ci è vicino. 

Don Davide




Avvento 2018

Avvento 2018

Tempo gioioso per l’attesa di un incontro

La parola “Avvento” significa “venuta”, “arrivo”, e nell’antichità, anche prima del cristianesimo, era utilizzata per indicare il grande evento costituito dall’arrivo in città di un sovrano o di una grande personalità, che richiedeva imponenti preparativi.

Aspettare è un’occasione per riflettere su di noi, su quello che stiamo facendo, su cosa è importante per compiere le scelte con calma, per apprendere dalle esperienze della vita, per trovare le giuste priorità.

Nell’epoca del tutto e subito la possibilità di predisporci all’incontro col Dio che viene, col Dio che viene a salvarci, può apparire non più significativa. L’Avvento rischia di non essere più compreso.

Nell’Avvento prepariamo la celebrazione della venuta in mezzo a noi di Gesù, il Messia di Dio. Non come se non lo conoscessimo, come se fingessimo che ancora non è nato: sappiamo che è nato duemila anni fa, che ha vissuto la nostra stessa vita, che ci ha amato fino alla morte di croce, che è risorto. Preparare la festa della sua nascita diventa un’occasione per rivivere un atteggiamento di fede e di attesa della salvezza che lui viene a portarci.

È un’occasione per preparare la nostra vita così che Lui possa continuare a venire in noi: attraverso l’Eucaristia, la sua Parola, i sacramenti. Attraverso i nostri cari, i conoscenti, gli emarginati, i malati, i poveri, gli avvenimenti della nostra vita.

Arrivati al 25 dicembre potremo dire “adesso è Natale”, non perché mangiamo un panettone come diceva una pubblicità di qualche tempo fa, ma perché abbiamo incontrato il Signore della vita, colui che solo può dare sapore e significato alla nostra vita.

Don Davide




Nella fede del Signore risorto

La Commemorazione dei fedeli defunti,
per riscoprire il significato della migliore tradizione cristiana.

La Festa di tutti i Santi e la Commemorazione dei fedeli defunti ci offre l’opportunità di una riflessione sulla morte, non ottenebrata dalla paura. Ci sono due considerazioni da fare, sul modo in cui si affronta la morte oggi, al fine di rendere il congedo dai defunti sempre dignitoso.

Ultimamente si sta registrando una tendenza a evitare la celebrazione del funerale e a velocizzare la sepoltura, quasi come se la morte fosse una pratica fastidiosa (e scandalosa) da rimuovere nel più breve tempo possibile. Molti (anche con la complicità di alcune onoranze funebri poco professionali) scelgono di fare una veloce benedizione nella cappella dell’ospedale e poi portare i defunti al cimitero o per la cremazione. In tali circostanze pochissimi, anche nel caso che la persona defunta sia stata un’assidua parrocchiana, avvisano il parroco del decesso.
Invece non bisognerebbe mai trascurare di celebrare l’ultimo saluto come si deve. È, appunto, un saluto. Chi mai andrebbe via senza salutare un amico? E chi partirebbe per un lungo e importante viaggio senza un momento di congedo? Celebrare il funerale come si deve significa congedarsi in maniera dignitosa da una persona cara: è una forma indispensabile di attenzione per il defunto, ma serve soprattutto a chi rimane, per cominciare a risolvere un’assenza. Una dipartita non elaborata e risolta lascia strascichi emozionali devastanti, che troppi sottovalutano e di cui pochissimi sono avveduti.
Spesso c’è in gioco anche il rispetto della volontà dei defunti, che dovrebbe essere considerata una cosa sacra e inviolabile. È capitato di persone religiosissime in vita, a cui i familiari hanno negato una celebrazione consona e degna. Invece, per chi ha vissuto una vita di fede, il funerale religioso è il momento in cui si affida il defunto al Signore Risorto, è il compimento del lungo itinerario iniziato con il Battesimo, in cui siamo stati legati indissolubilmente alla potenza di vita della resurrezione di Gesù. Privare i defunti di questo passaggio è come creare un inciampo al termine di un percorso, è nel vero senso della parola uno “scandalo” (secondo il significato etimologico di: inciampo, sgambetto). Significa impedire una meta, un traguardo. Significa disonorare coloro che, in quel momento, dovremmo amare e rispettare di più.

Commemorazione dei fedeli defuntiLa seconda tendenza che si sta verificando è l’abitudine di disperdere le ceneri dopo la cremazione o di conservarle in casa. La cremazione è ammessa dalla Chiesa come la sepoltura tradizionale, perché nell’uno e nell’altro caso il Signore Risorto darà vita ai nostri corpi dalla polvere. La Chiesa, però, non riconosce come cristiana la pratica di disperdere le ceneri, e il fatto di tenere l’urna cineraria in casa è proibito dalla Legge italiana.
Al di là delle regole, comunque, il punto decisivo è di avere un luogo per la memoria del corpo. La tradizione ebraico-cristiana, ininterrottamente da Abramo fino ad oggi e senza soluzione di continuità, riconosce il valore di avere il luogo della sepoltura. Abramo comincia a entrare in possesso della Terra Promessa acquistando il sepolcro per la moglie Sara.
Non è bene trascurare le esigenze della nostra umanità: noi abbiamo bisogno di luoghi, di gesti e di segni concreti per dare significato all’esistenza. Chi di noi non conserva la foto di una persona amata defunta? Come si potrebbe vivere senza avere un posto dove portare un fiore, o senza potere baciare un memoriale? Certo, non è tutto: molti ricordano i defunti con la celebrazione della messa o dando rilievo ai giorni importanti della loro vita passata, ma potere avere un luogo fisico, simbolo di un appuntamento dove “incontrare” quelle persone, ha sempre fatto parte della fede cristiana.

Di fronte alla morte la fede cristiana esprime la sua qualità più vera. Che la memoria dei defunti sia allora un’occasione per riscoprire questi gesti, traduzione concreta della fede nella resurrezione. Come diciamo tutte le domeniche nel Credo, noi crediamo la resurrezione dei morti e lo esprimiamo attraverso segni coerenti.




Lettera agli studenti

La vostra scuola per diventare gli uomini e le donne che sarete

Settembre 2018 

Cari bambine e bambini, ragazze e ragazzi, 

inizia un nuovo anno scolastico, una nuova tappa fondamentale della vostra vita e degli uomini e donne che sarete. 

Sì, perché a questo serve la scuola: attraverso lo studio e la conoscenza diventerete buoni cittadini e anno dopo anno scoprirete con l’aiuto dei vostri insegnanti quale sia la strada per la vostra vita, ciò che vi appassiona ed esalta i talenti che il Signore vi ha donato. 

Ritroverete i vostri amici o ne conoscerete di nuovi, il cui ricordo vi accompagnerà per sempre.  

Scoprirete che il progresso è fatto di tanti piccoli passi che altri uomini e donne, prima di voi, hanno conquistato attraverso applicazione, sacrifici e impegno. 

Con lo studio della Storia, conoscerete le conquiste dell’umanità, ma anche gli orrori commessi nel passato, per tenere sempre gli occhi bene aperti sul presente. 

Ho sempre ammirato le maestre e i maestri della scuola primaria. Il primo anno accolgono bambini completamente diversi: c’è chi sa già leggere e scrivere, chi sa solo disegnare e chi non parla neppure l’Italiano. Ma arrivati a Natale, quelle bambine e bambini così diversi sono diventati una classe e tutti sanno leggere e scrivere! Dunque amateli i vostri insegnanti, anche se ogni tanto vi fanno penare… sono lì per tirare fuori il meglio che c’è in ciascuno di voi! 

Nelle gioie e nelle fatiche sappiate che questa Comunità parrocchiale è al vostro fianco con il sostegno prezioso di Don Davide, dei catechisti e degli educatori, e che siete nelle preghiere di tutti noi. 

Buon anno scolastico a tutte e tutti! 

 Francesca Puglisi 

a nome di tutta la Comunità parrocchiale 

Inizio anno scolastico




Il raccolto e la semina

Un ciclo di gioia, per portare molto frutto

La ripresa delle attività in parrocchia è sempre fonte di trepidazione e di gioia. Le preoccupazioni per gli impegni e i dubbi se si riuscirà a fare bene, si mischiano con l’entusiasmo dell’incontro con le persone e lo scoprire ancora una volta una realtà viva e vivace.

Viene in mente il passo di Isaia 9,2: “Gioiscono come si gioisce quando si miete”, perché la consapevolezza di un ciclo che porta frutto è incoraggiante.

In realtà, come nell’agricoltura anche nella pastorale la stagione dell’autunno è piuttosto il tempo della semina, del lavoro instancabile e della preparazione. Tuttavia, questo lavoro si fa guardando sempre alla gioia della mietitura appena passata: la fede è stata ancora trasmessa, i giovani sono cresciuti, nuove famiglie sono nate, traguardi sono stati raggiunti e altri obiettivi, così, si possono coltivare.

La nostra comunità parrocchiale di S. Maria della Carità e di S. Valentino della Grada, si trova quest’anno di fronte a tre sfide che la metteranno in gioco.

La prima è l’avvio dell’esperienza delle zone pastorali, con l’assemblea di zona che ci attende e il tentativo di avviare almeno la collaborazione per i gruppi giovanili.

La seconda è il desiderio di allargare notevolmente il coinvolgimento e la sensibilità della Caritas a tutta la parrocchia e ai parrocchiani, in modo che la Caritas non rimanga faccenda di pochi cuori generosi, ma tutti si sentano chiamati in causa. Un segno concreto per corrispondere a questa sfida sarà il tentativo di celebrare una giornata di amicizia con le persone più bisognose, alla cui organizzazione la Caritas e tutti i parrocchiani disponibili, lavoreranno nei prossimi mesi.

La terza sfida è una riforma radicale dell’esperienza delle cosiddette benedizioni pasquali, che verranno sostituite in fase sperimentale da una visita del parroco alle famiglie, non più circoscritta alla Quaresima, ma che potrà avvenire in ogni momento dell’anno.

Oltre a queste novità, continua la proposta formativa della Scuola di Formazione Teologica nella nostra parrocchia: appuntamento da non perdere per tutti quelli che desiderano curare più seriamente la propria formazione pastorale e catechetica.

Naturalmente, continueremo ad accompagnare la formazione dei bimbi e dei ragazzi, lasciandoci coinvolgere dal loro entusiasmo e seguendo tutti quanti il motto dell’Azione Cattolica che anima il loro cammino di quest’anno: “Ci prendo gusto!”. È il grido di una partecipazione attiva, contenta: il corrispettivo aggiornato dell’ I CARE di don Lorenzo Milani. Da alcuni anni, nella formazione dei bimbi e dei ragazzi, lo spirito che ci anima è “Chi viene ci guadagna!”, senza obblighi o costrizioni, ma solo con la gioia di sentirsi a casa in parrocchia, di scoprire tanti amici e di avere gli adulti come alleati per il bene. Ci auguriamo perciò che tutti i bimbi e i ragazzi dell’ACR possano davvero giungere a dire: “Ci prendo gusto!” e con loro anche tutta la comunità educante, tutti coloro cioè maggiormente impegnati nell’educazione e nella formazione.

Che il Signore, in questo tempo di semina con davanti agli occhi la gioia del raccolto, ci doni di dissodare prima di tutto il nostro cuore, perché il seme buono della disponibilità e della fiducia vi trovi casa, per produrre molto frutto.

Il raccolto e la semina




Tempo ordinario

Per elevare lo spirito

“Ordinario” sembra essere un termine dispregiativo nel linguaggio comune: è ordinario ciò che non ha particolari qualità. Ma non è così nel tempo liturgico della Chiesa: il Tempo Ordinario è il periodo che non è caratterizzato dalle grandi solennità e, proprio per questo motivo, ha tanto più valore perché celebra il fatto che la resurrezione agisce la sua potenza non solo nelle grandi occasioni, ma anche nella ferialità delle nostre vite.

C’è un’energia straordinaria che opera nella vita ordinaria.

L’amore di Gesù ci accompagna in ogni passo e, come credenti, noi sappiamo che le nostre case, le nostre scuole, i nostri uffici, le strade che percorriamo in mezzo al traffico, i rumori della città sono per noi il luogo della nostra santità. Come scriveva Madeleine Delbrél in un’intuizione folgorante: “Noi crediamo che per la nostra santità nessuna cosa ci manchi, perché se ci mancasse Dio ce l’avrebbe già data.”

Così questo tempo che ci è dato di vivere con la Chiesa e nella Chiesa è come l’alzarsi in volo delle mongolfiere. Non un’accelerazione fantasmagorica come quella degli aerei o dei razzi, né un frastuono assordante come quello degli elicotteri, ma un lento elevarsi verso il cielo, scaldati e riempiti dal fuoco dello Spirito. Non tutto quello che c’è è necessario e utile, perciò per vivere la santità nel quotidiano sarà indispensabile liberarsi di qualche zavorra, essere più leggeri per lasciarci condurre senza resistenze dal vento dello Spirito Santo. Questo processo, però, avviene con gradualità.

La liturgia domenicale e la nostra preghiera quotidiana agiscono così: ci fanno piano piano cambiare l’orizzonte, ci aiutano a guardare le cose dall’alto e a cogliere il mistero di Dio che attira ed eleva i nostri cuori, e che agisce non solo nei nostri, ma anche in quelli di amici e conoscenti, come quando si vedono tante mongolfiere nel cielo.

E là, più in alto, il sole di Dio. Guardiamo a lui con una nostalgia non meglio definita nel cuore, lo desideriamo come meta della nostra pace. Mentre ci pare di avvicinarci, chiediamo che sia lui stesso a colmare la distanza e ad entrare nel nostro luogo sacro interiore, affinché nel desiderio di elevarci, non dimentichiamo la base di tutte le nostre partenze.

Tempo ordinario