Presepe Samac 2021

“Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte…” (Gv 3,1)

Il Vescovo Zuppi, per l’anno pastorale in corso, ha affidato alla Chiesa di Bologna la meditazione sulla figura di Nicodemo.

Questo uomo entra in scena nel racconto evangelico mentre va da Gesù, ma lo fa di notte, di nascosto, pieno di dubbi e di domande.

Profondo conoscitore delle Scritture di Israele (evocate dalla pergamena con la trascrizione dello Shemà’ Israel (Dt 6,4-9), Nicodemo attendeva il Messia. In questo presepe abbiamo immaginato Nicodemo quasi trent’anni prima, come colto da un presagio nella notte della nascita di Gesù a Betlemme.

La scena del presepe genera un contrasto tra la luce intensissima che splende sulla Natività e Nicodemo, nell’oscurità, con un suoi pensieri e le sue domande.

Nicodemo troverà la via per l’incontro con Gesù, poi si esporrà per difenderlo di fronte al Sinedrio (Gv 7,50-52), infine verrà alla luce per raccogliere il suo corpo dopo la crocifissione e ungerlo per la sepoltura (Gv 19,39).

La nascita di Gesù porta luce e salvezza per tutti, anche per chi non ne è ancora consapevole, anche per chi ne coglie l’importanza solo come un’intuizione, o chi viene raggiunto solo da un presagio. Chi si lascia interpellare da lui, in questa notte luminosissima, trova il cammino per venire alla luce.




Si può essere felici? (Under 20 testo+video)

La tappa della terza domenica d’Avvento ci pone questa domanda.

Francesco d’Assisi aveva preso molto sul serio due versetti del Nuovo Testamento: “Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora: rallegratevi!” (Fil 4,4) e “Considerate perfetta letizia, quando subite ogni sorta di prove” (Gc 1,2).

Solo a sentirli, viene da pensare che siano una follia. Come si fa?!

Eppure San Paolo, come se percepisse in anticipo le nostre obiezioni, conferma “ve lo ripeto ancora: rallegratevi!” e San Giacomo specifica che pensa proprio a “ogni sorta di prove”.

Sembra impossibile. Nonostante ciò,

tutti vorremmo essere sempre felici.

L’amico più caro di Francesco era Leone, un uomo meraviglioso per la sua bontà. Forse fu la sua compagnia, forse un’ispirazione… in ogni caso fu mentre camminava con lui che Francesco trovò la risposta:

“(…) Perciò, ascolta la conclusione, frate Leone. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo che Gesù concede ai suoi amici, la più grande è vincere se stessi e volentieri, per amore suo, affrontare tutte le difficoltà… in questo è la felicità perfetta.”

Ora pensate questo principio di fronte all’esame più difficile o a una gara che sembra impossibile. E poi pensatelo nella vita: vincere se stessi e affrontare le difficoltà, aiutati dall’amore di Cristo (vd. 2Cor 5,14);

chi afferra questa verità vive lieto e sereno.

Da quel momento in poi, infatti, in Francesco d’Assisi si radicò una felicità e una forza che nessuno poté sottrargli. E per dire quanto era grato a frate Leone e quanto gli voleva bene lo benedisse:

“Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te frate Leone.”

Queste parole hanno più di ottocento anni, ma sono indimenticabili, per la semplicità e la loro forza.

Sono state musicate da un genio e interpretate in maniera tenerissima dal Piccolo Coro dell’Antoniano: QUI.

Io le ripeto, oggi, per voi.

“Il Signore benedica te e ti custodisca. Si mostri a te e ti avvolga con la sua amicizia. Il Signore guardi proprio te e vivi in pace.”

Vi indico, inoltre, una “felicità” natalizia

prendete carta e penna; va bene un foglietto o il vostro taccuino preferito. Pensate tre persone che volete benedire e scrivete tre frasi di benedizione per ciascuna. Potete usare le stesse parole di San Francesco, oppure inventarvele voi, ma fatelo. Non vale farlo a mente. Scrivete, e poi senza bisogno che nessuno vi senta, benedite ad alta voce.

Perché chi è felice benedice. E chi benedice, impara ad essere felice.




A metà dell’Avvento

Dilatare il cuore

Tutti gioiamo e ognuno gioisce per cose anche molto diverse.

Bisognerebbe imparare a gioire con chi gioisce, e ad accogliere il pianto di chi piange.

Quando riusciamo ad attivare questa circolarità virtuosa, dilatiamo il nostro cuore, ci apriamo anche a cose che prima non ci interessavano e non conoscevamo,

la nostra esistenza si espande, siamo più capaci di accogliere e comprendere la vita.

Rallegratevi

Di motivi di rallegrarci, questo Avvento, ne ha regalati parecchi alla nostra comunità.

Abbiamo celebrato una bella festa per l’anniversario del mio ingresso in parrocchia (ricordo che data la vicinanza del compleanno di don Valeriano, festeggiamo sempre in quell’occasione anche la sua permanenza tra noi da ormai molti anni); vediamo tanti bimbi contenti e tante famiglie del catechismo che partecipano con entusiasmo alla messa delle 10 loro riservata, nonostante i numeri ci travolgano rispetto alle nostre possibilità e ai nostri spazi; inoltre, la Provvidenza – che ha molti nomi concreti – ha permesso di attivarci per rilanciare alcuni gruppi dell’ACR e dei giovanissimi che per vari motivi avevano avuto una battuta d’arresto; i giovani della Zona Pastorale stanno realizzando un bel percorso e l’impegno caritativo della nostra comunità, grazie a persone speciali, è encomiabile.

Infine, io personalmente ho avuto alcuni incontri preziosi, che arricchiscono senz’altro anche la vita di tutta la Parrocchia.

Non angustiatevi

San Paolo, nella seconda lettura, dice anche di “non angustiarsi per nulla” (cf. Fil 4,5).

In realtà, non mancano le angustie. Sono preoccupato per le persone ammalate, che ci mancano e vorremmo che fossero di nuovo presto non solo insieme con noi spiritualmente, ma anche fisicamente. Vogliamo che non si sentano sole e che siano confortate e curate.

Sono inquieto anche perché nella frenesia delle incombenze, non riusciamo a realizzare nemmeno le più necessarie,

come ad esempio rieleggere il Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Da ultimo, non nascondo qualche motivo di apprensione per la gestione economico-amministrativa della Parrocchia, che nonostante la competenza e l’aiuto totale del Consiglio Pastorale per gli Affari Economici, rappresenta un pensiero sempre costante.

Regali di Natale

Ho scritto queste cose in condivisione,

perché la Parrocchia è di tutti, è davvero la nostra casa comune.

Tuttavia, mi rendo perfettamente conto che gli stessi motivi per rallegrarsi e le medesime preoccupazioni le ha anche ciascuno e ciascuna di voi, e che tutti potremmo pensare che già è faticoso stare dietro alle nostre cose, non riusciamo a caricarci i pesi gli uni degli altri.

Invece

è proprio a questa reciprocità che penso.

Voglio condividere le vostre gioie e farmi carico delle vostre angustie, e pregare al Signore per ciascuna di esse e per ogni vostra necessità. Desidero che la comunità parrocchiale viva questo in maniera circolare.

In questo modo espanderemo il bene e ce ne sarà in abbondanza per tutti, come se quei famosi cinque pani e due pesci fossero i nostri regali di Natale.

Don Davide




C’era una notte

Le notti di Nicodemo

Nicodemo è citato tre volte nel vangelo di Giovanni. Nella prima incontra Gesù di notte. Le altre due volte è riportato come colui che era andato da Gesù di notte.

Quanto è lunga questa notte o quante notti è questa notte?

In alcuni casi, la notte può essere davvero lunga o vissuta come tale. Ci troviamo davanti a un momento oscuro che sembra non finire mai e mentre sembra albeggiare, tutto appare ripiombare nella cupezza dei giorni più bui. Ci sono poi quelle notti che seppur brevi, ritornano come un appuntamento costante, come a ricordare un prezzo da pagare, una scelta sbagliata che si ripercuote come una vibrazione nell’acqua quieta. Altre volte è solo una notte, una tra le tante ma è quella che ti prende il cuore e te lo fa sobbalzare mentre pensavi che il suo pulsare fosse solo quello ordinario.

Di tutte queste notti in cui nasce una domanda Nicodemo ne è il segno e Gesù diventa la risposta.

Gesù, tra le diverse notti che i vangeli ci presentano, in questo tempo si manifesta in quella in cui la tradizione ci dice che nasce. Rigenera l’umanità e ciascuno di noi: ci tiene svegli al suo amore, come la sentinella attende l’aurora divina, luce che non tramonta.

Anche noi come Nicodemo, ci volgiamo a Cristo portando le nostre notti alla sua tenera culla luminosa, perché possiamo accogliere la Luce.

Francesco Paolo Monaco




Riparare il mondo (Under 20 testo+video)

“A 11 anni ho visto la casa della mia vicina sgretolarsi davanti ai miei occhi…”

Come ci si prepara a festeggiare un Natale che sia importante per la vita di tutti, della mia, della tua, di quella degli amici e delle amiche, e del mondo intero?

Costruendo un mondo nuovo.

Giovanni Battista dice che si accoglie la salvezza non stando con le mani in mano, ma mentre si ripara il mondo (Lc 3,5-6). E io lo trovo stupendo.

E mi ha fatto pensare alla poesia dal titolo “La nostra Terra” (Di Baladna in arabo), che Emtithal (Emi) Mahmoud, scienziata e poetessa, ha pronunciato all’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26).

Cominciamo a prepararci al Natale, fuori dalle solite convenzioni.




La Parola di Dio sopra di noi

Come accade che la Parola di Dio “viene” sopra un essere umano?

Il Vangelo risponde: nel corso della storia, ma lontano dalle manipolazioni dei potenti, in qualche luogo nascosto, dove si trova una persona in ascolto.

In realtà, nel corso della narrazione evangelica, anche i vari uomini di potere si trovano nella condizione di essere interpellati da un momento decisivo, quando devono decidere se accogliere l’incontro con Gesù come opportunità della vita, oppure rifiutarlo; tutti costoro, citati all’inizio del brano di questa domenica, lo rifiuteranno.

Rimane vero che, prima o poi, viene offerto l’appuntamento con questo Incontro.

Tuttavia, la Parola di Dio viene su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Non dobbiamo pensare che Giovanni fosse semplicemente un predestinato. Accade qualcosa che lo attiva, in una situazione che lo trova in ascolto, accogliente.

Nessuno sa cosa sia questo evento. Alcuni profeti biblici hanno provato a raccontare quell’esperienza, ma nemmeno i migliori ha saputo fare meglio che evocare immagini suggestive.

C’è qualcosa di misterioso e segreto che conquista la vita di una persona.

Sono certo che accade anche fra voi. La Parola di Dio viene, scende, risuona, vibra nella vita di voi che leggete e vi attiva. Normalmente lontano dalla storia dei potenti, in qualche situazione in cui siamo maggiormente in ascolto.

Mi viene in mente, ad esempio, un papà che capta il sorriso più intenso della sua bambina, o i genitori che accolgono in un momento di particolare sintonia le confidenze dei figli e delle figlie adolescenti. Penso al proposito di un lavoratore di svolgere al meglio la sua azione di artefice delle cose; o alla dilatazione di un/a giovane che sceglie di fare volontariato.

Vedo questa Parola nelle sensibilità che vengono suscitate: per l’ambiente, per il rispetto reciproco, per l’uguaglianza effettiva, per i diritti e i doveri di ciascuno e ciascuna di noi.

La stessa Parola risuona, inconfondibile, in chi indica con grazia Gesù e la sua via.

A voi, profeti e profete, che appianate le asperità del mondo e che rendete più vicina la salvezza di Dio… a tutti e tutte voi diciamo grazie!

Don Davide




Settenario Under 20

Sette per settenari

(Compreso il titolo)

 

Ricomincia l’Avvento.

Sentite il silenzio.

Godetevi il tempo.

Amate gli amati.

Perdonate nemici.

Difendete le vite.

Risplendete di luci.

 




Settenario

Ho notato che vanno di moda i discorsi motivazionali.

Ne ho ascoltati proprio di recente un paio interessanti di Matthew McConaughey e di Denzel Washington:

Ok. Loro sono due superstar, ma sette è considerato il numero perfetto, quindi ho deciso che anche se non sono proprio nessuno per fare un discorso motivazionale, voglio cogliere l’occasione di questo settenario.

Primo. La vita si intensifica

Quando facevo il cappellano avevo molta paura di diventare parroco. Stavo sempre con i giovani, facevo esperienze indimenticabili e non avevo nessuna preoccupazione amministrativa. Sono stati anni davvero indimenticabili, lo percepivo mentre li vivevo, perciò non ero incentivato a cambiare. Anzi, quando vedevo il numero della Curia (allora il vescovo non ti chiamava ancora personalmente), cercavo di non rispondere. Adesso ci sono tante questioni amministrative, riesco a stare meno con i ragazzi e il mio tempo è frammentato, tuttavia ho scoperto che è bello e che lo faccio con lo stesso entusiasmo.

La vita si intensifica

Si intensifica nella serietà delle cose che fai, nell’importanza dei rapporti che stabilisci, nella sensibilità che impari ad avere, nel modo in cui ami e in cui provi emozioni. Non è questione di confronti, ma non penso nella maniera più assoluta che la percezione dell’intensità dell’esistenza si logori col tempo; credo, piuttosto, che cresca e che diventi più percettiva.

Secondo. La parola di Dio rimane il fondamento

Cambia il mondo, cambia la Chiesa, cambiano i vescovi e il papa. Anzi, viviamo non in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca. Arrivano il web 3.0, le pandemie e si pensa di andare su Marte, ma la parola di Dio resta salda. “Le mie parole non passeranno” (Lc 21,33), dice Gesù. Non passano le sue parole e la stupenda storia della salvezza, presa nel suo complesso narrativo, che è il racconto del modo in cui Dio agisce, entra nella storia, e ricuce i rapporti per avvolgerci del suo amore.

La parola di Dio rimane una luce

Non un faro che illumina tutto, ma una lanterna (Sal 119,105), che rischiara ogni passo.

Terzo. Amici

In sette anni possono nascere stupende amicizie e ci si può legare enormemente. Ci si può fare nuovi amici e si possono anche perdere. Ho imparato che ogni momento con una persona a cui vuoi veramente bene, è un regalo da godere. È un momento speciale. Non si deve pensare che basti fare qualcosa insieme, non è sufficiente.

Bisogna risplendere di quella presenza ed emanare il proprio bene

E ringraziare alla sera perché, anche quel giorno, c’è stata.

Quarto. Non lasciare le proprie passioni

C’è un tempo, inevitabile, in cui ci si dedica anima e corpo ad alcune chiamate particolari e necessarie. Due giovani che diventano genitori, un uomo che diventa prete, chi inizia a lavorare seriamente… Questo è bene.

È bene anche ricordarsi delle proprie passioni, recuperarle quando si può.

Aiuta ad essere interi e a dare continuità alla persona che sei. Devi essere tu, e non altri. Ed è bello che tu, chiunque tu sia, possa essere integro o integra, per il dono che puoi fare di te.

Cinque. Insieme

Nell’omelia del primo giorno in cui sono arrivato qui, avevo espresso il desiderio (che mi dava molta serenità) di fare le cose insieme; so di non essere stato bravo io a rispettare sempre tale proposito, ma riaffermo ancora la validità di questo principio. È un sentiero di montagna in mezzo a un panorama stupendo: tracciato, sicuro, senza pericoli gravi, bello ed emozionante.

Fare le cose insieme è un sentiero di montagna in mezzo a un panorama stupendo

Sei. Anno liturgico

Non riesco a esprimere quale suggestione sia potere ricominciare il tempo non solo con i cenoni e con auguri che, in realtà, non hanno il potere di cambiare il corso delle cose, ma in modo che il tempo non sia circolare, bensì nuovo, con una suggestione spirituale, con qualche messaggio da consegnare alla nostra esistenza. Ho sempre relativizzato il Capodanno civile, ho sempre amato tantissimo entrare nel nuovo anno liturgico.

Sentire la liturgia che cambia atmosfera e intonazione

e il dilatarsi il silenzio e la meraviglia, avvolge tutti di uno stupore che ci permette di rinascere spiritualmente.

Sette. Scrivere

Scrivere è come respirare la vita. Un modo per non permetterle di passare via troppo presto, troppo in fretta. È la magia per trattenere una stella cadente e la ricetta per prolungare un’emozione. Inoltre, è per me un modo di comunicare la gratitudine.

Le parole di per sé hanno un potere creativo: quando le dici, fanno accadere le cose.

Come tutti i poteri, vanno usate con prudenza: possono essere buone o cattive. Se scritte hanno ancora più peso. Io spero di scrivere, per voi, parole buone.

Don Davide




Rientrare nel grembo

Realizzare la domanda di Nicodemo

“Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” (Gv 3,4).

Questa domanda di Nicodemo a Gesù interpreta la conclusione dell’anno liturgico.

L’anno è “vecchio”. Siamo ormai alla fine di un tempo, non solo quello cronologico, ma anche di un percorso spirituale ed esistenziale.

Abbiamo iniziato l’anno solare ancora con il peso drammatico della pandemia; ora ci sembra che il peggio sia passato, di non dovere abbassare la guardia, ma anche di avere le armi e una conoscenza sempre crescente per affrontare il nemico.

All’interno di questo percorso, chi di noi ha voluto, ha potuto sviluppare un itinerario spirituale: cogliere la crisi per crescere, sfruttare bene il proprio tempo, frequentare in modi nuovi la Parola di Dio e interrogarsi sull’autenticità del proprio rapporto con Gesù, la fede e l’esperienza religiosa che viviamo.

È suggestivo questo passaggio da qualcosa che è vecchio a qualcosa che rinasce. Noi rientriamo nel grembo dell’anno liturgico e del cammino della Chiesa, come essere umani che devono essere concepiti di nuovo e generati, e svezzati, e poi nutriti e cresciuti.

Lo faremo al seguito di un’altra storia di gravidanza e di nascita, di svezzamento e di crescita: quella dei racconti dell’infanzia di Gesù.

Non serve arrabattarsi con strani esercizi spirituali: concludere l’anno liturgico e lasciarsi accompagnare dal nuovo, insieme alla Chiesa, significa realizzare profeticamente la domanda di Nicodemo: rinascere quando si è vecchi e entrare di nuovo nel grembo generativo di una Madre.

Don Davide




Morirò da Re (Under 20 testo+ video)

Cosa c’entrano i Måneskin?!

Il significato di questa loro canzone è: “Se muoio accanto a te, morirò da re”, oppure: “Accanto a te io muoio da re”. È il culmine di una dichiarazione d’amore folle e grintosa allo stesso tempo.

La domenica di Cristo Re, con altre parole, celebra la stessa dichiarazione d’amore di Gesù ad ogni uomo e ad ogni donna: accanto a te, per amore, morirò da re, anche se vengo ucciso sulla croce come un criminale.

È singolare che un gruppo travolgente come i Måneskin esprima spontaneamente il senso di una cosa universale e verissima: morire per amore è un atto regale, che trasforma una croce in un trono.

È un amore che salva e che ci fa capire cosa significa essere salvati. È un’emozione che tutti e tutte riconosciamo immediatamente, come dice Rose nella battuta finale di Titanic.

La canzone dei Måneskin, ovviamente, la sapete a memoria meglio di me. La scena di Titanic, se non l’avete vista o non ve la ricordate, la trovate QUI.

Ah, quasi dimenticavo, qualcuno mi deve l’iscrizione al canale Instagram della Parrocchia… 😉