Re di un mondo diverso

“Il mio regno non è di questo mondo;

se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto…” (Gv 18,36).

Ho letto di recente una riflessione di Anita Prati:

http://www.settimananews.it/societa/mysterium-iniquitatis/

che consiglio come meditazione proprio in questa Solennità di Cristo Re.

In relazione al problema dell’economia che ruota attorno alla produzione di armi, e che vede l’Italia “che ripudia la guerra” (Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 11) in un primato assai problematico, l’autrice cita la celeberrima testimonianza dei martiri dei primi secoli cristiani, che rifiutavano di fare i soldati, per non dovere uccidere.

Lo spunto evidenzia la forza profetica dello spirito evangelico e permette di cogliere qualcosa del mistero di questo Messia Re, così diverso da tutto.

È re di un regno che evidentemente non si è ancora insediato, ma i cui fedeli sono presenti fra gli uomini e le donne di tutti i tempi. È un re che “conquista” non il potere, ma il servizio come il trono più bello in cui collocarsi.

I suoi servitori non “combattono” nel senso bellicoso del termine: non vogliono apparire come altri competitori, ma come coloro che aprono nuove strade a una fraternità praticabile.

Quel Regno di Pace (nel senso assoluto della parola) non c’è ancora, ma il suo mondo si fa strada inesorabilmente nei regni mondani.

Questa solennità conclude l’anno liturgico in modo da permetterci di ricordare i tanti segni di questa presenza, nascosta ma efficace, quando si è palesata al nostro spirito, e di continuare il percorso della nostra vita personale e comunitaria con il desiderio di mostrare che c’è tanta energia buona e inedita del Vangelo ancora da sprigionare.

Don Davide




Poveri, Vangelo e Gandalf il Bianco (Under 20 testo+video)

Oggi, per la Chiesa, è la Giornata mondiale dei Poveri.

L’ha voluta papa Francesco, cinque anni fa, perché non ci dimenticassimo di quasi tre miliardi di persone che vivono al limite della dignità umana.

“Povertà” è una parola controversa.

Ci fa pensare a un bisogno di giustizia e al desiderio di un mondo migliore, ma qui nella nostra società, abbiamo sempre la tentazione di pensare che chi è povero abbia delle sue responsabilità.

San Francesco piace a tutti, ma nessuno sceglierebbe di essere povero come lui.

Si tende piuttosto ad ammirare i ricchi, e la parola sobrietà ci mette a disagio, ci inquieta.

Eppure, al fondo delle manifestazioni sul clima, che anche in questi giorni si sono svolte a Glasgow e a Roma, e che trovano grande consenso in tutto il mondo giovanile, c’è il tema della povertà. Saranno i più poveri a subire in proporzione gli effetti più disastrosi dei cambiamenti climatici, ma non solo loro!

Celebrare la Giornata mondiale dei Poveri, imparare essere vicini, amici e fratelli dei poveri, significa risvegliare la nostra coscienza, prendere parte ai cavalieri della luce, in una lotta per la giustizia che sembra impossibile vincere, ma non lo è.

Mi è venuta in mente una scena de Il Signore degli Anelli, quando i pochi sopravvissuti guidati da Aragorn e Re Theoden, decidono di uscire dall’assedio del Fosso di Helm, all’alba. È il gesto estremo di chi si oppone con tutte le sue forze al male, rappresentato dagli orchi. In quel momento disperato, Gandalf il Bianco emerge dal monte. Sembra solo, ma con lui c’è un esercito del bene: pieno di giovani e di coraggio.

Il resto ve lo lascio guardare: QUI

Anche perché sono le immagini che mi evocano meglio la descrizione che fa Gesù nel Vangelo di oggi: un intervento clamoroso di Dio con i suoi angeli per ristabilire il bene e la giustizia.

Immaginatevi la scena vista al cinema davanti a uno schermo più grande della nostra chiesa, con la musica a trascinarti dentro a quella cavalcata dove la Luce arriva ancora prima dei suoi testimoni. Ce n’è abbastanza per pensare e per divertirsi.

Don Davide




Alla porta del cuore

Papa Francesco, cinque anni fa, ha voluto istituire la Giornata Mondiale dei Poveri perché sentiva urgente, per la Chiesa, il bisogno di accogliere una conversione ancora più autentica.

La “povertà” ci mette in crisi tutti.

Sappiamo che bisogna soccorrere “il grido nascosto dei poveri” e che una certa sobrietà di vita è indispensabile, per il nostro equilibrio e per l’equilibrio delle relazioni fra gli uomini e le donne del mondo e del pianeta.

Tuttavia, appena la “questione della povertà” ci tocca da vicino, sentiamo tutte le contraddizioni e le fatiche. Proviamo disagio per i poveri che si incontrano per la strada; parliamo volentieri dei problemi del mondo, ma fatichiamo a modificare i nostri stili di vita; vogliamo una chiesa povera e per i poveri, ma non si riesce a trovare qualche volontario per le pulizie della chiesa.

La Giornata mondiale dei Poveri si celebra verso la fine dell’anno liturgico, tempo nel quale le celebrazioni domenicali ci ricordano che Dio lavora, con i suoi testimoni, per un significativo intervento nella storia a favore della giustizia e del bene, per rifondare la comunione degli uomini e delle donne sulle basi dell’umiltà, dell’abbandono delle logiche di potere e della fraternità.

Gesù entra in scena da grande protagonista in maniera clamorosa: la sua luce sovrasta quella del Sole e oscura la Luna, la sua autorità si fa spazio fra le galassie. Tuttavia, non è lui che agisce nella storia, ma i suoi angeli e i suoi amici. Egli chiede a noi di riconoscere la sua tenerezza per ogni creatura, come quando il ramo della pianta del fico matura; possiamo sentirlo vicino proprio quando si manifesta il bene per chi è più nel bisogno. Allora sappiamo che lui vuole entrare nella storia in maniera efficace, bussando alla porta del nostro cuore.

Don Davide




Un passo in più (Under 20)

Il gesto di quella povera vedova che getta nell’offerta per il Tempio due monetine di poco valore, ma viene elogiata da Gesù, ci piace tantissimo, perché lei è autentica, mentre tutti gli altri ricconi facevano i gradassi, ma la loro offerta non era per nulla sentita o sincera.

Tuttavia, quell’autenticità ci sembra difficile, perché è un gesto estremo, una roba alla San Francesco, per intenderci.

Sono convinto, però, che quello che elogia Gesù, sia prima di tutto un simbolo: è il simbolo di chi nella vita ci si mette senza risparmiarsi.

È il simbolo di chi fa un passo in più.

Quel passo in più ti fa sperimentare l’amore, ti fa toccare il cielo con un dito, ti fa andare sulla Luna.

È una cosa che possiamo fare anche noi e che vale per tutte le età, da bambini, da adolescenti e da adulti.

Vi propongo allora questo video, che ha molti significati, che si intitola: Un piccolo passo




Il Tesoro del regno

Penso a una pediatra in questo periodo, alle prese ogni giorno con le influenze e i mali stagionali, sempre con la responsabilità di stanare il Coronavirus.

Penso a quegli e a quelle insegnanti che fanno lo slalom tra classi in quarantena, recupero delle lezioni per i casi isolati e tentativi di riprendere le fila di un percorso; insieme, penso all’esercito di catechiste e catechisti che fanno un mestiere analogo, al servizio della fede.

Penso a una giovane mamma in carriera, che torna a casa e trascorre del tempo con i suoi figli piccoli, in attesa di quello che ha nella pancia; o a un giovane papà che fa lui l’inserimento della figlia all’asilo, per il quale – fortunatamente – le stereotipizzazioni di genere sono un retaggio che non lo riguarda.

Penso ai genitori che oltre alle responsabilità professionali, non si sottraggono alle preoccupazioni e alle cure che non diminuiscono, ma aumentano con il crescere dei loro figli.

Penso a due persone di orientamento omosessuale che la domenica vanno a messa nella loro parrocchia, incuranti di quello che si dice in giro che pensino alcuni, anche cristiani, anche all’interno della Chiesa, perché per loro conta più Gesù; e penso a una giovane universitaria che ha un incarico nazionale e nel fine settimana, invece di riposarsi, va a Roma a fare servizio gratuitamente.

Penso agli anziani e ai nonni, infaticabili promotori di una società dell’aiuto gratuito, e penso a chi fa volontariato nell’ambito della carità, che sembra avere sott’occhio sempre un’altra urgenza, un’altra emergenza e non essere mai soddisfatto.

Penso a un’equipe di adulti che seguono un gruppo giovani, amalgamando con pazienza da erborista le diversità e le complessità di quell’età; e penso ai preti che tengono insieme green pass e no pass, vax e no vax, sforzandosi di non cavalcare la tensione che divide e allo stesso tempo di allontanare i lupi che insidiano il gregge, conducendolo nel recinto sicuro dell’amore di Dio.

Sono solo alcuni, pochi esempi che ho avuto sotto gli occhi in una semplice settimana di vita, ma comprendono tutti e tutte voi che cercate di vivere bene e con sapienza, di dare valore al tempo, di corrispondere alla vostra dignità, mentre adempite a tutte le incombenze, e anche dopo averlo fatto.

Tutti e tutte coloro, cioè, che se devono fare un miglio con qualcuno, scelgono di farne due; che benedicono, invece di maledire; per i quali e per le quali i momenti difficili sono occasioni per fare meglio, e che hanno nel sangue l’attitudine allo sprint finale e a un bene aggiunto, anche quando sembra fin troppo generoso.

Hanno dato tutto?

Beh, appunto, spesso ci sorprendono. Magari non tutto tutto, ma moltissimo sì.

In ogni caso sono sulla buona strada e, comunque, non sono poi così certo che Dio chieda loro di più.

Sono più propenso a pensare che quando Gesù ha visto l’obolo della vedova e ha detto quelle parole indimenticabili: “Lei invece nella sua povertà ha dato tutto, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 13,44) non pensasse a una totalità inesorabile, che apparirebbe quasi severa, ma proprio a quell’atteggiamento di chi la vita ce la mette sempre tutta, di chi anche all’ultimo sprint, della giornata, di un impegno o della stessa esistenza, decide di mettere ancora qualcosa nel tesoro del Regno.

Don Davide




Chi e come vogliamo amare?(Under 20)

Parlare della morte a voi, che siete giovani o addirittura giovanissimi, risulta quasi oltraggioso.
Eppure, anche se cerchiamo di rimuoverla in ogni modo, tutti in qualche circostanza ci abbiamo avuto a che fare.

A tutti è capitato di dover salutare qualcuno dei nonni, o un genitore morto prematuramente, o un amico molto giovane, o di stare vicino a una persona che ha vissuto questa sofferenza terribile.
In questi casi, ci si trova in una bruttissima situazione, divisi tra il desiderio di guardare avanti, di non soffrire a causa di quel ricordo, e la paura che il fatto di non pensarci per non stare male significhi dimenticarsi di quella persona che è morta, magari importantissima.

Sapendo questo e conoscendo quanto sia difficile, la Chiesa fa memoria in una giornata di tutte le persone defunte che ci sono care, così possiamo farlo insieme senza sentire ancora il dolore acuto, anzi rincuorandoci a vicenda. Questo giorno dell’anno è il 2 novembre.

Perciò, in questa settimana, ricordiamo tutti i vostri nonni, il papà o la mamma morti prematuramente, gli amici che ci hanno lasciato. Lo facciamo il giorno dopo della Festa di Tutti i Santi, perché sappiamo che insieme a loro sono vivi di una vita che non finisce.
Il fatto che da lì sono sempre vicini ci aiuta a scegliere come vogliamo vivere, chi e come vogliamo amare, come nella scena del film che vi lascio: Elogio funebre di Hazel Grace

Se non l’avete visto ve lo consiglio.

Se non avete letto il libro, vi consiglio anche quello.




Tre sapienze

Ho ascoltato di recente una riflessione suggestiva di Alessandro Baricco. Un testo pieno di cose questionabili e ricchissimo di spunti per il pensiero, riguardo a un possibile assetto e all’interpretazione del mondo prossimo venturo.

Nella parte finale di questa meditazione, l’autore afferma: “Commiati, addii, distacchi saranno insegnati come gesti artigianali da compiere bene, li si riterrà obbligatori.”

Mi stupisce che si parli di una cosa di cui la Chiesa potrebbe e dovrebbe essere umile maestra, non per insegnare da una posizione di autorità o presuntuosa, ma per trasmettere un sapere fondamentale per vivere.

Mi sento, perciò, di richiamare tre sapienze che la Chiesa può consegnare per chi vuole accoglierle; sono sapienze che c’entrano con la morte, ma che in realtà riguardano il vivere bene.

Primo. I funerali.
Si celebrano bene, non in fretta, non con il desiderio di finire il prima possibile questa atroce sofferenza, ma con tutte le cure possibili. Questo vale sia per chi crede che per chi non crede. Nella forma religiosa o laica, è fondamentale per il nostro modo di essere “umani” celebrare bene il commiato dalle persone da cui ci separiamo. Se non lo si fa, si lascia una ferita emotiva e psicologica di cui difficilmente si possono misurare le conseguenze. Il fatto che all’inizio della pandemia non sia stato compiuto questo gesto, in alcune circostanze, è stato un vero e proprio infarto dell’umanità, della cultura e del pensiero. Perciò, anche quando si incontra un carro funebre, o un funerale, è sacrosanto avere ogni gesto di attenzione: un piccolo segno di raccoglimento, il rispetto per la bara, la percezione che sta accadendo qualcosa di decisivo.

Secondo. La sepoltura.
Noi essere umani occidentali a cavallo tra il XX e il XXI secolo celebriamo la sepoltura individuale, perché per mille ragioni antropologiche che non è certo possibile esprimere qui, nella nostra parte del mondo si è sempre dato rilievo all’individuo, anche quando c’era molta più consapevolezza che fosse parte di una comunità. Non è un processo che un singolo cambia così alla leggera, pensando che sia una cosa irrilevante. In gioco c’è un mondo di simboli, di percezione dell’esistenza e di senso con cui si sta al mondo e nel mondo.

Nel luogo della sepoltura si ricorda la storia di un essere unico, personale. Quella vita che è nata è un “io” non una coscienza collettiva, e non è più destinato a dissolversi in modo indistinto nella natura o nella Creazione. È certamente possibile la cremazione, ma con un luogo della custodia delle ceneri, cioè della sepoltura. Scimmiottare con la dispersione delle ceneri le nobilissime culture orientali, che hanno (come la nostra) migliaia di anni di assimilazione di una precisa tradizione religiosa, è come fingere di parlare una lingua straniera, senza saperlo fare.

Terzo. La preghiera.
Per noi, che siamo credenti, c’è una preghiera perfetta per ricordare i defunti. È il ricordo di essi nella messa. Fin dalle catacombe, sulle tombe, veniva rappresentata la scena dell’ultima cena. Nella messa si celebra la morte di Gesù e si proclama la sua resurrezione, in attesa della sua venuta: quando incontreremo di nuovo le persone che già partecipano della vita del Risorto, che amiamo e con le quali desideriamo ritrovarci. Per questo è importante non perdere la tradizione di fare memoria dei nostri defunti nella messa, che è la memoria per eccellenza del trionfo pasquale di Gesù sulla morte.

Don Davide




Lo sguardo oltre l’orizzonte (per gli Under 20)

Oggi si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Questa ricorrenza ci ricorda che, a dispetto delle apparenze e forse per voi in maniera incredibile, ci sono luoghi in cui la Chiesa è vivace, piena di giovani e molto all’avanguardia nei temi che vi sono più cari.

Proprio in questi giorni, ad esempio, in Brasile, la Chiesa è oggetto di pesantissime persecuzioni, perché ha preso apertamente posizione sia con i suoi vescovi che in tantissime comunità di base contro il Presidente Jair Bolsonaro, non per “ingerire” nella politica, ma per denunciare la peggiore gestione mondiale della pandemia, la distruzione sistematica e colpevole dell’Amazzonia e il genocidio dei popoli indigeni. Si tratta di responsabilità colpevoli del governo che ormai sono sotto gli occhi di tutti, con dati e prove evidenti, ma che vanno avanti con la connivenza e la corruzione delle istituzioni deputate a fare giustizia.

Il Vangelo di oggi ci parla di un cieco che chiede tenacemente a Gesù di riavere la vista.

Oggi, Gesù che ridà la vista ai ciechi è incarnato in quelle tante chiese fatte di giovani, che tengono gli occhi bene aperti sul mondo e cercano di guardare verso il futuro.

Vale per voi, un verso folgorante di Paul Celan:

“Nei fiumi a nord del futuro io getto la rete / che tu / esitante / aggravi con ombre scritte da pietre.”

Quell’io che getta le reti più in là del futuro potete essere voi, ragazzi e ragazze, mentre qualcuno vorrebbe appesantire questo lancio riempiendo le reti con pietre.

Ma voi impediteglielo.

Guardate alle giovani chiese del mondo e tenete lo sguardo oltre l’orizzonte!




Chiesa missionaria ed Ecologia Integrale

Il vangelo di oggi ci parla di un cieco che vuole insistentemente riavere la vista, nel giorno in cui si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Nella nostra parrocchia, caratterizziamo questa ricorrenza, con un’attenzione alla questione ecologica, che lega le chiese nel mondo in un’attenzione che ormai è in prima linea, specialmente in zone dove questo problema è acutissimo, come l’immensa regione dell’Amazzonia, le regioni centrali dell’Africa dove le persone e il suolo sono sfruttate per l’accaparramento dei minerali più preziosi.

Papa Francesco nella Laudato si’, in realtà, non parla solo di “ecologia”, ma di “ecologia integrale”: un sistema complesso che articola la spiritualità più squisitamente evangelica della sequela di Gesù, con le questioni sociali, la consapevolezza scientifica e le conseguenze pratiche.

Infatti, a dispetto delle apparenze e fuori da una narrazione che ha pochissimo di vero, soprattutto le piccole comunità di cristiani che sono sparse nel mondo (dalle parrocchie, alle comunità di base fino alle tante famiglie religiose) sono in prima linea su una marea di fronti caldissimi, spesso a costo della loro stessa vita: potremmo citare l’opposizione alla tragedia del narcotraffico in America Latina, la lotta contro lo sfruttamento sessuale in moltissime parti del mondo, il lavoro per l’istruzione, la sanità o addirittura per il semplice approvvigionamento dell’acqua e del cibo nelle zone più povere. Se c’è qualcuno che ha un contatto con le 3 miliardi di persone che non hanno accesso alla dignità di base del vivere, sono queste piccole comunità di cristiani, spesso virtuosamente insieme a tante altre organizzazioni laiche, e tutte insieme costituiscono come una lotta di Davide contro Golia. Ricordiamoci che contro ogni pronostico ha vinto Davide.

Dobbiamo tutti, indipendentemente da ogni latitudine e longitudine, chiedere tenacemente di vedere questi problemi insieme all’aspetto bello della chiesa diffusa nel mondo. Possiamo pregare di riavere la vista, di vedere in senso “assoluto” la realtà delle cose, come nella celeberrima scena del film Matrix, quando davanti a Neo, il protagonista, cadono i veli e vede tutto, il codice della finzione e quale sia la vera realtà.

Questo desiderare di non essere più ciechi, di fronte alla consistenza complessa del mondo, al suo respiro e alle sue ferite, il fatto soprattutto di chiederlo a Gesù è un gesto altamente profetico, ci dice la prima lettura. Ci ricorda che possiamo raddrizzare le strade storte (come, ad esempio, il logoramento del nostro pianeta), trasformare i pianti in consolazione e riscoprire che Dio è il Padre davvero di tutti, di una popolazione immensa di uomini e donne che sono nostri fratelli e sorelle e di cui dobbiamo avere premura e cura.

Come iniziativa concreta, in questo giorno distribuiamo in parrocchia la Piccola guida a nuovi Stili di Vita per la Custodia del Creato, pubblicata dalla Diocesi di Bologna e proposta alle parrocchie e alle comunità, come strumento per cominciare a riflettere su questi temi. La guida sarà disponibile sul tavolo all’ingresso della chiesa, ma chiediamo 1 € di contributo, per permetterne la ristampa quando sarà esaurita.

Don Davide




Cara Suor Aurora…

…non so se scrivo a te per ringraziarti o per i ragazzi e le ragazze che, soprattutto quest’estate, hanno goduto della tua amicizia.

Anche se mi dispiace tanto, anche se non potremo più contare sulle tue preziose qualità e il tuo aiuto, nel tuo doverti trasferire repentinamente c’è qualcosa di profondamente bello, su cui vorrei concentrare la mia attenzione, senza badare al resto.

È la bellezza di essere liberi: da parte nostra, liberi come comunità di beneficiare della tua presenza che non era dovuta, che è arrivata gratuitamente ed è sempre stata custodita come un dono di cui non era bene “appropriarsi”; da parte tua, libera di servire là dove il Signore (che molto spesso si nasconde abilmente dietro le circostanze) ti manda, con il cuore leggero, lo sguardo riconoscente e il piede veloce.

Noi siamo grati e contenti di potere incoraggiarti e condividere tutto ciò che può essere per il tuo bene.

A te, e a tutti i ragazzi e le ragazze che hai “conquistato” voglio lasciare una perla di saggezza di Paolo Coelho, che vale sempre: valeva quando abbiamo salutato Chiara Limperio, quando abbiamo salutato Marco Ciabini e Giulia Casadei, e ora te… accompagnando tutti nel vostro cammino di vita.

“Quando arriva l’ordine di trasferimento, la guerriera guarda tutti gli amici che si è fatta durante il cammino. Ad alcuni ha insegnato a udire le campane di un tempio sommerso, ad altri ha raccontato storie intorno al fuoco.

Il suo cuore si rattrista, ma ella sa che la sua spada è sacra, e che deve obbedire agli ordini di Colui al quale ha offerto la sua lotta.

Allora la guerriera della luce ringrazia i compagni di viaggio, trae un profondo respiro e va avanti, portando con sé i ricordi di un viaggio indimenticabile.” (dal Manuale del Guerriero della Luce – Ed. Bompiani)

Don Davide