INTRODUZIONE ALLA MESSA
Celebriamo questa messa per ringraziare del dono del Vangelo, per la fine della guerra e la Liberazione del nostro paese e per la pace.
Lo facciamo in pieno spirito di partecipazione alla Festa del nostro Paese, e anche alla festa molto sentita che si svolge qui nel nostro quartiere.
Lo facciamo, soprattutto, in comunione con la Chiesa di Bologna e con la Chiesa italiana attraverso il Cardinale Arcivescovo Matteo Zuppi, che in questo giorno è presso la diocesi di Alba a celebrare nella messa il ricordo di padre Giuseppe Girotti, domenicano, inserito tra i martiri del nostro tempo nell’elenco della Comunità di Sant’Egidio.
Il 25 aprile 2020 il nostro vescovo ha dichiarato nel suo discorso:
“Il 25 aprile è una ricorrenza che ha corso il rischio di essere vissuta come una festa di parte, a volte retorica; al contrario, non dobbiamo dimenticare che è la festa di tutti e celebra i valori fondanti del nostro Paese. Dobbiamo essere grati, infatti, a quella generazione che ha vissuto la guerra e combattuto per la Liberazione, perché ci ha regalato la Costituzione e 75 anni di pace. (…)
Lo spirito della Costituzione è un regalo sofferto e dolorosissimo, ma che ci consegna una visione dello Stato e della politica in grado di unire persone e pensieri anche molto diversi tra loro. Questa è un’eredità preziosissima che è per tutti, questo comune sentire, capace di unire idealità diverse per il bene del nostro Paese e di superare le parti è ciò che ci unisce e rappresenta un’enorme ricchezza perché in grado di dire e dare ancora moltissimo.
Gli appuntamenti della città degli uomini sono quelli che uniscono tutti. (…) Ricorrenze come la fine della guerra e la Liberazione dell’Italia e dell’Europa dal nazifascismo sono davvero importanti, perché tutti vi si possono riconoscere. (…)
Credo che il mondo cattolico debba fare uno sforzo perché, dal Vangelo e dalla sua pratica, scaturisca una cultura che spieghi la realtà in cui viviamo e sappia accrescere una conoscenza e una comprensione più profonde e umane del reale. L’odio e il razzismo, che altro non sono che forme di paganesimo emergono quando il cattolicesimo è più debole.”.
In questo contesto, ricordiamo anche l’Azione Cattolica nazionale che nella giornata di oggi è stata a Roma a incontrare il papa, e soprattutto gli aderenti della nostra parrocchia, un bel gruppo numeroso di giovani che sono andati, e che nei prossimi giorni faranno qualche giorno di ritiro a Spello.
Preghiamo insieme a loro e anche per loro, perché come abbiamo ascoltato dalle parole del Cardinale, l’impegno cristiano e cattolico plasmi una cultura davvero buona ed evangelica.
Con queste considerazioni iniziali, chiediamo perdono per tutte le volte che non abbiamo assunto o rispettato la nostra responsabilità di cristiani nel mondo.
OMELIA
C’è un forte invito alla vigilanza in queste letture, come se non si potesse celebrare la festa di un evangelista senza essere attenti, sobri. Non c’è vangelo dove non si resiste, saldi nella fede, al leone ruggente che vuole divorare le vite. Non c’è possibilità di annunciare il vangelo della vita e del bene se non si sorveglia sulla possibilità che il male prenda piede e dilaghi e divori tutto.
Come sappiamo bene, a Bologna c’è un luogo simbolo del martirio di preti, dei religiosi e delle religiose e delle comunità che erano con loro, a Marzabotto – Montesole. Da molti decenni, ormai, quel luogo è stato riconquistato alla pace, alla preghiera e alla riconciliazione, in una parola al Vangelo, per opera dei monaci e delle monache di don Giuseppe Dossetti e per volontà della Chiesa di Bologna.
La festa liturgica di un evangelista, la festa civile della Liberazione e l’esempio della nostra storia locale ci insegnano che, perché non si ripetano più simili orrori, bisogna vigilare da lontano, perché il leone ruggente, il nemico, il Diavolo, sempre va in giro cercando chi divorare, ed è un attimo che si ceda sul discernimento evangelico.
Penso alla fatica della vigilanza, quando sorgevano il messianismo nazista e le promesse fasciste. La difficoltà di fare discernimento, la fatica di capire dove stava il giusto e lo sbagliato, i gangli del potere, il sacrificio di prendere posizione.
Oggi ricordiamo tante persone divorate dalla furia di quel leone, ma possiamo ricordare ad esempio i giovani della Rosa Bianca, che avevano la lucidità di chiamare Hitler “il Diavolo” e “Satana” nei loro volantini, quando tutti lo acclamavano come condottiero, o alla cosiddetta Chiesa Confessante, che rifiutò gli accomodamenti col potere e nel suo memorabile manifesto dichiarò che di Messia e Salvatore c’era solo Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto.
Pensando alla vigilanza, oggi che l’Azione Cattolica italiana è stata in udienza da Papa Francesco, voglio ricordare Tina Anselmi: convinta iscritta all’Azione Cattolica, antifascista per scelta, membra della Resistenza in seguito ad essere stata costretta ad assistere a un rastrellamento, staffetta partigiana, impegnata attivamente perché dopo la Liberazione non ci fossero regolamenti di conti, fiera credente, prima donna Ministra della Repubblica. Nel suo secondo incarico come Ministra, quando era Ministra della Sanità, fu approvata la Legge Istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. La vigilanza su questo tesoro nazionale che tutto il mondo ci invidia è un modo per evitare che il leone ruggente si insinui, ad esempio nella discriminazione tra la salute dei poveri e quella dei ricchi.
Dunque, si festeggia la Liberazione per vigilare affinché gli orrori delle dittature del passato non si ripetano. E i cristiani sanno che non possono annunciare il Vangelo se non impegnandosi molto perché anche gli orrori delle molte dittature di oggi cessino immediatamente.
Agiamo sapendo che Dio resiste ai superbi (1Pt 5,6), come recita la prima lettura, facendo eco alle parole di Maria nel Magnificat: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1,51-52).
Oggi, in Italia, ricordiamo il rovesciamento del potere nazista e fascista, e la vittoria di chi ha creduto nella possibilità di superare quella situazione: la guerra, l’usurpazione e l’orrore. Sembrava una lotta troppo umile, fatta di sacrifici militari, di nascondigli e staffette in bicicletta ma alla fine ha avuto la meglio.
Purtroppo sappiamo che non è stato tutto condotto nel bene. Ci sono stati altri crimini, vendette, regolamenti di conti. C’è stato chi si è approfittato dei vuoti di potere e della mancanza di controllo per dare sfogo a una violenza altrettanto crudele e ingiusta. Per questo bisogna vigilare sempre, ed evitare che si ripetano le condizioni per simili disastri strutturali, che poi sono faticosissimi da ricucire nel bene, nell’ordine e nella giustizia.
La Repubblica che ne è uscita e la nostra Costituzione repubblicana sono antifasciste e fondate sull’antifascismo.
Dossetti, che ho ricordato prima, ammoniva che “fascismo è ogni forma di potere che usurpa, discrimina e priva della libertà”. Esiste un fascismo di destra e lo abbiamo tristemente conosciuto. Ma esistono anche un fascismo di sinistra, un fascismo delle idee, un fascismo ecclesiastico, religioso e valoriale. E ancora, un fascismo delle parole, un fascismo degli atteggiamenti e un fascismo nello stile della convivenza.
Purtroppo ci sono ancora tantissimi di questi fascismi qui e in giro per il mondo e tutti questi fascismi generano violenza e rovina.
Per tutti questi fratelli sparsi nel mondo, Gesù ci invita ad annunciare il Vangelo. “Proclamare il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15) non significa principalmente fare catechesi o proselitismo. Significa offrire soprattutto con l’esempio un messaggio e uno stile che è un’incudine contro tutte le logiche mondane: la privazione della libertà, il potere, la ricchezza, la violenza, la discriminazione, l’egoismo, la mancanza di rispetto e la negazione della convivenza. “Proclamare il vangelo” significa agire attivamente perché trionfi la pace e perché tutte le passioni e le croci del mondo, cioè le torture e le morti procurate, siano definitivamente sconfitte.
Gesù parla di segni chiari, che distinguono chi agisce nel suo nome dai falsi profeti: scacciare i demone del potere e i suoi inganni, che potrebbero sedurre tutti, anche ciascuno di noi, perché non ne siamo immuni; parlare una lingua non violenta (pensate quanto fascismo c’è nelle nostre parole); anticipare i morsi del Serpente con la vigilanza, come si diceva prima e, infine, permette ai cristiani e alla Chiesa, quando sono stati contaminati da qualcuno di questi veleni, di avere l’antidoto nella conversione.
Più di ogni altra cosa, quindi, rimane vero che noi annunziamo Cristo crocifisso, vera sapienza di Dio. Quando guardiamo al Crocifisso, capiamo che – se lo amiamo – possiamo solo metterci accanto a tutti i crocifissi della storia, che sono suoi fratelli e sorelle, per annunciare a loro la resurrezione e a tutti (gli altri e noi stessi) la possibilità di conversione e di redenzione.
PREGHIERE DEI FEDELI
Lettore: Preghiamo insieme dicendo: ASCOLTACI, SIGNORE GESÙ.
- Per la Chiesa, perché sia testimone autentica della resurrezione di Gesù, soprattutto operando concretamente per il riscatto delle vite oppresse e proponendo la conversione e la riconciliazione dei cuori. Preghiamo.
- Perché noi siamo artefici di pace, con gesti coraggiosi e costruttivi, nelle scelte e nelle parole, nell’impegno sociale, civile e politico e nella solidarietà. Preghiamo.
- Perché apprezziamo il dono della libertà, sappiamo custodirlo, condividerlo e consegnarlo alle nuove generazioni, senza tradirlo con le superficialità e le ideologie. Preghiamo.
- Per tutti coloro che portiamo nella preghiera, per la Diocesi di Venezia che celebra il suo patrono, per chi si è affidato alla nostra preghiera, per chi soffre e chi vogliamo ricordare con affetto: perché tutti possano sentire il conforto dello Spirito e la speranza che viene dal Vangelo. Preghiamo.
Don Davide: Ricordiamo ora alcuni sacerdoti, a nome di tutti, martiri della violenza nazifascista, con una breve nota biografica:
Lettore:
Don Giovanni Minzoni
Coraggioso, dialogante, diede vita a progetti per i poveri, anziani, giovani e favorì il cooperativismo. Invece di trasformare i bambini della parrocchia in balilla scelse di farne gruppo scout, quando questi insieme a tutte le associazioni venivano chiuse dalle leggi fasciste. Per questi e altri motivi venne in odio ai fascisti e fu ucciso a bastonate il 23 agosto 1923 dagli squadristi agli ordini della milizia di Italo Balbo.
Don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo
Furono tra le vittime della prima strage nazifascista in Italia, a Boves. Si adoperarono per la salvezza del paese. Negoziarono con successo la restituzione di due soldati tedeschi catturati da partigiani, ma ciò non servì a salvare il paese che venne incendiato. Anche loro vennero entrambi trucidati e bruciati. Morirono il 19 settembre 1943.
Don Giuseppe Beotti
Aiutò ebrei, partigiani, soldati e feriti a mettersi in salvo e pagò col sangue la decisione di non abbandonare i suoi parrocchiani ai rastrellamenti nazifascisti. Morì il 20 luglio 1944 fucilato facendosi il segno della croce e stringendo il breviario in mano.
Padre Giuseppe Girotti
Padre Giuseppe Girotti venne arrestato da un repubblichino che fingendosi un partigiano gli chiese aiuto. Da tempo aveva iniziato a nascondere e medicare i partigiani e ad aiutare gli ebrei a fuggire. Caduto nella trappola, venne poi consegnato ai nazisti inviato a Dachau. Consumato dal freddo, sporcizia e tifo, fu portato in infermeria e ucciso da un’iniezione di benzina il primo aprile 1945.
Padre Placido Cortese
Padre Placido Cortese fu torturato per giorni interi. Nonostante le atroci torture non rivelò mai i nomi di ex soldati, partigiani, ebrei che aveva aiutato. Morì il 15 novembre 1944 per l’esasperazione dei suoi aguzzini che decisero infine di ucciderlo sparandogli.
Don Giuseppe Borea
Partigiano della Divisione “Val d’Arda” fu catturato dai fascisti e condannato a morte. Davanti al plotone di esecuzione rifiutò sedia e benda e gridò “Offro la mia vita per la pace e la grandezza della Patria”, poi, toltosi il mantello, gridò: “Viva Gesù, Viva Maria, Viva l’Italia.” Colpito da otto pallottole, don Borea fu finito con un colpo alla nuca.
Tra i tanti, ricordiamo ancora
- Don Francesco Delnevo
- Don Natale Monticello
- Don Pasquino Borghi
- Don Giuseppe Morosini
- Don Mario Pappagallo
- Don Giuseppe Rossi
- Don Ernesto Camurati.
Sono quasi 400 i sacerdoti diocesani e religiosi torturati e uccisi di cui ricordiamo oggi il sacrificio e il martirio.
Ricordiamo anche i presbiteri che, scampati alla fucilazione, hanno potuto raccontare la loro esperienza partigiana nella Resistenza, testimoniando i valori che campeggiano nella Costituzione repubblicana:
- Don Primo Mazzolari
- Don Angelo Cocconelli
- Don Giulio Malaguti
Per tutti loro preghiamo. Ascoltaci, Signore Gesù!
Don Davide