Esercizi spirituali

In vista degli esercizi spirituali parrocchiali il 27-29/11/2015, sull’Agenda parrocchiale di questa domenica e della prossima, proponiamo due riflessioni: la prima su cosa sono gli esercizi spirituali; la seconda sul come si inseriscono nel percorso della nostra parrocchia.

 Gli Esercizi Spirituali sono un’opera di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, in cui il grande santo riversa tutta la sua esperienza riguardo alla vita spirituale e al discernimento interiore. Attraverso un metodo molto rigoroso, fatto di piccole meditazioni e di veri e propri esercizi dello spirito, lungo un itinerario che dura ben quattro settimane, l’autore propone un percorso di purificazione e di vera e propria rinascita, in modo da poter seguire Gesù Risorto senza catene e con maggiore autenticità e slancio.

I Gesuiti propongono ancora oggi gli esercizi spirituali nella forma classica, fatta di quattro settimane consecutive di ritiro e di profonda meditazione, anche se c’è una versione “aggiornata” in cui si possono fare le quattro settimane separatamente, nel corso di un anno o più.

Da questa ricchissima tradizione spirituale, la Chiesa ha ricavato un metodo, che è diventato una via privilegiata per la formazione spirituale di tutti, presbiteri e religiosi, ma anche laici.

In genere, quando oggi si parla di esercizi spirituali, si intende un periodo prolungato (può essere una settimana o qualche giorno) di meditazione e preghiera in un clima di silenzio costante, in modo da poter conservare la massima concentrazione e permettere alla Parola di Dio di risuonare in tutte le sue vibrazioni.

Negli ultimi decenni, il Card. Carlo M. Martini, è stato insuperabile maestro di un ulteriore rinnovamento del metodo e della forma degli esercizi spirituali. Martini ci ha insegnato a meditare, interrogare la nostra vita e pregare a partire dall’ascolto attento della Bibbia, facendo sintesi tra la lunghissima tradizione della Lectio Divina (di origine monastica) e la grande sapienza di Sant’Ignazio riguardo alla vita interiore e al discernimento spirituale.

In questa esperienza, come si vede, risulta fondamentale la guida di una persona esperta, un “maestro” nella vita dello Spirito e nella predicazione.

Da questo tesoro della vita ecclesiale si sono moltiplicate svariate esperienze che cercano di tradurre l’intuizione degli esercizi spirituali nella vita concreta delle persone e delle comunità parrocchiali. Non tutti infatti sono abituati a prendersi due o tre giorni di ritiro, a meditare il Vangelo nel silenzio e a pregare a lungo… e non tutti, semplicemente, possono farlo in mezzo ai tanti impegni della vita quotidiana, del lavoro o della famiglia.

Perciò la nostra parrocchia ha deciso di proporre un’esperienza calibrata sulle esigenze di tutti, in cui poterci mettere in ascolto e chiedere allo Spirito Santo di farci fare “un po’ di strada” sia personalmente, che come comunità.

Si tratterà di due momenti di meditazione guidata e di preghiera personale, il venerdì sera e la domenica pomeriggio, più – per chi vorrà – uno spunto personale per la giornata del sabato, dove ci daremo appuntamento per la preghiera dei Primi Vespri, che sono anche l’inizio del nuovo anno liturgico.

Domenica prossima proveremo a condividere qualche riflessione su come si inserisca questa proposta nel nostro cammino personale e parrocchiale.

Don Davide

e l’Azione Cattolica parrocchiale




Tutti santi + 1

Chi ha letto la fortunata e bellissima saga di Harry Potter, di J. K Rowling, sa che i dolcetti preferiti dei giovani protagonisti sono le “Caramelle Tutti i Gusti + 1”: tra le quali si trovano sapori bizzarri che riservano sempre delle sorprese. Di fronte alla festa di Tutti i Santi, non ho potuto fare a meno di pensare a questa associazione. Anche tra i santi, infatti, si trovano personaggi singolari, come ad esempio San Filippo Neri, che era pazzerello e giocherellone; oppure San Girolamo, insuperato conoscitore delle Scritture, ma che aveva un tale caratteraccio da rimproverare Sant’Agostino per il fatto di predicare senza conoscere perfettamente l’ebraico.

In questa festa, però, non si ricordano solo i santi ufficiali, quelli saliti agli onori degli altari, ma anche tutti quei fedeli che – magari sconosciuti – hanno condotto una vita santa nell’amore. Sono loro quel +1 sorprendente! Gente che forse non è stata riconosciuta da chi era vicino, ma che ha vissuto uno straordinario eroismo di virtù, o di pazienza, o di carità che solo a Dio era noto.

Tutti i Santi: una comitiva sensazionale di amici che oggi festeggiamo e ringraziamo perché ci accompagnano e ci proteggono.

Se però leggiamo bene il titolo che ho dato a queste riflessioni – a dire il vero un po’ pazzerelle anch’esse – ci accorgeremo che non ho scritto “Tutti i Santi”, bensì “TUTTI SANTI”, senza l’articolo. Non è solo la festa che celebra quelli che santi lo sono già diventati, ma è un invito molto forte a percorrere il cammino della santità. Anche in questo caso vale il simpatico riferimento alla storia di Harry Potter: “TUTTI SANTI +1!”. Magari il +1 è quel tuo collega di cui sai poco, e che in pausa pranzo sparisce per qualche minuto: nella prima parrocchia dove sono stato, c’era un signore che veniva in chiesa sempre dalle 13.30 alle 14.00, nella sua pausa pranzo e stava lì immobile, ad adorare il Signore. Oppure è quel tuo compagno di università, che senza farsi pubblicità, va tutte le settimane a trovare i malati in ospedale. O quella mamma, che anche se non ci pensi – perché non fa nulla di straordinario – ama suo marito e si prende cura di lui e dei suoi figli consumando il suo tempo.

In realtà, però, quell’ “UNO IN PIÙ” sei anche tu, sì proprio tu che stai leggendo! È la chiamata sorprendente di Dio che coinvolge anche te, e allo stesso tempo ti ricorda che tu stesso sei una gioia in più e originale per questo gruppo di persone meravigliose.

Mi chiedi: «Ma come si diventa santi?» Ai più grandi rispondo: 1) ama le persone che hai scelto; 2) compi il tuo dovere (se possibile con gioia); 3) sii benevolo, misericordioso e paziente. Ai più giovani, invece, sento di lasciare il consiglio insuperato di San Giovanni Bosco: 1) prega un po’ ogni giorno; 2) compi sempre il tuo dovere; 3) stai allegro e custodisci la gioia.

E allora coraggio! Tutti santi +1! Sì anche tu che pensi che sia impossibile! Chissà che non sia proprio tu, invece, il gusto +1 in questa grande assemblea di Dio!

Don Davide




Un solo maestro e tanti fratelli come guida

In questa Domenica la nostra Chiesa di Bologna celebra il patrono, San Petronio, e le letture della liturgia sono specifiche. Nella nostra parrocchia, la solennità di San Petronio segna anche l’inizio del catechismo, che è sicuramente l’attività pastorale che impiega più energie e coinvolge un maggior numero di persone: ragazzi, catechisti e famiglie.

Mi piace pensare che il Vangelo proclamato per la solennità di San Petronio sia come una bussola per il nostro impegno. Gesù dice di non chiamare nessuno maestro, perché uno solo è il nostro Maestro, e noi siamo tutti fratelli. Io vedo in questo un modello per la nostra pastorale. La pastorale di una parrocchia, infatti, non è fatta di persone che “insegnano” e di persone che “devono imparare”; di gente che sa e di contenuti da trasmettere; di un gruppo che comunica i contenuti della fede o i comportamenti cristiani e di un gruppo che li dovrebbe ricevere. Nella pastorale, siamo tutti alla scuola di un solo pastore: Gesù Cristo. E anche i catechisti e gli educatori, condividendo il cammino e la loro esperienza con i più piccoli o con chi viene guidato nella fede, in realtà sono in un percorso in cui imparano insieme agli altri dall’unico maestro.

Il metodo non è quello che ci sono alcuni “attori” e alcune persone “passive”, nemmeno i bimbi del catechismo! La regola suprema, per me, è il coinvolgimento! La fede viene condivisa e “insegnata” solo rendendo tutti attivi protagonisti della vita cristiana, anche i nostri fanciulli che sono ancora nel cammino dell’Iniziazione, attraverso la preparazione ai Sacramenti.

Coinvolgimento dei ragazzi nell’esperienza del catechismo e dei gruppi, coinvolgimento delle famiglie nel condividere l’impegno educativo della comunità cristiana, coinvolgimento dei catechisti ed educatori e di tutti gli altri responsabili delle attività della parrocchia nel sentirsi protagonisti insieme al parroco della vita della nostra comunità: questo per me significa, nel concreto, avere un solo maestro e sentirsi tutti fratelli.

Chiediamo al grande pastore della nostra Chiesa, San Petronio, di sostenerci in questo progetto e di aiutare la nostra comunità ad accompagnare i ragazzi che iniziano il catechismo, e a sentirci tutti coinvolti, insieme a loro, nel fare maturare la nostra fede.

Don Davide




Fossero tutti profeti!

Assistiamo in questi giorni alla straordinaria capacità di papa Francesco di trasferire il suo carisma su quello di tutta l’istituzione ecclesiale. Trovo in questo aspetto una specie di realizzazione dell’esclamazione profetica di Mosè: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29).

Ancora una volta, la seconda lettura, la Lettera di Giacomo ci porta a riflettere su temi sociali come l’uguaglianza e l’equità. Nel suo viaggio a Cuba e in America, papa Francesco ha richiamato più volte alcuni di questi temi, convinto che l’attenzione seria a questo patrimonio, che appartiene pienamente al contenuto del Nuovo Testamento, sia una delle vie per testimoniare una nuova autenticità cristiana e per operare la “rivoluzione della tenerezza”.

Papa Francesco ha frequentemente spiazzato i discepoli di Gesù, come già faceva il Maestro, rifiutando la distinzione “noi e loro”, “i nostri e gli altri”, in nome di una fratellanza di tutti gli uomini che tenda a collaborare all’edificazione del Regno. Del resto, si sa, «lo Spirito soffia dove vuole» (Gv 3,8). L’attenzione, per altro impegnativa e faticosa, che tutti noi dovremmo avere, invece, è quella di non creare scandalo, soprattutto di non creare impedimenti (è questo il significato letterale di “scandalo”) ai più piccoli, ai poveri, alle persone svantaggiate. Senza mezzi termini, Gesù ci ricorda che è necessario sradicare da noi le cose che portano allo scandalo, e sembra che papa Francesco abbia preso con una radicalità senza precedenti questo insegnamento, quando – ad esempio – rifiuta il sontuoso pranzo offerto dal Congresso Americano per andare a mangiare alla mensa della Caritas, oppure quando si muove con una piccola auto in mezzo ai mezzi maestosi della sicurezza americana (pur necessaria).

Allora possiamo provare a seguire questo insegnamento e, grati al carisma di papa Francesco, provare anche noi come singoli e come comunità cristiana a compiere gesti profetici, anche piccoli, ma simbolici, che siano profezia della volontà d’amore di Dio per tutti gli uomini.

Don Davide




Un bambino posto nel mezzo

Il gesto di Gesù nel Vangelo di oggi ci dà l’occasione per uno spunto pastorale. Di fronte alle ambizioni dei discepoli, Gesù mette al centro un bambino, come segno della disponibilità ad accogliere Gesù stesso.

Allo stesso modo, se devo immaginare la metodologia pastorale di una comunità cristiana, penso che un programma pastorale debba partire mettendo al centro i bimbi e i ragazzi. Attenzione: so che vado contro corrente, nel senso che tuti i documenti importanti del magistero dicono che ci vuole un inversione di tendenza, che bisogna lavorare di più con i genitori, gli adulti e le famiglie… ma per me, mettere al centro i bimbi e i ragazzi non significa dedicare ore, tempo ed energie solo al catechismo o ai gruppi, trascurando le mille altre esigenze della pastorale parrocchiale.

Il punto è un altro. Per me significa mettere al centro il progetto che riguarda i più giovani, per coinvolgere, attivare, responsabilizzare e chiamare a condivisione tutta la parrocchia. Gesù lo dice senza mezzi termini: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”.

Concretamente, penso che il metodo per fare questa cosa sia di avere un’idea guida e un orizzonte condiviso. Con i gruppi facciamo questo attraverso gli strumenti dell’Azione Cattolica, che – per quest’anno – propongono come icona biblica la Visita di Maria a Elisabetta, come idea guida il tema del viaggio e come categoria di fondo la novità. Piano piano, sapendo che la formazione dei più giovani viene elaborata a partire da questo sfondo, mi piacerebbe che ci potesse essere una sintonia di tutta la comunità, una lunghezza d’onda condivisa, naturalmente calibrata sulla maturità e l’esperienza delle diverse fasce d’età.

In fondo, Gesù istruisce i suoi discepoli in un lungo viaggio attraverso le strade di Giudea e di Galilea, dove gli incontri, le parole, i problemi diventano occasione per annunciare e spiegare il Regno. Gesù non si è seduto in sinagoga, come facevano i maestri, per spiegare la Legge. Lo ha fatto “itinerando”, viaggiando.

La seconda lettura ci svela le passioni che emergono in questo viaggio, passioni spesso negative, che stanno rintanate nei nostri cuori, ed emergono quando smuoviamo le acque… Allora, lungo il cammino, sarà anche nostro compito imparare la sapienza che ci permette di neutralizzare queste passioni “tristi” (per usare una celebre formula usata nella psicologia) e imparare la passione per il Regno, attraverso lo sguardo posato su un bambino, posto nel mezzo.

Don Davide




Pensieri per un anno pastorale

«A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?» (Gc 2,14).

La domanda a bruciapelo della Lettera di Giacomo pone il problema di uno stile del nostro essere cristiani. Non è più la questione che ha diviso la Chiesa ai tempi della Riforma Protestante, se ci si salvi per le opere o per la fede… ormai è chiaro che ci si salva per grazia, in ogni caso. La questione è molto più il problema della presenza cristiana nel mondo: parole e opere non possono essere disgiunte, la coerenza della nostra testimonianza è fondamentale perché il vangelo possa ancora brillare agli occhi di tanti uomini e donne che, semplicemente, aspettano un segno che li interpelli.

Abbiamo un esempio emblematico di questo nella celeberrima scena del Vangelo. Pietro confessa con le parole la sua fede, ma poi con il suo modo di fare nega di fatto il punto più autentico della vita di Gesù: la sua morte e resurrezione.

Gesù lo rimprovera senza mezzi termini.

Anche noi spesso siamo come Pietro: professiamo la nostra fede a parole e nelle celebrazioni, ma poi nella vita di tutti i giorni il nostro stile non è coerente con il Vangelo. Soprattutto il nostro rapporto con i momenti di sofferenza, spesso, non tiene in nessuna considerazione la luce che viene dalla Croce di Gesù. Non è facile per nessuno, certo. Ma forse ci viene incontro proprio Gesù stesso, quando – dopo avere chiamato Pietro: “Satana” – gli dice di “tornare dietro di lui”, cioè di tornare nella posizione della sequela.

Ecco, noi riscontriamo tanti limiti nel nostro stile di vita cristiana, tante incoerenze, ma non dobbiamo preoccuparci: possiamo sempre ritornare nella posizione della sequela, con semplicità e direi anche un po’ di leggerezza, sapendo che sarà proprio questo “andare dietro a Gesù” che ci farà assumere il suo stile.

Mi auguro che in questo anno pastorale noi possiamo tenere come preziosissimi questi consigli. Che pian piano, cercando di tenere a mente le motivazioni evangeliche delle nostre scelte e delle nostre azioni, la fede che come comunità cristiana professiamo corrisponda sempre di più anche al nostro modo di essere autentici testimoni di Gesù soprattutto di fronte alle grandi sfide che si pongono alla coscienza cristiana: la questione dei migranti, l’ecologia, la giustizia sociale, la solidarietà, l’educazione delle nuove generazioni.

Don Davide




Il tempo della misericordia

Ci prepariamo a riprendere un anno pastorale, pieno di attività, di incontri e di propositi di bene. Lo facciamo in questo tempo in cui il sogno dell’Europa sembra dissolversi con l’innalzarsi di nuovi muri – pensavamo di esserceli lasciati alle spalle definitivamente, i muri – e in cui veniamo scossi dalla morte di tanti uomini, donne e bambini che migrano per le più svariate ragioni, e che sono – prima di tutto – nostri fratelli e nostre sorelle in umanità, figli di Dio.

Papa Francesco ci richiama continuamente a non dimenticarci di questa compassione per l’essere umano, imitando il Figlio di Dio che ha fatto come il Buon Samaritano, e si è chinato – e si china continuamente – sull’umanità ferita. Fedele al suo proposito, papa Francesco, apre sempre di più le porte della misericordia, con gesti e indicazioni concrete. Mi sembra che non sia solo un invito ad azioni particolari, ma la volontà di traghettare la Chiesa in un “tempo della misericordia”, simbolicamente avviato dall’indizione di uno speciale Anno Santo.

Il “tempo della misericordia” non è un singolo gesto, un’iniziativa o un’azione particolarmente benevola, è un clima e una mentalità, è uno stile con cui il cristiano abita e vede il mondo.

Possiamo comprendere le letture di questa domenica solo in questa cornice, e tenendo sempre davanti agli occhi ciò che accade nella storia del mondo.

Il profeta Isaia ci ammonisce: «Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Giunge la vendetta del vostro Dio”. È un linguaggio duro, che sfugge alla gabbia del politicamente corretto. C’è una vendetta di cui Dio è il protagonista, per fare giustizia agli smarriti di cuore, alle vittime. Ci sarà una vendetta contro chi rimarrà insensibile alla morte di un bambino sulle spiagge dei nostri mari. Ci sarà una vendetta che farà fiorire e irrigherà le terre deserte e martoriate dell’Africa e del Medio Oriente: «La terra riarsa diventerà una palude e il suolo riarso sorgenti d’acqua», (I lett.) mentre altri saranno condannati per i propri «giudizi perversi» (II lett.).

La Lettera di San Giacomo, infatti, è inequivocabile: ai ricchi si dice: “Siediti qui”, mentre per i poveri “non c’è posto”. «Non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?».

Nel vangelo, invece, Gesù guarisce un sordomuto. Ora quel sordomuto siamo noi, noi tutti, chiese e civiltà dell’Europa, che dobbiamo imparare di nuovo a tendere l’orecchio e ascoltare il grido di chi ha bisogno, come fa Gesù, e a parlare non più di muri, razzismo, confini e frasi fatte, ma un linguaggio profetico che immagini e costruisca un mondo che, realmente, sia più conforme al Regno di giustizia e di pace che Dio ha voluto iniziare nella storia degli uomini.

Don Davide




Lo spirito della comunione

La solennità della SS. Trinità ci ricorda innanzitutto la vicinanza di Dio (Deuteronomio, I lettura). Dio non “era” solo. Lui è un’esistenza di comunione e di relazione: non aveva bisogno di creare il mondo, né tantomeno di scegliere un popolo con cui iniziare una storia.

Invece Dio ha scelto, con una decisione eterna, di espandere il suo amore e coinvolgere tutta la creazione in questo amore, e di scegliere un popolo per fare sentire piano piano a tutta l’umanità la sua vicinanza.

Lo Spirito Santo è la realtà di questa presenza di Dio in mezzo a noi, prima discreta e ora, nel tempo della Chiesa, manifesta.

Gesù risorto invia i suoi discepoli a battezzare e a coinvolgere nell’esperienza della fede tutti gli uomini, incaricandoli di farlo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, cioè nel “nome” della Trinità.

Il “nome”, nella cultura ebraica, indica l’identità nel senso più profondo che si possa immaginare: esprime l’essere profondo di una persona, le sue caratteristiche, la sua natura, la sua capacità e il suo modo specifico di relazionarsi.

L’invito di Gesù, quindi, è un mandato a coinvolgere tutti gli uomini in questa comunione di amore e con lo stile di questa comunione. Non si tratta di una conquista, né di un allargare le fila della chiesa… ma di un testimoniare la Chiesa per quella che è realmente, ossia una comunità modellata dall’amore di Dio e che lo esprime fedelmente: una comunità che fa spazio al diverso, come il Dio Trinità; una comunità che coinvolge nell’amore chi ne è escluso, come il Dio Trinità; una comunità che, come il Dio Trinità, pazientemente si mette accanto agli uomini e alle donne, e cammina con loro, anche mille anni, per educarli a lasciarsi coinvolgere in questa gioia.

La solennità della Trinità, non è dunque una festa di concetti metafisici complessi e di distinzioni sottili, ma è la festa che invita ogni piccola comunità che costruisce la chiesa a realizzarsi in uno scambio di amore e di amicizia, e a condividere questa gioia con tutti.

Don Davide




Lo spirito della vita

Mentre continuano a giungere alle nostre orecchie tante notizie di ingiustizia, di violenza e di morte, viene rinnovata sulla Chiesa l’effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (sulla chiesa e su tutti gli uomini e le donne aperti ad accogliere questo dono, poiché lo Spirito Santo «soffia dove vuole» [Gv 3,8]).

In questa celebrazione è come se l’energia della resurrezione di Gesù si dispiegasse completamente. Nella notte di Pasqua abbiamo proclamato in un salmo: “Mandi il tuo Spirito, Signore, e tutta la terra si rinnova” (Sal 104); potremmo quasi dire che l’efficacia di questo rinnovamento opera a partire da oggi, e attraverso la conversione “alla vita” di tutte le persone che decidono di accogliere lo Spirito Santo e di fare spazio all’amore per la vita stessa. Si tratta di scelte concrete, con ricadute efficaci: i nostri stili di vita, il rispetto della creazione, la gentilezza nei confronti delle persone, la bontà, l’onestà, la dedizione ai più piccoli, gli sforzi per includere i poveri e gli esclusi, la gioia di esistere, l’entusiasmo e l’impegno di amare.

«Tutti furono pieni di Spirito Santo», dice il racconto di Pentecoste. Non si tratta – evidentemente –  di una pienezza quantitativa, come se lo Spirito Santo si potesse misurare, quanto di una pienezza qualitativa: si intende cioé una vita interamente animata e permeata dalla forza dello Spirito, che porta il suo frutto nelle famose nove manifestazioni che vale la pena di ricordare: gioia, pace, amore, bontà, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

Uno dei segni più efficaci di questa svolta che investe i discepoli è il cosiddetto “dono delle lingue”, ossia la possibilità di comprendersi, la grazia di una comunicazione efficace. Nel racconto degli Atti degli Apostoli sono due i miracoli che accadono: il primo è che i discepoli parlano più lingue, ispirate dallo Spirito; il secondo è che gli uditori sentono nella propria, come se lo Spirito avesse aperto a tutti la facoltà della comprensione. E’ un simbolo potentissimo che ci richiama al valore di una comunicazione che permetta una reale comprensione. Lo Spirito ci invita a metterci nei panni dell’altro (l’immagine di parlare più lingue) e di ascoltare come se parlasse esattamente la nostra (l’immagine dell’ascolto), perché solo questo ci permette di entrare in profonda empatia e condivisione e di fare sì che il dono supremo fatto all’uomo, la Parola, sia sorgente della nuova e vera comunione del mondo, contro tutte le forze disgregatrici della Morte.

Don Davide




Gli esercizi spirituali nella nostra parrocchia

Da venerdì prossimo la nostra comunità sarà impegnata negli esercizi spirituali parrocchiali. Ho voluto questa occasione per iniziare nel migliore dei modi il nuovo anno liturgico e il tempo di Avvento in preparazione al Natale, e ho chiesto all’Azione Cattolica parrocchiale di farsi carico dell’organizzazione a servizio di tutti.

Attraverso gli esercizi spirituali, vorrei che tutta la nostra comunità potesse riflettere sul tema del “Viaggio” – come già stanno facendo i vari gruppi parrocchiali – attraverso la scena del viaggio di Maria, che va a visitare la cugina Elisabetta dopo l’Annunciazione.

“Il Viaggio” è la chiave di lettura per entrare nella fecondità del Vangelo per l’oggi.

Che cosa significa per ciascuno di noi iniziare o ri-iniziare un itinerario spirituale? Quali sono le situazioni a cui dobbiamo fare fronte nella nostra vita personale, attraverso la disponibilità a metterci in cammino? Chi dobbiamo incontrare amorevolmente nella carità?

E ancora: come possiamo camminare insieme? Che cosa è necessario prendere come se fosse il bagaglio di un viaggio, nella pastorale della nostra comunità? E che cosa è necessario lasciare, perché comporta troppa zavorra?

Cosa significa come chiesa locale, incominciare un nuovo cammino con un nuovo vescovo?

E poi questo viaggio è sotto l’insegna della Misericordia, voluta da papa Francesco. Cosa significa, per ciascuno di noi, per le nostre relazioni, per il nostro amore e le nostre responsabilità, camminare sotto la benevola misericordia di Dio? Cosa comporta incontrare gli altri con misericordia, ed esercitarla il più possibile nella nostra vita?

Il tema del viaggio, infine, ci potrebbe spingere a considerare la sorte di tanti nostri fratelli e sorelle, che viaggiano attraverso deserti e mari, in mezzo a guerre e carestie… e trovano una sosta fuori dalla porta di casa nostra. Come ci interroga il viaggio di tanti uomini e donne?

Come vediamo, la chiave di lettura del viaggio è molto feconda per la nostra vita e le nostre riflessioni.

Venerdì sera vorremo farci aiutare a sostare proprio sul Vangelo, intercettando la forza di queste due donne meravigliose, Maria ed Elisabetta, e cercando di capire come il loro viaggio e il loro incontro coinvolga anche noi. Sabato sarà un giorno dedicato alla riflessione personale e domestica, magari insieme alla nostra famiglia. In questo giorno, i bimbi e le famiglie del catechismo, si inseriscono a loro modo negli esercizi spirituali parrocchiali, con un pomeriggio di festa e di preparazione del presepe parrocchiale. Concluderemo la giornata alle ore 18 con la preghiera dei vespri, per inaugurare il nuovo anno liturgico e iniziare insieme l’Avvento. Infine, domenica pomeriggio, padre Maurizio ci aiuterà a fare un viaggio e una ricognizione all’interno della nostra comunità, per cercare di capire come possiamo interpretare al meglio la nostra vita cristiana, in relazione alle sfide che ci attendono e al bene che dobbiamo costruire.

Vorremo poi concludere con un momento di festa, un aperitivo e un brindisi insieme.

Chi volesse proseguire questa esperienza e magari incontrare un luogo di scambio e di formazione, è invitato liberamente il sabato successivo, sabato 5 dicembre, alle ore 17.30, all’incontro organizzato dall’Azione Cattolica del nostro vicariato, proprio qui nella nostra parrocchia. Come dicevo, può essere un modo per continuare un po’ di percorso, e anche per condividere un maggiore coinvolgimento all’interno della vita parrocchiale.

 Don Davide