Le chiavi del futuro

Mia nipote più piccola, nel 2030, anno di verifica degli obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile, avrà 9 anni. Spero che sia ancora una bimba spensierata, ma che almeno il secondo obiettivo possa saperlo realizzato: ossia che non ci saranno più persone, soprattutto bambini come lei, che muoiono di fame.

Confido anche che a quel tempo sia realizzato l’obiettivo 16, ossia la pace. Solo la stupidità può ancora convincere che le guerre siano opportune, necessarie o peggio desiderabili per qualsivoglia risultato. La pace dovrebbe iniziare da domani, ma che dico: da adesso! Anzi, dovrebbe già essere iniziata.

I bambini e le bambine della sua età, nel 2040 avranno 19 anni. Saranno giovani e mi auguro con tutto il cuore che vivano in un mondo dove gli obiettivi 4 e 5 – l’istruzione di qualità e la parità di genere – siano talmente presenti e acquisiti da chiedersi come sia stato possibile vivere in un mondo dove queste cose non c’erano. Auspico, allo stesso tempo, che non vengano mai dati per scontati, cosicché i giovani uomini e le giovani donne del futuro possano scegliere come istruirsi al meglio e sviluppare con le stesse opportunità i propri sogni e la propria visione del mondo.

Nel 2050, la generazione di cui parlo sarà alla soglia dei 30 anni. Dovremmo potere pensare che avranno il mondo ai loro piedi e la vita davanti e che giustamente noi ci faremo da parte. Sogno di poter stare loro vicino come un anziano prete, pieno di stima e di affetto e magari con un pizzico di saggezza, ma non troppo invadente.

Per quell’anno, però, la posta in gioco è altissima, bisogna che siano raggiunti tutti gli altri obiettivi.

In modo particolare, stanno alle fondamenta i numeri 6 e 7, che riguardano l’acqua potabile e l’energia pulita, i numeri 11 e 12, che ambiscono a città vivibili, e i numeri 13, 14 e 15 che puntano alla lotta contro il cambiamento climatico. Quelli che non ho citato, saranno conseguenza di questi.

Alternativa non c’è.

Se vogliamo che i bimbi più piccoli che amiamo oggi, possano abitare il loro mondo domani, dobbiamo trovare le chiavi per aprire questo futuro. Per loro è un diritto e non una gentile concessione da parte nostra. Per noi è un dovere. In ogni caso possiamo farlo insieme, da alleati ed amici per lo stesso fine comune.

La radice di tutti i problemi e i conflitti generazionali, oggi, è nel trascurare da parte degli adulti questa consapevolezza.

In questi giorni celebriamo i santi e commemoriamo i defunti.

I santi sono coloro che hanno trovato le chiavi del futuro.

Lo hanno fatto in tutte le età della storia, anche di fronte alle sfide più difficili, rapiti dall’amore di Gesù e nell’ascolto profondo della Parola di Vita che li ha guidati: Benedetto e Scolastica, Francesco e Chiara, Bartolomé de las Casas, Francesco Saverio, Teresa d’Avila, i martiri delle guerre mondiali, Charles de Foucauld – solo per citarne alcuni – hanno letteralmente dato vita a nuovi mondi.

I defunti che commemoriamo, perché li ricordiamo volentieri, sono quelli che ci hanno lasciato un’eredità da custodire e che non vogliamo dimenticare, non quelli che ci hanno lasciato solo macerie.

Oggi, santità significa trovare le chiavi del futuro.

Ma non è un esperimento da laboratorio; è piuttosto un lavoro d’artista, di chi ha una fonte d’ispirazione e un fuoco dentro e li alimenta giorno dopo giorno con gli strumenti dell’amore e la speranza per le persone a cui vogliamo più bene.

Don Davide




Gratitudine, nonostante tutto

Naaman, della Siria, vuole a tutti i costi ringraziare Eliseo, il profeta di Israele, per essere guarito dalla lebbra. Allo stesso modo Gesù elogia il lebbroso samaritano che, guarito, ha scelto di tornare a ringraziare e di riconoscere il Signore.

Ormai è persino banale ricordarlo, tuttavia rimane necessario: viviamo tempi di una difficoltà imprevista, e forse impensabile fino a pochi anni fa. Le crisi che c’erano state prima del Covid sembravano grandissime, ma quelle di oggi le fanno impallidire.

C’è il linguaggio scellerato delle armi nucleari, che dovrebbe essere proibito – persino la parola – più che una offesa diretta o una bestemmia; c’è la crisi energetica; ci sono i problemi ecologici e una violenza orrenda e oscena in molte parti del mondo, che spesso non stanno sotto i riflettori… Senza andare lontano dai confini o negli scenari catastrofici c’è, infine, anche una buona dose di meschinità nel nostro vivere insieme e nella nostra vita individuale che esige urgentemente la nostra conversione.

Tuttavia, celebriamo l’Eucaristia, il Ringraziamento.

La comunità cristiana si raduna ogni domenica per celebrare nella fede la messa, come offerta ed espressione di gratitudine per il dono della vita, della fraternità, dell’amore condiviso e impegnato nei confronti del prossimo, e della speranza.

Con questa domenica riprendiamo le celebrazioni con le famiglie del catechismo alle 10 e la messa domenicale delle 11.30 che, viene curata con particolare attenzione, essendo la messa al centro del Giorno del Signore.

È una gioia vedere i bimbi e le bimbe, i ragazzi e le ragazze, le famiglie e gli anziani insieme, e sentire il sapore genuino, pur in mezzo ai nostri tantissimi limiti, della comunità, e impegnarci e avere la speranza di edificare un mondo dove le più ardite utopie impallidiscano.

Sì, noi ti ringraziamo, nostro Signore Gesù.

Ti ringraziamo per il dono della fede cristiana che custodiamo assieme; per le persone che amiamo e per le quali siamo ispirati a impegnarci; perché con la tua parola siamo incoraggiati e non ci rassegniamo alle ombre cupe che rabbuiano il mondo, ma possiamo portare la luce della saggezza, della sapienza e della pace.

Ti ringraziamo, perché quando portiamo la nostra vita concreta sull’altare della domenica, anche le cose più piccole diventano un dono e persino le nostre incapacità vengono trasfigurate. Tutto viene purificato e diventa più buono, pacifico e sereno.

Don Davide




Autunno

Spensierati, proprio no!

La prima lettura di questa domenica inizia con parole molto severe del profeta Amos che rimprovera chi è spensierato e a chi si considera sicuro sulle proprie ricchezze.

Queste parole potrebbero turbarci, invece ci fanno sentire in sintonia con la preoccupazione di Dio per il suo popolo. Spensierati, in questo periodo storico, non lo siamo davvero!

È iniziato l’autunno e tutte le comunità cristiane sono angosciate dalla preoccupazione di non fare fronte al pagamento delle utenze. È un problema serissimo, perché va molto oltre la questione economica: riguarda, per il terzo anno di fila, una difficoltà concreta a radunare la comunità e a trovarsi per le attività in una condizione non disagiata.

Almeno, ascoltando queste parole, siamo sicuri di avere quella santa inquietudine di cui parla il profeta.

Sicuramente non ce ne possiamo stare in panciolle e dobbiamo cercare le strade per una nuova sobrietà.

La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro ci aiuta a ricordare che, in questa circostanza drammatica, non siamo noi contro altri, ma le comunità cristiane insieme a tante persone che ugualmente soffrono di una situazione sociale divenuta quasi insostenibile.

Dalla parabola di Gesù impariamo che è necessario accorgerci delle sofferenze, essere solidali e condividere i pesi gli uni degli altri.

La realtà di questo periodo, quindi, può essere letta come un modo per vivere il Vangelo più radicalmente e vogliamo focalizzare lo sguardo su questo stimolo buono.

Don Davide




Nella misericordia

Non avrei potuto immaginare né desiderare una liturgia migliore per riprendere il nuovo anno pastorale.

Sabato 10 il vescovo ha presentato le linee guida per quest’anno alla diocesi, da lunedì 12 i preti si trovano insieme alcuni giorni per aggiornarsi e condividere il cammino della nostra chiesa, martedì 13 abbiamo l’importante assemblea parrocchiale, giovedì 15 nella nostra Regione ricomincia la scuola; tutto questo avviene nell’ispirazione di parole pervase dalla misericordia.

Mi sembra, in un certo senso, che sia già detto tutto.

Come dobbiamo interpretare e vivere il nostro impegno pastorale? Con misericordia, comprensione, tenerezza, dolcezza, bontà, vicinanza.

A fine agosto, al campo itinerante con i giovani, anch’io ho vissuto una grande esperienza di misericordia. Prima di arrivare ad Assisi sono stato ispirato a riconciliarmi con una persona con cui non ero in pace. L’ho fatto e, dopo, la città serafica e le vite di Francesco e Chiara ai miei occhi splendevano di una luce aurea, diversa.

Tra tutte c’è una parola che mi colpisce più delle altre: “cerca accuratamente finché non la trova” (Lc 15,8).

Il Signore ci cerca con cura, finché non ci trova.

È meticoloso, costante, tenace.

Questo vale per tutti ed è molto consolante.

Ciascuno di noi può affidarsi a lui e “lasciarsi trovare”.

A nostra volta, possiamo farlo per altri.

Cercare, curare, affidare al Signore.

Possiamo essere grati per questa ispirazione iniziale.

Don Davide




Giunga la gratitudine

“Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” (Lc 9,54).

Ma Gesù li rimproverò (cf. Lc 9,55).

Quante volte abbiamo avuto la tentazione di entrare in polemica, in nome della giustizia?

Ad esempio, rispetto all’ultima uscita di Fedez, sul tema della castità: è già la seconda volta che Fedez dice una sciocchezza sui social contro la Chiesa/Vaticano, senza sapere ciò di cui parla.

Adesso mi scoccia, perché i tantissimi ragazzi e le tantissime ragazze che conosco e a cui sono affezionato, per me sono delle persone concrete, non dei follower, e io ho condiviso moltissimo delle loro storie. Non mi sono mai permesso di giudicare le loro esperienze, anche sessuali, e con chi ha voluto confidarsi, ho cercato di aiutarli a vivere bene la loro maturazione in questa dimensione della vita.

Non voglio nemmeno entrare nel merito della questione: se a qualcuno interessasse, potrei fare un trattato, ma una cosa la voglio dire: io non mi sognerei mai di incoraggiare qualcuno a cui voglio bene a fare una cosa bella utilizzando un’espressione volgare, che per di più significa: usare sessualmente una persona per il proprio piacere.

Ma Gesù i suoi discepoli addirittura li rimprovera. E io non voglio farmi sgridare da Gesù.

Perciò lascio subito l’agone polemico e volgo lo sguardo altrove.

Mi chiedo come uscire da tale grettezza che ci circonda e genera consenso, e raccolgo dalla liturgia di oggi tre parole:

1)La grandezza

2)La libertà

3)Gesù

C’è la grandezza di chi sa riconoscere i grandi, nel vero senso della parola, come chi fiuta i veri profeti, prima che se ne vadano, e si mette alla loro scuola.

C’è la libertà che ci consegna il Nuovo Testamento, che è la posta in gioco della vita. Noi tendiamo sempre a tornare schiavi di noi stessi, delle nostre paure, delle nostre convenzioni e delle nostre logiche solo mercantili. Mentre la libertà è il grande esercizio per aprirci allo Spirito e giocare su un altro livello.

Infine, c’è Gesù, persona amata e tanto desiderata, che più mi attira a sé, più apre sentieri, sfida la morte e mi fa assaporare il Regno di Dio.

Che cosa sia questo regno di Dio, mi mancano le parole per dirlo. Lo riconosco, però, quando mi sento libero di amare e quando vedo la grandezza dei grandi anche nelle cose piccole, di chi è fedele alla propria responsabilità, di chi è gentile, generoso, buono, altruista.

Quando vedo la grandezza di chi serve; di chi studia per il bene dell’umanità; di chi piega se stesso verso il bene; di chi riconcilia e perdona, di chi educa; di chi fa un passo in più quando potrebbe farne uno in meno.

La riflessione si potrebbe fare lunghissima.

Fiuto che ci sono tantissimi profeti, accanto a me.

Giovani e meno giovani Jedi, che magari non impugnano la spada laser, ma non di meno percorrono le vie della Forza. A tutti costoro, contro ogni grettezza, giunga il grazie della nostra comunità cristiana.

Don Davide

 




Il Corpo del Signore

Il corpo sono io. Io non esisto senza il mio corpo.

Attraverso il corpo io esprimo la mia vicinanza alle persone che amo, il desiderio di stare loro accanto, magari per tutta la vita.

Così Gesù ci ha lasciato il suo corpo, per dirci: Voglio stare con te, sempre.

Come nel video che vi propongo (è stupendo, non perdetevelo per nulla al mondo!), questo corpo è testimonianza di un amore che vince il tempo che passa, che cambia il nostro sguardo e ci aiuta a scoprire che, allo sguardo dell’amante, il corpo dell’amato – l’amato stesso – è sempre splendido.

Il Corpo del Signore esiste per dire che ai suoi occhi tu rimani sempre splendido.




Preghiera piccola

Spirito Santo,

donaci una fede piccola non nel senso di poca, ma nel senso di semplice, umile. Quella fede così piccola da sradicare le montagne. Una fede “minore” come avrebbe detto San Francesco, che non vuole essere “superiore” agli uomini, ma sotto la luce di Dio.

Una fede così aderente alla tua manifestazione, da essere franca nella sua pacatezza, tale da non avere preoccupazioni né pretese di sorta nemmeno davanti a un governatore romano o a un sommo sacerdote: “Se sia giusto, davanti a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,19-20).

Una fede che cerchi l’intelligenza nella sapienza e la ragionevolezza nella matrice della Croce.

Una fede che non voglia avere ragione, ma sentimento; e che alla rassicurazione protettiva del dogma, cerchi preferibilmente l’emozione e l’inquietudine dell’incontro vivo con Cristo. Una fede che riconosca la Verità, che è Gesù Risorto, e la rispetti nella sua autenticità sempre inaccessibile alle nostre parziali e imperfette verità, piene di egoismo.

Spirito Santo,

che ci lasci la Croce come memoria del Risorto, donaci un ancoraggio essenziale non ai fondali degli abissi, ma al cielo, perché tu non sei etereo, sei concreto come un osso, sei l’essenziale di tutte le cose, spogliate da volontà di potenza, spogliate da trionfalismi, spogliate da rivendicazioni, rivalse e competizioni.

Tu, Spirito Santo,

sei la fede pura, perfetta come l’oro, limpida come un diamante e semplice come un granello di roccia; fede che si realizza quando ci affidiamo all’amore e riconosciamo che Dio è più grande di tutto e possiamo consegnarci a voi, Santissima Trinità, e custodire l’amicizia, l’affetto e il dono della Parola che illumina il nostro cammino.

Spirito Santo,

in questo giorno di Pentecoste, ti supplichiamo il dono della pace non come la dà il mondo, che sono sempre piccole ancorché utili paci, ma come la dà il Risorto, che la crea, laddove noi non siamo capaci di farla.

Infine, Spirito Santo,

ti chiediamo una fede essenziale, non affannata, ma piena di cura e di sorrisi, di legami rispettati e di alleanze mantenute o ritrovate, anche grazie al perdono.

Una fede non competitiva, né tra noi né col mondo, ma trasformante, sia di noi che del mondo.

Una fede buona e amorevole come una nonna con i suoi nipoti.

Don Davide




Nella responsabilità

Mentre Gesù ascende, c’è sempre un richiamo a rimanere coi piedi per terra e ad essere suoi testimoni.

Così, il salire “al cielo” di Gesù, il fatto che lui non sia più concretamente presente su questa terra, incarica noi suoi discepoli e discepole ad essere ben presenti a questo mondo, a questa nostra storia, come lo è stato lui, che si è spogliato della sua potenza divina per farci conoscere il Vangelo e cosa sia la vicinanza di Dio.

Per qualche motivo assai misterioso, dobbiamo essere noi i testimoni del Risorto.

Questo è meraviglioso e tremendo allo stesso tempo.

Non so cosa darei, per sapere cosa hanno provato i discepoli e le discepole di Gesù dopo la sua ascensione e prima della Pentecoste, in quel tempo intermedio in cui avevano sperimentato la pazza gioia di riscoprirlo vivo, ma ora si ritrovavano a doversi assumere la responsabilità di questo.

C’era tutta la storia della comunità del Risorto da incominciare. C’era tutta la storia della Chiesa da scrivere. Quante pagine luminose e quante che avrebbero dovuto non esserci!

Alla conclusione di questo anno pastorale e in vista di quello che si prepara, sento la medesima sensazione: quella di trovarsi nella gestazione di nuovo inizio e di avere chiara la responsabilità che comporta per tutti noi.

La Beata Vergine di S. Luca, in un certo senso, ascende insieme a Gesù, per essere sempre accanto a lui e vigilarci dall’alto. A lei, che è stata in mezzo a noi, affidiamo questa premura, mentre attendiamo, invocanti, umili e supplici, lo Spirito del Risorto.

Don Davide




Prepararsi allo Spirito

In questa domenica, in cui facciamo festa alla B.V. di S. Luca in città e onoriamo S. Rita, la liturgia comincia a prepararci ad accogliere lo Spirito Santo.

Egli è il Maestro interiore.

Ci aiuta a ricordare, custodire, meditare e comprendere le parole di Gesù, come una luce chiara sul nostro cammino.

In parrocchia c’è un quadro dedicato a S. Rita, recentemente è stata cambiata l’illuminazione, ma rimane poco visibile.

Ho pensato a quanto abbiamo scritto nella versione che abbiamo elaborato di quel quadro per la cosiddetta arte digitale, nella serie Leadership contemporanea: Clarity-A-… NFT for sale at Mintable.app

“Santa Rita è in estasi sostenuta da angeli. […]

In un mondo in cui l’estasi è associata alla sotto-cultura del disordine e della trasgressione, una vera guida sa che l’estasi è invece legata alla chiarezza mentale e si concentra su ciò che è realmente a servizio degli altri.

La leadership è un dono d’amore ed è sacrificio, carità e dedizione.

Una guida esce da se stessa, ma non si smarrisce. Mentre va verso gli altri è animata da una chiarezza assoluta: sa chi è, perché lo fa e come lo fa. E non perde mai di vista il Bene.”

Quando Gesù comincia ad ammaestrarci sul mistero dello Spirito Santo e dice: “Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26), pensa esattamente a una persona spirituale capace di essere padrona di se stessa e riferimento sicuro per gli altri.

Don Davide




Pregare i Salmi a Gerusalemme

Ho avuto in questi giorni l’occasione di pregare i salmi davanti al “Muro del Pianto” – o Muro Occidentale – a Gerusalemme. Opportunità che, tra l’altro, si intona perfettamente con la mostra di ArtCity che ospitiamo in questi giorni nella chiesa di S. Valentino.

Tra i tanti, ho pregato questo versetto: “Si dirà di Sion, l’uno e l’altro è nato in essa, e l’Altissimo la tiene salda.”

Eppure, se c’è una città divisa, è Gerusalemme.

Il vangelo di questa domenica ci dice che uno degli effetti maturi dell’esperienza spirituale della resurrezione è quello di abitare le contraddizioni, anzi di superarle. Dalla liturgia, ci viene riproposto il momento in cui Giuda abbandona il gruppo, per tradire Gesù. Nel momento in cui Giuda esce dal Cenacolo, Gesù parla dell’azione di Dio.

Ma come?!

Gesù è tradito e il Padre glorificato? Gli uomini si dividono e l’amore si fa spazio? L’uomo fallisce e Dio trionfa?

In tutti i salmi composti per avvicinarsi al Tempio si invocava e si augurava la pace su Gerusalemme. E una volta raggiunto il Tempio, si cantava l’Alleluia.

Così, pregare i salmi davanti al Muro Occidentale, dove una volta sorgeva il Tempio e ora due moschee, circondato dai luoghi cristiani, mi ha reso più consapevole che, sicuramente, noi uomini non siamo in grado di governare le nostre contraddizioni, ma il Signore sì.

Non è un’affermazione per non assumere le nostre responsabilità, ma un aprirsi alla fiducia.

Gesù sa trasformare persino un tradimento; e Dio ricompone le frammentazioni e le distonie che generano gli uomini, in una preghiera corale e armonica per la pace.

Così, la Pasqua che penetra nelle nostre vite, spinge anche noi non a guardare al passato, in nessun caso, ma a riconoscere cosa sta nascendo, cosa si sta generando di nuovo.

Don Davide