Sentirsi vicini

Appuntamenti di San Valentino per single, fidanzati e giovani coppie

La festa di S. Valentino, patrono della nostra parrocchia, ci dà l’occasione di meditare sull’amore umano e di vivere momenti di condivisione, ed è diventata in poco tempo un appuntamento atteso.

Anche quest’anno, nonostante le mille limitazioni, abbiamo deciso di proporre alcuni momenti di incontro, in presenza per quanto riguarda le celebrazioni liturgiche, sfruttando la tecnologia per gli altri appuntamenti.

Tema di quest’anno sarà: “Sentirsi vicini”.

9 febbraio ore 21 (su Zoom): Serie di vita

Nel primo incontro dialogheremo con Maurizia Sereni, Story Editor di professione, cioè una che ha le mani in pasta in molte delle serie che ci incollano agli schermi. Le serie ci hanno fatto compagnia durante il lockdown, sono una passione con cui trascorrere il tempo insieme alle persone che amiamo, e ci tengono uniti anche a distanza, quando si guardano magari a ripetizione, per scambiarsi opinioni e confrontarsi su ciò che è accaduto ai nostri personaggi preferiti. Inoltre, le serie sono sempre anche un’esplorazione dei sentimenti e delle emozioni dell’animo umano, delle modalità in cui reagiamo nelle varie situazioni e un messaggio che ci viene comunicato e che vuole fare cultura. Attraverso la condivisione delle nostre serie preferite, vogliamo rivisitare con uno sguardo positivo l’esperienza degli ultimi mesi e creare anche un’occasione di amicizia.

Per partecipare rivolgersi alla segreteria parrocchiale (051554256 o parrocchia@parrocchiasamac.it).

Non mancate! #sv21online #parrocchiasamac

12 febbraio ore 21 (su Zoom): Distanti ma uniti

Nel secondo incontro pregheremo insieme, gli uni per gli altri, meditando su questo mistero dell’amore che vuole superare le distanze, sia quando siamo lontani, ma anche quando siamo vicini. L’amore è bisogno di intimità. Chi ama vuole essere unito/a alla persona amata. Guida la riflessione don Roberto Mastacchi, parroco di S. Martino di Casalecchio, già Vicario episcopale per la Famiglia.

Per partecipare rivolgersi alla segreteria parrocchiale (051554256 o parrocchia@parrocchiasamac.it).

Non mancate! #sv21online #parrocchiasamac

14 febbraio ore 18 (su Zoom): incontro con il Cardinale Zuppi e la scrittrice Silvia Vecchini

Nell’ultimo incontro dedicato ai fidanzati e ai giovani sposi (domenica 14, ore 18, piattaforma da definire) il Vescovo Zuppi e Silvia Vecchini, scrittrice, poetessa e autrice per ragazzi (www.silviavecchini.it), mescoleranno spiritualità ed esperienza umana per fare rivivere alle coppie l’intensità del loro amore, quando non ti senti mai abbastanza vicino e sempre troppo lontano dalla persona amata.

Per partecipare all’incontro con il Cardinale Zuppi scrivere all’Ufficio Famiglia diocesano: famiglia@chiesadibologna.it (il link per partecipare verrà inviato dopo l’iscrizione).

#sv21online #chiesadibologna




Guarire la solitudine

Il Vangelo di Marco ci presenta un’umanità afflitta da molti mali, alcuni più simbolici come una febbre che non ci fa essere attivi, altri più seri come delle vere e proprie malattie mortali. La parola, i gesti e la presenza stessa di Gesù vengono indicati come una liberazione da tutto ciò: appena uscito dalla sinagoga, si sprigiona da lui la potenza del Regno di Dio.

Ascoltando l’amara riflessione di Giobbe nella prima lettura, siamo spinti a riconoscere che c’è un male attuale più di ogni altro: la fatica del vivere, lo smarrimento del senso, la solitudine.

Anche chi – per fortuna o per merito – non conosce queste esperienze e le opprimenti situazioni emotive che provocano deve fare spazio nel proprio intimo e ascoltare il grido di chi ne soffre. È un’empatia necessaria. Ci sono tanti nostri fratelli e sorelle che gemono schiacciati da difficoltà troppo grandi per loro, che si chiedono come Giobbe che senso abbia esistere ed esistere così, e che sanguinano per la solitudine.

L’espressione più estrema di questa esperienza, qualcosa di analogo alle dimesse parole di Giobbe di oggi, è descritta da un grande scrittore e filosofo, che indica senza individuarlo il punto di rottura, quello che lascia molti essere umani come naufraghi solitari nel mondo:

«Ci dev’essere stato un momento di comunione in cui non avevamo alcuna obiezione da fare al mondo; com’è allora che la nostra solitudine è così profonda?

Dev’essere successo qualcosa, ma le radici della deflagrazione ci restano impenetrabili.

Noi ci guardiamo attorno, ma più nulla ci sembra concreto, più nulla ci pare stabile.» (Houellebecq, Cahier).

Oggi la Chiesa Italiana celebra la 43° Giornata per la Vita. A ben guardare, tutte le situazioni difficili o addirittura tragiche per la Vita hanno a che fare con la solitudine e con la fatica del vivere. Assumere la propria responsabilità per la Vita e per aiutare chi è in qualsiasi tipo di crisi significa soprattutto soccorrere questa solitudine, alleviare con dolcezza, amicizia e ogni premura quella sensazione che l’esistenza sia troppo grande e difficile da affrontare.

Il Vangelo risuona come una medicina alla malattia mortale di questo tempo: la solitudine. È importante ricordare che questa cura non avviene solo con l’annuncio della parola, ma anche con gesti concreti e con la presenza, proprio come faceva Gesù.

Per questo l’apostolo Paolo, nella seconda lettura, scrive che annunciare il Vangelo è una necessità che si impone: per quel desiderio di soccorrere coloro che hanno bisogno di essere aiutati a riconoscere o a riscoprire la Vita, propria o altrui, come una benedizione.

Don Davide




Gesù insegna anche oggi

«Entrato di sabato nella sinagoga, Gesù insegnava» (Mc 1,21).

L’esperienza di Israele di ritrovarsi nel giorno del riposo ad ascoltare la Parola di Dio e l’insegnamento dei maestri, è slittata per i cristiani al primo giorno dopo il sabato, quello della resurrezione, il primo giorno della Nuova Creazione.

In questa domenica, vorrei cogliere proprio un’analogia tra questo entrare di Gesù nella sinagoga e quello che accade dopo, in giorno di sabato, e quello che potrebbe accadere nell’entrare nostro, di domenica, nell’assemblea liturgica per la celebrazione eucaristica.

Gesù, in questa scena iniziale della predicazione del vangelo carica di simboli e di significati, viene descritto come il Messia che porta a compimento il Sabato, cioè la bontà della Creazione. Dio, infatti, nel racconto della Creazione, aveva creato il mondo in sei giorni, sigillando la sua opera con una sentenza che era anche una benedizione: «vide che era cosa molto buona» (Gn 1,31). E il settimo giorno, aveva perfezionato il suo operato concedendo a se stesso e al mondo di riposare in questa bontà.

Ora – in questo episodio – c’è qualcosa che non va: c’è un uomo posseduto da uno spirito «impuro». Attenzione: non è necessariamente un “indemoniato” come lo intendiamo noi. Il vangelo ci parla di «impuro», cioè di qualcosa che nulla può avere a che fare con la sinagoga, un luogo sacro, e soprattutto con il Sabato, che è il “sacro” per eccellenza.

Tuttavia, lo «spirito impuro» che si è impadronito di quel pover’uomo, se ne sta zitto e beato in sinagoga tra gli altri, senza che nessuno si accorga di quella presenza illegittima. È solo quando Gesù entra e comincia ad insegnare che si scatena, comincia a saltare sulla sedia, non può più starsene tranquillo, perché la parola di Dio giunge con un’autorevolezza ripristinata, nella voce del Maestro.

La parola di Dio, che risuona finalmente senza limitazioni attraverso Gesù, vuole ricostituire la Creazione nella sua bontà, e dunque non c’è più spazio per gli spiriti «impuri», per le cose che non corrispondono alla santità di Dio. Tutto questo è celato nella semplice affermazione che «Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava […] e uno spirito impuro cominciò a gridare…» (Mc 1,21.23).

Il paragone che vorrei proporre, forse un po’ azzardato, è semplicemente questo. Noi veniamo da un lungo periodo, quasi un anno, in cui un virus impuro – qualcosa che non corrisponde per nulla alla bontà della Creazione di Dio – ha trattenuto molti di noi dalla partecipazione alla messa. Questo virus si è annidato tra di noi, ha instillato la paura, ci ha appesantito, ci ha spinto alla rassegnazione. In più, abbiamo sentito tante parole logore, tanto “berciare” poco autorevole, che invece di dare coraggio, speranza e direzione, hanno creato confusione e ci lasciano disorientati.

La parola di Dio e la celebrazione liturgica, invece, hanno il potere di scavare nel nostro spirito e di andare a stanare tutti gli spiriti impuri che vorrebbero nascondersi ed opprimerci, cercando di non farsi scoprire.

Non vorrei essere frainteso. La mia non è solo un’esortazione interessata a serrare le fila e ritornare a messa; certamente è anche un incoraggiamento in quel senso, ma è molto di più. È la considerazione che proprio questo tempo potrebbe essere l’occasione inaspettata per riscoprire la forza di quello che accade nella messa festiva, il motivo principale per cui noi celebriamo la domenica. Non è certamente per timbrare il cartellino di un precetto e meno che mai per metterci la coscienza a posto. Il punto cruciale è avere un appuntamento con una parola che ha il potere di ricostituirci nel bene, di mettere a posto quello che non va, anche quello che facciamo fatica a percepire.

Certo, direte voi, l’autorevolezza di noi poveri preti che facciamo l’omelia non è la stessa di Gesù che insegna, e avete ragione. Ma l’insegnamento di Gesù, nella messa, avviene in modo molto più ampio. La sua parola viene proclamata al di là di chi la commenta. La sua voce risuona nelle preghiere liturgiche. È lui stesso che ci raduna, ci costituisce in unità e si offre a Dio Padre mostrandoci l’esempio.

Insomma, quando accediamo all’assemblea liturgica, di domenica, è Gesù stesso che insegna e non permette più a nessuno dei nostri spiriti impuri di stare tranquilli, e così ricrea in noi il bene, ci fa ottenere quella pace del cuore che tanto desideriamo e ci fa riposare.

Don Davide




Omelia per i bimbi del 24-01-2021

TESTIMONIANZA DI ZEBEDEO

Quando Gesù chiamò i miei figli Giacomo e Giovanni, capii che era giunto un momento decisivo anche della mia vita.

Conoscevo quel Maestro particolare; era da qualche giorno che insegnava lungo le coste del Lago e lo faceva in modo diverso da tutti gli altri: era più autorevole e più convincente, e le cose che diceva si capivano bene, come se facessero parte della nostra vita. E poi nelle sue parole c’era una dolcezza, come se parlasse con affetto a persone a cui voleva bene, e quando lo ascoltavi provavi un senso di urgenza e di pace allo stesso tempo.

Avevo voluto molto bene ai miei figli e avevo insegnato loro tutto quello che sapevo, soprattutto il mestiere di pescatore. Ormai, erano molto più bravi di me.

Ma sapevo che quel lavoro gli stava stretto. Erano sempre stati irrequieti, con un’energia che sembrava che dovessero spaccare il mondo e certamente quei piccoli villaggi sulle sponde del Lago non erano abbastanza per loro.

Pensate che una volta si erano conquistati il soprannome di Figli del Tuono.

Il giorno che Gesù li chiamò, li avevo visti particolarmente spenti. Stavano aggiustando le reti, ma si vedeva che erano tristi, annoiati e con poca motivazione.

Così fui contento che fosse proprio Gesù a chiamarli. La sua voce risuonò come un tuono: “Ehi, voi due, venite dietro di me!” Notai che c’erano già Andrea e Simone al seguito: sembravano due pulcini spaventati dietro a Gesù, eppure erano due omoni, con le mani indurite dal tanto lavoro.

Quando Gesù li chiamò, sentii che si realizzava anche la mia vocazione di padre, come la vocazione di ogni genitore, di ogni mamma e di ogni papà.

Sì, perché quando sei genitore ai tuoi figli insegni tutto, dai loro il meglio di te… ma poi arriva il momento in cui devono seguire la loro strada, ed è giusto che lo facciano, che loro partano e che tu rimanga lì sulla tua barca, da solo.

È difficile, ma è giusto.

La vocazione dei genitori si compie proprio quando sanno lasciare spazio ai figli, perché seguano la loro vocazione.

Giacomo e Giovanni, all’udire quella voce di tuono, si risvegliarono. I loro lineamenti si distesero e si accesero, come se fossero di fuoco. Si voltarono verso di me, facendomi un sorriso, io con la testa feci cenno di sì e loro si incamminarono verso Gesù, lasciando tutto lì sulla barca.

E io sono contento che abbiano risposto con l’entusiasmo che li caratterizzava. E sono contento che lo abbiano fatto subito. Perché un padre è felice quando i figli sono felici.

Sono i miei figli e io li amo.

 

INTERVISTA AI DISCEPOLI

Giacomo e Giovanni, raccontateci come è stato l’inizio.

Quando Gesù comparve per la prima volta e cominciò a predicare, non ci facemmo neanche caso. Non era certo il primo e non sarebbe stato l’ultimo.

I personaggi come lui iniziavano a predicare alla mattina presto, quando noi pescatori avevamo quasi finito di lavorare, dopo una notte passata a pescare. Eravamo stanchi e non avevamo certo voglia di stare lì ad ascoltare!

E poi cosa successe?

Prima che ci chiamasse, eravamo passati accanto a Gesù un paio di volte, mentre tornavamo dal lavoro. Ricordo che la prima volta che incrociai il suo sguardo, non riuscii a sostenerlo.

Così, cominciammo a fare attenzione a quello che diceva. Quando finivamo di pescare, trovavamo sempre la scusa di intrattenerci sulla barca, per ascoltare qualche insegnamento di Gesù, senza farci notare.

Ma credo che lui si fosse accorto che eravamo interessati.

Cosa avete provato?

Cavolo, noi eravamo giovani e vivevamo in un mondo legato alle tradizioni! Sembrava che non si potesse fare niente di nuovo, non era ammesso nulla ente che non fosse stato già fatto o già vissuto dai tuoi genitori, dai tuoi nonni e dai tuoi bisnonni.

Invece noi eravamo curiosi. Volevamo vedere Gerusalemme… e Atene… e magari anche Roma! Anzi, volevamo sconfiggere l’Imperatore! Sì, pensavamo di poterlo fare!

E ci siete riusciti?

Beh, quando Gesù ci chiamò pensammo che fosse la nostra grande occasione.

Ha funzionato?

In realtà, dopo abbiamo scoperto che non avevamo capito niente.

Ci disse che saremmo stati “pescatori di uomini” e noi ci lasciammo prendere dall’entusiasmo… ma, a pensarci bene, non avevamo idea di cosa volesse dire!

L’avete imparato?

Sì. Abbiamo imparato che la cosa più grande che si può fare è migliorare se stessi, allenandosi ad amare, a voler bene e a servire.

E che essere pescatori di uomini, significa che se tu ti lasci amare, dopo gli uomini si avvicinano a Dio quasi da soli.

Grazie del vostro tempo, alla prossima intervista!
Grazie a voi, arrivederci a tutti!

 

LETTERA DI GESÙ

Care bimbe, cari bimbi,

rispondo volentieri per raccontarvi cosa mi ha spinto, quel giorno a chiamare i primi discepoli… i primi di una lunga lista in cui, oggi, ci siete anche voi.

Io abitavo a Nazareth, sui monti, ed ero stato a Gerusalemme e a Betlemme… ma il Lago era il mio posto preferito. Così, quando volevo annunciare l’amore di Dio… decisi di partire da lì.

Mi sembrava il luogo adatto per sentirsi amati da Dio, come quando anche voi siete nel vostro luogo preferito. Qual è il vostro luogo preferito?

Lì incontrai tanti uomini e tante donne indaffarati. Erano giovani e meno giovani… e studiandoli, capii subito una cosa.

Tutti, ma proprio tutti, avevano nel cuore un desiderio: quello di essere amati e di amare, insieme a quello di fare qualcosa di buono.

Sono sicuro che anche voi ce l’avete! È quel sentimento che ci fa sentire la gioia, quando accade qualcosa di bello.

Allora cominciai semplicemente a dire a tutti che era vero.

E loro mi domandavano: “Che cosa è vero?!”

E io: “Che siete amati! Che Dio vi ama!”

E aggiunsi che tutti potevano farlo.

E loro mi domandavano: “Che cosa possiamo fare?!”

E io: “Potete amare anche voi! E fare tante cose buone!” E li incoraggiavo.

E vedevo che era come se si risvegliassero: avevano più energia ed erano più gioiosi.

Avete presente, bimbi, quando incontri qualcuno che capisci che può essere tuo amico? Ecco, quando vidi i primi discepoli, io provai quella sensazione. Capii che saremmo stati amici per sempre e che io non li avrei lasciati mai più.

Fu come un’ispirazione e li invitai a seguirmi e a stare con me. Loro vennero subito, non indugiarono neppure un secondo, e così facendo, mi hanno insegnato loro una cosa che io non avevo ancora imparato.

Che il momento buono per fare il bene è adesso, subito!

Iniziate dal vivere bene la giornata di oggi: fate un complimento per il pranzo buono che mangerete, mettete un po’ più di impegno del solito a fare i compiti di oggi, quando giocate inventatevi qualcosa di speciale… e andando a dormire, stasera, date un abbraccio più forte ai vostri genitori.

E anche voi scoprirete, che l’amore di Dio è vicino, vicinissimo.

Con affetto,
il vostro Gesù




Subito

Quel giorno sul lago

Cosa successe, quel giorno, sul Lago di Tiberiade?

Accadde che, per la prima volta, un uomo sentendosi chiamato scelse liberamente di seguire Gesù. In realtà non si trattava di un solo uomo, ma erano due fratelli. Li chiamò – ci dice il Vangelo – ed essi subito lo seguirono.

Immediatamente, a quanto pare dal racconto, Gesù notò altri due fratelli, impegnati nello stesso mestiere. Li chiamò subito.

C’è una duplice catena in questo racconto, come quando due bimbe si tengono per le mani con le braccia distese e fanno il girotondo con il corpo all’indietro; o una ballerina che disegna un semicerchio intorno ai danzatori, scambiandosi da uno all’altro in successione.

Sembra che la chiamata di Gesù non possa risuonare per uno solo, ma che valga sempre anche per un “fratello”. E addirittura, oltre a una prima coppia, ne viene coinvolta repentinamente un’altra. Questo passaggio di testimone sembra innescato dalla prontezza alla risposta dei primi: essi SUBITO lo seguirono. E Gesù SUBITO chiamò gli altri due.

La voce di Gesù che raggiunge la vita delle persone è come una scintilla nella stoppia. Nel momento in cui si accende, fa divampare un incendio… ma dipende dalla prontezza con cui chi si sente chiamato risponde.

 

Oggi qui

Ci possiamo chiedere, allora, cosa succede, oggi, nella nostra Bologna o, più specificamente, su Via San Felice, attorno al Palazzo dello Sport, a ridosso dei Viali di Circonvallazione o tra le vie del Centro?

Queste parole valgono per chi, fra di noi, riconosce la propria fede, ne è grato e se ne sente orgoglioso. Chi fra di noi sente la chiamata di Gesù, che risuona personale, con la sua tonalità e l’inflessione della sua voce. Avete mai immaginato come doveva parlare Gesù? Io sì, tante volte.

Chi, fra di noi, desidera ancora essere suo discepolo risponda presto! Non indugi affatto, neanche per un secondo! Avrà appena aperto gli occhi, per capire da che parte Gesù lo stia chiamando, che scoprirà accanto a sé un fratello, una sorella, che hanno ascoltato la stessa chiamata come lui. Entrambi ascoltino e gli rispondano: grazie Gesù! Vogliamo essere pescatori di uomini!

E Gesù, vedendo quest’entusiasmo chiamerà subito degli altri, come se anche lui scoprisse la sete dell’umanità. C’è bisogno di incamminarsi su sentieri luminosi e c’è bisogno di “agguantare” tutti gli esseri umani.

 

Quello che puoi fare tu

Tu rispondi subito. Lui subito chiamerà altri.

Ed essi risponderanno.

Pensavi di udirla solo tu, quella chiamata.

Appena ti volti attorno, scopri altri tre fratelli e sorelle.

Don Davide




Dove abiti tu?

Dimorare
Abbiamo tutti bisogno di trovare un luogo dove stare, in cui sentirci a casa.

Gli innamorati quando si innamorano, gli sposi quando edificano la loro casa, i ragazzi che cercano un gruppo di appartenenza, chi segue le mode, chi condivide o mette “mi piace” a una playlist su Spotify, chi si iscrive a un canale YouTube… tutti cercano un “posto” non solo fisico e non immateriale da cui attingere un tratto di vita.

È la ricerca di una dimensione “spirituale”, che faccia sintesi delle esperienze del corpo, dell’anima, dei sentimenti e delle emozioni, per farci trovare senso e bellezza nelle cose, e riconoscere che questa esistenza merita di essere vissuta.

«Dove abiti?» 
Chiunque cerca una guida, un mentore, un compagno di viaggio e una persona da amare, o anche semplicemente un gruppo di lavoro o una comunità dove stare, porta questa domanda nel cuore.

La domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù, dunque, esprime almeno due sfumature:

1) Dove abiti perché ti possiamo seguire, perché possiamo abitare lì anche noi?! Sei affascinante per me? Sei in grado di farmi sentire vivo?
2) Dove abiti TU. Che cos’è che fa vivere te, Gesù? Cos’è decisivo per te, Maestro?

Entrambe le domande sono importanti, ma la prima è più inflazionata. Per me la seconda è molto più interessante: cos’è, Gesù, che ti ispira? Qual è il segreto tuo?

Colui che dirada le tenebre
Avete presente quando si incontra un “guru” in qualche ambito (uso la parola “guru” nel suo significato originale di “colui che dirada le tenebre”)? Ecco, quando si incontra uno che ti chiarifica o ti illumina a partire dalla sua chiarezza, ci si chiede sempre quali siano le sue sorgenti, chi siano stati i suoi maestri, come abbia percorso quel cammino che l’ha portato ad essere così.

Ecco, i discepoli di Giovanni Battista dovevano avere pensato questo del loro (primo) maestro. Giovanni era un uomo “pazzesco”, straordinario. Secondo le fonti ha lasciato il segno nella comunità di Gesù ancora per più di un secolo. Gesù stesso lo avrebbe definito «il più grande tra i nati di donna». Loro, i suoi seguaci più stretti, dovevano avere pensato che la loro ricerca più profonda era compiuta, come lo sportivo che fosse certo di avere trovato il miglior allenatore possibile.

Invece lui, il Battista, indica Gesù.

Da qui quella domanda lapidaria, piena di aspettative, di curiosità e di ricerca: «Maestro, dove dimori?».

Gesù
Quello che aveva da dire Gesù era sproporzionato per una sola risposta. A quel punto, egli non può che ribattere: “Venite e vedrete.” Ti introduco in qualcosa di talmente sorprendente, che non vorrai più rinunciarci.

I discepoli lo avrebbero capito ben presto… e anche noi lo capiamo nella nostra esperienza cristiana. Al seguito di Gesù siamo istruiti in uno stile e una vita delle relazioni, con gli uomini e con Dio, che non finiamo mai di imparare. La sua vicinanza, il suo affetto, la sua autenticità superano sempre quello che pensiamo di avere potuto ammirare. La sua onestà di fronte alla “serietà” e bellezza della vita, e allo stesso tempo la sua capacità di vivere cose vere e di farci capire come la vita andrebbe vissuta, non cessano di affascinarci e di attrarci.

Un giorno nuovo
Giovanni, l’evangelista, ricorderà quel giorno per tutta la vita. Quando scriverà il Vangelo, da uomo molto anziano lui, che era stato il discepolo più giovane, non mancherà di appuntare: «Erano circa le quattro del pomeriggio». La nota non è solo la testimonianza commovente della bellezza di quell’incontro, ma molto di più. Nel conteggio ebraico del tempo che conta i giorni non a partire dal mattino come noi, ma dal crepuscolo, quel ricordo indica l’inizio di un giorno nuovo.

Don Davide

tramonto




In una forcella di montagna

La Domenica del Battesimo di Gesù fa da cerniera tra il Tempo di Natale e l’inizio del Tempo Ordinario.

Entriamo nel cammino dell’anno e riprendiamo i percorsi usuali della nostra vita, avendo negli occhi il panorama delle feste e guardando in avanti all’itinerario che ci attende, come chi al valico di una forcella montana guarda alle spalle un paesaggio favoloso e scruta la meta avanti a sé dall’alto.

Di solito, la salita per arrivare alla forcella in un sentiero di montagna è molto faticosa, quindi quando si arriva in cima ci si sente stanchi, ma anche entusiasti per il traguardo raggiunto. Si desidera fare una pausa. Allora si cerca un posto riparato, perché in mezzo al valico tira sempre un vento forte, e si mangia un panino per ricaricare le energie fisiche per i passi successivi.

Ugualmente anche noi, al valico di queste feste. Abbiamo l’energia della festa che ci ha ricaricato: la conferma dell’amore di Dio su di noi, la meraviglia del Natale che si è rinnovata, la gioia di seguire la stella divina come i magi.

La meta è la Pasqua e sta davanti a noi, lontana, ma fin da adesso riusciamo a intravederla nella scena di Gesù che viene investito della benedizione dello Spirito Santo dall’alto.

Le feste di Natale sono state belle, ma la grande intensità spirituale ci ha chiesto concentrazione e accoglienza. Così, la Parola di Dio è il nostro “panino” che ci rifocilla, e la possibilità di ascoltarla nella liturgia, al riparo della montagna, è la sosta che ci ricarica le energie.

Durante la sosta, dopo avere mangiato, si ha bisogno di bere. Capita spesso che dopo una salita impegnativa l’acqua sia finita. Proprio perché abbiamo compiuto un meraviglioso cammino, abbiamo bevuto molto… ma abbiamo ancora sete.

Ed ecco che la prima parola che ascoltiamo, in questa domenica è un incoraggiamento strepitoso.

“O voi tutti assetati, venite all’acqua!”

Ci sono sorgenti nel sentiero che ti sta davanti!

Se hai sete, se cerchi, semplicemente vieni. Scoprirai meraviglie! Ci saranno fonti, e altri scenari… e stelle alpine!

Fuori di metafora, siamo invitati a cercare nel Signore ciò di cui sentiamo il bisogno. In modo particolare, siamo invitati ad ascoltare la sua Parola nella liturgia, insieme all’assemblea della comunità: lì si preparano altri doni, dopo quelli natalizi, perché quella Parola è come la pioggia e la neve che irrigano il terreno per la primavera.

“Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete!”

Sorprendentemente, il Signore che è entrato nella storia si mostra ancora presente come nel tempo dell’Avvento e del Natale. “Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino!” era lo stesso annuncio che risuonava anche all’inizio dell’Avvento, e ci viene ridetto oggi.

Ci rimettiamo in cammino, e il Signore è sempre vicino.

Don Davide




Tre preghiere per Natale

Sentire

Maria, meditando sulla tua Annunciazione ti chiediamo prima di tutto che cosa significhi vedere un angelo.

Ci piacerebbe capire che tipo di visione sia e che emozione si provi.

Ma… mi pare di vederti scuotere la testa con il tuo sorriso dolce. Ti ascolto.

“Non si tratta di una visione” dici. “Arrivarono delle parole. Udii dei suoni, erano celesti e forti e vibrarono con le stesse frequenze del mio cuore, quando pulsa la vita.”

In effetti, Maria, ho letto tanti commentari e ho fatto gli esami di esegesi sui vangeli dell’infanzia di Gesù… ma in nessuno di quelli avevo imparato che in questo testo non c’è mai un verbo di visione. Non si dice che hai visto l’angelo o che quella creatura si mostrò. Tutti i verbi sono di parola e di suono: lui diceva, tu ascoltavi e rispondevi.

Come prima preghiera per questo Natale, ti chiedo allora di aiutarci a sentire cosa Dio vorrà dirci. Intercedi per noi, perché sappiamo sintonizzarci sulla sua frequenza. Abbiamo bisogno di sentire con chiarezza una parola buona da parte di Dio.

Promesse

Poi leggo che anche tu sei stata turbata e che l’angelo, subito, ti ha rassicurata con una promessa.

Vorrei, perciò, che tutte le persone che sono turbate e temono, possano essere rassicurate dalle promesse che tu porti insieme al Natale.

Per compierle, ci hai donato Gesù.

Fa’ che si realizzino con forza, per la gioia del tuo popolo, e che tutte le promesse di bene possano realizzarsi, per chi apre il cuore al tuo Figlio e chiede la tua intercessione.

Spiritualità

Infine ti prego, Maria, perché possiamo vivere in questo Natale un’autentica esperienza spirituale.

Perché sentiamo il calore di una presenza divina e di una fiamma che accenda in noi più amore, più gioia, più determinazione e più serenità. Ciascuno nei propri percorsi di bene. Ciascuno a modo suo.

Forse saremo limitati nei movimenti ed è possibile che non faremo quelle abbuffate in grandi baldorie, che caratterizzano le nostre feste. In fondo sarà sufficiente tagliare un dolce natalizio, scartare un semplice regalo e avere accanto qualcuno che ci vuole bene.

Ma sarebbe importantissimo se potessimo sentire quel tocco di Dio che è in grado di lasciare la sua traccia, come la scia che ha lasciato l’angelo col suo magico suono, quando si è allontanato da te.

Don Davide




Il frutto c’è

Quarta settimana d’Avvento

Siamo giunti all’ultima settimana di questo intimo e personale itinerario d’Avvento.

È il tempo/terreno di portare frutto.

Vorrei che tutti credessimo con convinzione che c’è in noi anche e soprattutto il terreno buono, quello che porta frutto. Il Signore lo ha lavorato in noi lentamente, ma con costanza e cura. Se ce ne avvediamo, possiamo essere riconoscenti!

Ecco allora l’esercizio per te, per concludere questo cammino e prepararti al Natale con animo lieto.

Armati di carta e penna. Se ce li hai, ti consiglio di usare il tuo taccuino e la tua penna preferita.

Anche in questo caso, pianifica un momento tranquillo, dove sei certo di potere agire indisturbato! Ci vogliono quindici minuti… per un grande beneficio. Ne vale davvero la pena!

Mettiti alla tua scrivani e chiudi la porta, oppure siediti al tavolo di casa, ma solo quando c’è quiete, o perché sono tutti fuori, o al mattino presto. Se ti fa piacere concediti una bella colonna sonora, o accompagna l’esercizio con una tisana.

Ti consiglio di rispondere a queste due semplici spunti.

1. Che cosa c’è stato di bello, nella mia vita, a partire da marzo, nonostante la pandemia? (Provo a riconoscere tutto ciò che ha contraddetto la narrazione di un anno “schifoso”; anche se magari ci sono state davvero tante cose brutte, provo a concentrarmi su quelle belle.)

2. Individuo e focalizzo due cose che ho imparato o da un’esperienza, o da un libro o un film o una musica, o da una lezione di vita. (Descrivo cos’ho imparato, quando ho capito di aver ricevuto un insegnamento, qual è stata la situazione da cui ho potuto imparare.)

Concludo scrivendo una preghiera personale. Non importa che sia un trattato di teologia o una poesia mistica. Basta che metta in fila un ringraziamento, una supplica e una benedizione. Quando vuoi, potrai recitarla davanti al presepe.

 

PS: se vuoi raggiungere il livello “pro”, puoi decidere di scrivere un biglietto o una breve lettera a qualcuno a cui vuoi bene (il coniuge, un partner, un/a amico/a). Condividi un momento piacevole con lui/lei di quest’anno, raccontagli/le un’esperienza che ti ha insegnato qualcosa, e digli/dille che sei contento di festeggiare il Natale con la sua presenza nella tua vita.

Ti lascio scoprire che effetto meraviglioso e sorprendente avrà questa cosa.




Sradicare i rovi

Terza settimana d’Avvento

 

I rovi sono quelle cose che uccidono la Parola di Dio, togliendole il respiro, cioè impedendole di soffiare in noi lo Spirito di Dio.

Nel terzo terreno la Parola di Dio attecchisce, ma poi crescono i rovi e la soffocano.

Soffocare: uccidere togliendo il respiro.

In questa terza settimana d’Avvento, dunque, dobbiamo sradicare i rovi.

1 – Sradicare le preoccupazioni

Gesù dice che la prima cosa che soffoca la Parola di Dio sono le preoccupazioni del mondo. Dobbiamo perciò trovare la via di rasserenarci, però non in maniera fittizia o volontaria… ma facendo un gesto di affidamento.

Ecco il primo esercizio che puoi fare. Ti consiglio di farlo una volta sola, nell’arco della terza settimana d’Avvento. Nulla ti impedirà di ripeterlo successivamente, ma per questo nostro percorso, limitati a una volta sola. Però pianifica quando farlo. Ti ci vogliono 10 minuti di quiete, senza che alcuno ti possa disturbare.

Vai in chiesa, oppure chiuditi in camera, inginocchiati, pensa un attimo alle tue preoccupazioni e ai tuoi affanni del momento e pensa che li vuoi consegnare nelle mani del Signore. Non insistere troppo nella focalizzazione: lo scopo non è preoccuparsi di più, ma consegnarli.

A questo punto mima proprio il gesto della consegna: le braccia che si tendono in avanti, con le palme verso l’alto. Fermati. In quella posizione, con i gomiti leggermente piegati, gli avambracci protesi in avanti, le mani rivolte verso l’alto prega il Salmo 130/131. È fondamentale tenere le palme aperte ed essersi preparati prima il testo del salmo, in modo da poterlo leggere senza distrarsi nel momento di affidamento.

Alla fine sentirai che tutti gli affanni sono passati.

Salmo 131

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.

Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l’anima mia.

Speri Israele nel Signore,
ora e sempre.

2 – Sradicare le seduzioni della ricchezza

Il secondo rovo che soffoca la Parola di Dio è la seduzione della ricchezza. Il gesto che neutralizza queste spine mortali è fare un piccolo atto di beneficenza. Anche in questo caso, per il nostro cammino di Avvento, è sufficiente una volta, nell’arco di questa terza settimana. Magari non lo stesso giorno che hai fatto l’esercizio precedente. Ti propongo una piccola cosa, ma genuina. Non c’è bisogno che tu dia via metà del tuo patrimonio o che faccia una donazione che ti pesa. Basta un gesto di generosità senza se e senza ma, come – ad esempio – lasciare 2 euro a un mendicante per strada (dimenticando per una volta tutte le buone ragioni per cui non sarebbe opportuno farlo), oppure fare una piccola donazione a un’associazione che ritieni affidabile… Qualcosa fatta con questo spirito: “voglio neutralizzare la seduzione della ricchezza”. Importa che tu lo faccia “oggi”. Avrà efficacia anche “domani”.

3 – Sradicare le passioni ingannevoli

Sradicare le nostre passioni negative è quasi impossibile, è un dono della grazia di Dio che ci aiuta come a “sostituirle”, ad animare di bene le nostre passioni. È un’opera che compie lo Spirito Santo, solo che noi non lo preghiamo quasi mai, per questo è “quasi impossibile”.

Ti consiglio di radicarti nella preghiera allo Spirito Santo, pregando la Sequenza allo Spirito Santo tutti i giorni di questa terza settimana d’Avvento, alla mattina, appena sveglio, oppure nel primo momento libero. È indispensabile non farlo mentre fai altre cose, tanto ci vuole un minuto solo per dire tutta la sequenza.

Ti sembrerà incredibile, ma sentirai l’efficacia della Parola che ti cambia in meglio.

Sequenza allo Spirito Santo

Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelidio,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen.