Si avvicina la fine dell’anno liturgico e, dopo il lungo itinerario di un anno alla sequela del Maestro, il Vangelo di Marco ricapitola il senso di quanto detto dalle prime parole di Gesù stesso: “Il regno di Dio è vicino” (Mc 1,14).
Gesù è venuto per dirci questo: Dio è vicino; il suo amore per noi è vicino.
E quindi noi possiamo allungare la mano per chiedergli aiuto e incontrare la sua, possiamo dilatare il cuore e sentire il suo amore, possiamo rivolgergli un pensiero e trovarlo lì accanto a noi.
Nelle letture di oggi, ci sono due donne che testimoniano questa vicinanza di Dio: la prima con sorpresa, la seconda con assoluta consapevolezza.
Non c’è troppa distanza tra la vedova di Sarepta, che non apparteneva nemmeno al popolo di Israele, e Elia, il più grande di tutti i profeti. Non c’è troppa distanza tra la povera vedova del Vangelo e Dio, nel suo Tempio.
Immaginatevi le scene: due povere donne, socialmente escluse, una al cospetto dell’uomo del momento, in grado di chiamare la siccità e sfidare il re; l’altra nella maestà del Tempio, accanto a ricchi e sapienti.
Gesù posa lo sguardo proprio su quest’ultima, e ne fa “un episodio” del Vangelo.
Dio è nelle cose più piccole. Nessuno è così povero da non potere fare l’offerta più grande di tutte davanti a Dio, ossia la propria autenticità. Bastiamo noi stessi, noi con la nostra vita. Che in realtà non è poco, anzi richiede un sacrificio grande e la disponibilità a un’offerta che vale più di tutti i soldi del mondo, perché è la nostra vita.
Ma è la nostra vita, appunto, che conta davanti a Dio: il gesto di una mano tesa, il nostro cuore proteso a lui, il nostro pensiero rivolto a Dio.
Nella corsa per il regno nessuno è avvantaggiato se non chi sa dilatare di più il cuore.
Sono giorni, questi della fine dell’anno liturgico, che nella ricapitolazione di tutte le cose e nel discernimento sapiente che ci chiede di avere, ci spingono a valorizzare tutte quelle azioni, scelte, gesti che ci fanno sentire Dio un po’ più vicino.
Don Davide